litigio

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Mi sveglio al mattino e mi ritrovo tra le braccia di mio fratello, mi giro e lo guardo. Ha gli occhi chiusi e la faccia assonnata. Probabilmente è stato tutta la notte sveglio per accertarsi che io dormissi e avessi sogni tranquilli...
Ho ancora quella voce che mi rimbomba per la testa ma faccio finta di non sentirla e mi passo la mano fra i capelli.
Ora cosa faccio? Non voglio svegliare Mattia ma ho bisogno di aria fresca. Guardo l'ora e sono le sette del mattino, il sole sta per sorgere. Alzo la mano di Mattia e lui non fa una piega. Lo copro con il lenzuolo e mi dirigo in cucina. Gli preparo una creps alla Nutella con un po' di succo d'arancia e gliela lascio sul comodino vicino al letto e ci poso un bigliettino sopra con su scritto "Grazie bianconiglio del mio cuore."
Mi metto dei leggins e una felpa, lego i capelli in una coda alta e mi lavo i denti. Prendo le chiavi e esco di casa; l'aria calda di agosto ha lasciato il posto alle mattine fredde dei primi di settembre, ho fatto bene a mettermi una felpa. Le prime luci del mattino lasciano nell'aria un non so che di calmante, come se per un attimo il mio corpo fosse in pace con se stesso, tiro un bel respiro come a liberarmi di ogni parte "marcia" di me. Mi siedo sull'erba del prato immenso davanti a casa mia e contemplo il paesaggio, chissà se Giulia o Noemi o altri avranno mai la pazienza di stare cui, di sicuro conoscendo o primi due casi si annoierebbero dopo due minuti e la magia sparirebbe. È bello come bisogna avere tanta pazienza per stare a guardare un paesaggio così naturale e come si deve avere un pizzico di fantasia per renderlo ancora più bello, tipo immaginando un coniglio che va verso un albero...
Quando ero più piccola mi piaceva immaginare di essere Alice nel paese delle meraviglie e immaginarmi come sarebbe stato incontrare il cappellaio Matto e tutti gli altri personaggi, ora la immaginerei solo più come una scappatoia, un luogo in cui rifugiarsi da questo rumore, da questo casino, da queste voci che non hanno un cenno di garbatezza e intelligenza.

"Alice?"
Perché sento di nuovo quella voce? Non sto più dormendo, sono in un posto in cui sto bene, perché?
Mi alzo e inizio a correre più che posso, corro fino a quando non ho più fiato e resistenza.
Rientro in casa e trovo mia mamma sveglia.
《Ciao Ali.》
Mia mamma, cristina, ha 45 anni, ma sembra più giovane; ha il viso rilassato e curato. Si sveglia ogni mattina presto per andare a lavorare, lavora in banca, è molto brava in quello che fa e le piace tantissimo.
Mentre mio padre, Giovanni, ha 50 anni e lavora in ufficio.
《Uuu, ci sei? 》, mi scrolla la mano davanti e io le accenno un sorriso.
Mi posa davanti agli occhi il pacco di cereali con il latte e io li guardo schifati.
《Ei che c'è? 》, si siede di fronte a me.
《Nulla.》
《Ali dimmi cosa c'è che non va, vai avanti così da un mesetto, esattamente da...》
A quelle parole mi innervosisco e senza nemmeno volerlo mi alzo sbattendo le mani sul tavolo.
《STA ZITTA.》
《Alice non fare così con tua madre, non puoi mancarmi di rispetto così, io non ho fatto niente. Ne abbiamo già parlato.》
《NON CHIEDERMI PIÙ COME STO, STO BENE.》
《Ho parlato con tuo padre ieri, abbiamo deciso di mandarti da uno psicologo, decisamente ti potrà aiutare.》
《VAFFANCULO.》
Butto la sedia per terra e vado in camera mia, mio fratello è ancora lì che dorme e non ho intenzione di svegliarlo, i guanti da box sono nel cassetto, ma farei troppo rumore nel tentativo di prenderli.
Corro in giardino cercando di sfogarmi, quando sono senza fiato mi fermo, il nervoso non mi è ancora passato e le lacrime mi rigano il viso, d' istinto mi giro  e tiro un pugno ma un brivido mi passa per tutto il corpo mentre mi guardo la mano: Le nocche mi si sono aperte  in due e il sangue inizia a colare, ho preso in pieno un albero che sta continuando a dondolare...
《MAMMAAAAAAAA.》
Mia madre si fionda in giardino seguita da mio padre che si deve essere svegliato da poco. Ho la testa contro l'albero e la mano che pende e fa colare un fiume di sangue sui fili d'erba.
《Mi sono fatta male.》dico alzando la mano.
《Oh cazzo Giovanni vai a prendere un pezzo di carta!》
Mio padre si fionda in casa e esce poco dopo correndo verso di me con un pezzo di stoffa  e me lo lega alla mano, io non faccio una piega ma dopo due minuti l'adrenalina comincia a svanire e un dolore fortissimo mi invade la mente. Pianto un urlo.
《Dobbiamo portarla all'ospedale.》
Mia madre prende le chiavi della macchina e mi carica sopra, mio papà si mette vicino a me e mi accarezza i capelli cercando di tranquillizzarmi.

Salvati da sola.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora