Sento una melodia lieve, viene nel mondo reale non in questo mondo dei sogni. Piano piano apro gli occhi e la canzone diventa sempre più chiara. Le parole di "BITE" di Troye Sivan riecheggiano nella stanza.
Mi alzo e mi stiracchio. Per un attimo non penso a nulla, il nulla più assoluto, poi però mi ricordo di ieri e il mio cervello torna nel suo stato normale. Mi guardo in torno per capire dove è finito lo scorbutico, non lo trovo ma in compenso al mio fianco trovo un vassoio; sopra c'è un piatto con una fetta biscottata con sopra marmellata e burro e del caffè. Cazzo che schifo, mi avevano detto che faceva vomitare il cibo della mensa ma non pensavo a sti livelli.
《Honey. Perché non mangi? 》 Mi giro e vedo Emanuele che esce dal bagno con lo spazzolino in bocca.
《Evito di toccare Sto schifo. 》
Sì avvicina a me e si allunga sul letto per afferrare la fetta biscottata, la guarda con aria disgustata e la butta nel cestino facendo il segno della croce con le dita...
Io mi chiedo seriamente se questo ragazzo abbia problemi mentali. Ma più ci penso e più mi rispondo che c'è un motivo se siamo qui...
《Honey. Ci è permesso fare il giro dell'ospedale.》
《Okay. 》
Cerco di alzarmi ma le gambe sembrano bloccate.
《Tutto bene?》
《N...no, non riesco ad alzarmi》
Mi prende per le mani e mi tira verso se e io mi ritrovo tra le sue braccia. Non so il motivo reale per il quale sto in quella posizione ma è come se le il peso dentro me si fosse alleggerito, come se ciò che è successo fosse solo un ricordo lontano, spiacevole.
Il mio naso attaccato al collo percepisce un profumo, tipo di vaniglia.
Avvolta nei miei pensieri mi accorgo di essere ancora così, le gambe riprendono vita e io lo spingo via.
《Dai andiamo...》
Mi fondo verso la porta e la spalanco e mi butto nel corridoio.
Sento una risata roca dietro di me e vedo due occhi verdi che mi fissano divertiti.
《Non dovrei dirtelo perché così mi farei ancora due risate, ma sei in pigiama.》
Mi sono completamente dimenticata di come sono conciata. Cammino cercando di mantenere un'espressione seria e appena raggiungo il bagno sbatto la porta.
Chiudo a chiave la porta perché non mi fido.
Alzo lo sguardo sullo specchio e appena incontro i miei occhi arretra e sbatto contro la doccia, si sono di nuovo trasformati nell'incubo: sono neri e delle gocce di sangue colano come lacrime, ho il sorriso stampato sul volto e sul collo ho una cicatrice a forma di una scritta, mi porgo per leggerla meglio: SUICIDE.
Sento bussare alla porta e tutto torna normale.
《Muovi il culo!》
Apro il lavandino e mi lavo la faccia, l'acqua gelata mi fa sussultare. Mi tolgo i pantaloni e la maglia e rimango solo in mutande, ma poi mi accorgo di aver dimenticato il cambio fuori.
《Emanuele ?》
《Eh》
《Mi fai un favore?》
Dentro di me mi sto dando della deficiente mille volte.
《Devo proprio?》
《Mi serve il cambio che ho sul letto.》
Sento il cigolio del letto e dei passi venire verso la porta.
《E io che ci guadagno?》
《Muoviti!》
Giro la chiave e apro la porta, tiro fuori il braccio ma l'unica cosa che sento è l'aria. Tiro fuori la testa e lo vedo con la sua maglietta legata sugli occhi . Ma che?
Mi tira per il braccio che era ancora a penzoloni e mi ritrovo a pochi centimetri da lui, le sue mani fredde mi tengono i fianchi e un brivido mi percorre tutta la schiena, mi ritrovo a due millimetri dal suo petto nudo e il suo odore che mi imprime per la seconda volta il naso.
Rimango li immobile immersa in questo momento. Poi si gira, afferra la mia roba e me la da. Io imbarazzata corro in bagno e sbatto di nuovo la porta. È da troppo che non provo emozioni del genere e tutto ciò mi fa paralizzare.Esco dal bagno con indosso dei pantaloni di una tuta e una maglietta qualsiasi e ho raccolto i capelli in una coda disordinata.
Emanuele è sul letto, si è rimesso la maglia e mi guarda.
《Andiamo.》
Non fa nessun cenno a ciò che è successo prima, apre la porta e subito una barella ci passa davanti, fortunatamente è vuota, ma entrambi rimaniamo con fiato sospeso.
《Odio Sto posto.》
《A chi lo dici.》
Mentre camminiamo vedo una foto con dei Babini sopra e una feccia che indica il reparto maternità. Senza dire una parola corro in quella direzione appena vedo la finestrona della stanza con dentro i neonati mi ci affaccio.

STAI LEGGENDO
Salvati da sola.
RomansaLa felicità nei suoi occhi era scomparsa, la ragazza china sul libro non era più Alice. Ora dal suo viso traspariva solo freddezza. Non è colpa sua, chi ha capito troppo non sa più cosa fare se non restare a guardare il vuoto.