pensaci

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La sua mano mi accarezza la pancia facendomi venire piccoli brividi, siamo restati in silenzio per una mezz'oretta il tutto, stranamente, senza imbarazzo.
《Sai non è la prima volta che ti vedo in giro...》
Il suo sguardo è perso nel nulla.
《Cioe?》
《Un giorno ti ho visto in biblioteca.》
《Cosa facevo?》
Vado molto spesso in biblioteca e quando sono in mezzo ai libri e l'odore di carta stampata tutto sparisce intorno a me e rimango solo io e il mio mondo immaginario.
《Avevi diversi volumi di Freud in mano...》
Ora ricordo quel giorno, ho letto il volume due che parlava dell' angoscia e delle paranoie solo per sfizio, per capire un po' cosa succede nella testa delle persone, compresa la mia.
《Io ero lì perché ho tagliato il pomeriggio a scuola e la biblioteca è un posto tranquillo.》
Le sue parole escono in mezzo a una risata.
《Tu eri immersa completamente in quelle pagine tanto da non accorgerti che sono rimasto a guardare ogni tuo singolo movimento. Ti sei alzata solo quando la bibliotecaria ha detto che doveva chiudere.》
Wow, non sapevo che qualcuno potesse trovare interessante una ragazzina che legge Sigmund Freud.
《Secondo Freud se una persona è angosciata e paranoica è colpa del sesso...》
Scoppiamo a ridere in modo isterico.
《Ti ho seguita.》
Spalanco gli occhi e lo guardo con fare interrogativo.
《Ti sei fermata sotto i portici di piazza Savona e sei stata lì fino a quando non hai incontrato un ragazzo.》
Il mio cuore si ferma a quel ricordo.

《Mi sei mancata.》
Anche tu mongolo.》
Lui mi prende la guancia e mi da un pizzicotto per infastidirmi ma io mi fiondo sopra di lui e lo abbraccio come se fosse aria per i miei polmoni.
《Come è andata in Spagna? 》
《Benissimo, non sai quanto è bella, dovremmo andarci assieme, sarebbe bellissimo.》
《Non vedo l'ora! 》

《Ale...》
《Cosa?》
《Niente parlavo tra me e me.》
La sua mano passa tra i miei capelli.
《Ti sta bene il grigio, ti fa sembrare una dea.》
Sorrido al pensiero mio come dea ma la suoneria di un cellulare interrompe i miei pensieri.
《È il tuo.》
Emanuele si alza e cerca il suo cellulare dalla tasca, in modo nervoso riesce a trovarlo e risponde.

-Che c'è?-

Una voce femminile risponde dall'altra parte del telefono.

-Non preoccuparti.-

-smettila Camilla.-

Camilla? Chi è? La sua ragazza?

-arrivo tu stai li.-

Posa il telefono e esce dalla stanza sbattendo la porta e lasciandomi con mille domande nella testa.
Ho paura di stare sola, in questi giorni ogni volta che mi hanno lasciata sola con i miei pensieri non è finita bene e ora non posso stare qui sportattutto dopo i ricordi che mi sono tornati in testa. Decido di andarmi a fare un giro in questa parte dell'ospedale per ambientarmi un po'. Il corridoio è illuminato da qualche luce attaccata alla parete e in fondo intravvededo una macchinetta per le bibite e le merendine e decido di andare a prendermi un caffè. Cammino lentamente per evitare di fare rumore e svegliare infastidire qualcuno, dato che in questa parte dell'ospedale vivono soprattutto medici.

Tiro fuori le monete dalla tasca ma non bastano, resto a fissare la figura sulla macchinetta di un caffè in tazza come quelli del bar e una risata mi esce pensando che questa roba che la macchinetta eroga non è per nulla come quello del bar.

《Ma io ...》
Sento una voce provenire da una porta dall'altra parte, mi incammino fino allo stipite e sbircio all'interno.

《Camilla non posso andare via.》
《Perché? Torna a casa con me, ne ho bisogno...》
《C'è chi ha più bisogno di te!》
《Parli di quella sfigata? 》
《Sentimi bene, va via e non farti più vedere hai rotto.》

La ragazza con le lacrime agli occhi gli si butta addosso e inizia a baciarlo ma lui la spinge via e con passo svelto viene verso di me, il panico mi assale e non sapendo cosa fare corro verso la stanza. Fortunatamente arrivo prima di lui e mi chiudo in camera mia.

《Alice?》
《Si?》
La mia voce esce con un tono troppo innocente.
《So che ci hai spiato...》
《No no sono andata a prendermi un caffè!》
La porta si spalanca e Emanuele infuriato mi guarda.
《S...scusa》
《Perché? 》
《Non lo so ho sentito delle voci non pensavo fossi tu!》
《Non permetterti più cazzo!》
Ingoio il magone che mi è rimasto in gola e smetto di respirare pensando che potrebbe distruggere qualcosa anche solo se muovessi l'aria.
《Io... Tu non dovevi ascoltare quella conversazione, non so cosa tu abbia sentito o visto.》
Mi chiedo perché stia facendo questa scenata, in fin dei conti stava parlando di cose sue, non mi riguardava ciò che ha detto.
Mi guarda ancora per un secondo e nei suoi occhi verdi vedo qualcosa, ma subito distoglie lo sguardo e esce dalla stanza lasciandomi così senza sapere cosa dire.

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