Entrai in aula con la voglia di far parlare i miei piccoli, per sapere che cosa rappresentasse per loro il Natale. Essendo metà novembre, per quello che avevo intenzione di fare serviva più di un mese. Ogni volta loro dovevano alzarsi e spiegarmi cos'era per loro il Natale, disegnare quello che rappresentava per loro e poi fare un album di tutto ciò che rappresentava per loro il Natale. E non quelle solite letterine, che poi non erano neanche loro a scrivere. La prima che feci parlare fu Claudia, lei era una bambina un po' vivace, con la battuta sempre pronta, quindi per lei era facile dire la sua! Ma non lo era affatto, quando spiegai cosa dovevano dirmi: "Dovete dirmi cos'è il Natale per voi, spiegare quello che provate, quando siete contenti e non per i regali che ricevete non voglio la letterina per Babbo Natale, voglio che mi raccontate come immaginate il vostro Natale", vidi Claudia davvero in difficoltà per la prima volta, e infatti la sua perplessità la espose poco dopo: "Maestra, il Natale cos'è per noi, senza dire i regali che desideriamo avere?", "Sì Claudia, dire cosa vorreste da questo Natale e poi dopo dovrete fare un disegno. Faremo così una volta a settimana, avrete in totale quattro disegni, ogni volta mi racconterete una cosa diversa, e ad i vostri genitori faremo vedere il vostro Natale!" Parlarono e tutti cercarono di immaginarsi il Natale migliore del mondo, Claudia parlò del fratellino che doveva nascere e sperava che poteva nascere proprio la notte di Natale come Gesù; Erika parlò della nonna che era volata in cielo, ma anche in quel Natale lei sarebbe stata con loro; Fernando mi raccontò del suo cagnolino che si era fatto male e che sperava che per Natale avrebbe potuto finalmente correre liberamente; Michele parlò del suo sogno di sedersi a tavola finalmente con entrambi i genitori, perché quando stavano insieme era troppo piccolo per poterselo ricordare; Fabrizio e Cristina, i due gemellini dissero entrambi che desideravano fare finalmente l'albero di Natale tutta la famiglia insieme; e gli altri continuarono a raccontare.
Uscii di lì soddisfatta, raccontai a Giulia ciò che avevo fatto e lei mi disse che non aveva dubbi della mia dote di saper far uscire fuori i loro problemi e renderli leggeri com'era giusto che fosse. Ma io odiavo sentirmi dire brava e Giulia lo sapeva bene, quindi cambiò rapidamente discorso spostandolo su quella sera dicendomi che avremmo avuto ospite a cena Tommaso.
Lui dopo tutto ciò che era successo era molto cambiato, veniva spesso a casa e qualche volta con lui anche Fabio e Gianluca. Fabio veniva anche solo però ovviamente avvisava prima Mattia per saperlo, solo due sere era rimasto a cena ma non riuscivo neanche a guardarlo negli occhi, ma per Mattia potevo fare questo sforzo. Quella notte lui rimase con noi fino alle 5, poi se ne andò e mi accarezzò la testa, Giulia mi disse (come avevo previsto) che lui la avvertì del mio attacco di panico e che nonostante fosse sempre il solito arrogante, aveva messo da parte l'orgoglio e spesso nelle telefonate chiedeva a Mattia come stessi io, anche se poi di persona non diceva nulla. L'unica cosa di cui mi accorsi in questi mesi e che loro non parlavano mai del passato di Fabio, c'era qualcosa che non tornava, ma evitai di chiedere, dopotutto eravamo due estranei che non riuscivano a stare neanche nella stessa stanza.
Appena finito di mangiare pulimmo casa ma poi sul divano caddi in un sonno profondo, mi svegliai di soprassalto e trovai Fabio fissarmi, mi misi subito a sedere: "Che ci fai tu qua?", "Tommaso ha avuto un imprevisto e dato che Giulia aveva già cucinato, io ero con Mattia e allora eccomi qua!" finì la sua risposta col suo solito sorriso da toglierglielo con uno schiaffo, ma continuai: "E perché mi fissi?" - "Perché stai occupando la nostra postazione per giocare alla Play", gli tirai il telecomando in testa e due cuscini, lo presi tutte e tre le volte e le grida si sentirono fino al Colosseo.
Cominciò a correre per prendermi per tutta la casa, ma la botta in testa non glielo permise, perché o si teneva il ghiaccio o doveva seguirmi, uscii quando lui giocava alla Play ma non considerai il fatto che poteva mettere in pausa, mi caricò su una spalla e mi buttò nella doccia dove aprì l'acqua fredda, congelata. Lo tirai dentro, ridemmo come due scemi, ma lui cominciò ad aggredirmi appena usciti dalla doccia: "Tu sei una ragazza violenta, pomeriggio non ti avevo detto nulla di così offensivo, soffri di qualche disturbo!", quando mi disse così mi venne da piangere, corsi in stanza e mi chiusi dentro, un nuovo attacco di panico prese il sopravvento, urlavo, senza riuscire a controllarmi. Mattia ruppe la porta e Giulia cercò di calmarmi, ma da quel momento in poi non ricordai più nulla.
FABIO
La guardai dal ciglio della porta, non sapendo proprio cosa dire o fare, ma di una cosa ero sicuro questa ragazza mi stava facendo diventare matto. Giulia per la prima volta non la vidi versare una lacrima, la vidi forte per il bene, anzi per l'amore che la legava a quella che ad oggi era come una sorella, così mi disse la sera in cui le raccontai del modo in cui trovai Manuela. Da quella sera Mattia mi raccontava che lei cercava di informarsi tramite uno psicologo, di ciò che avrebbe dovuto fare dinanzi un attacco di panico della sua migliore amica, e soprattutto cercò di non farle pesare nulla. Se Manuela non voleva uscire Giulia non insisteva, rimaneva con lei e di conseguenza Mattia faceva lo stesso, perché una cosa l'avevo capita: per entrambi quella ragazza contava davvero molto. E grazie a lei avevo cominciato a vedere Giulia da un'altra prospettiva. Per me era assurdo dire che Giulia era un'amica, ma era la persona più vicina che avevo a questa definizione in tutta la mia vita. Ho sempre avuto Mattia, Gianluca e Tommaso su cui contare, con cui confidarmi, e nonostante con lei era una continua lotta, e per un periodo non riuscivo neanche a sopportare la sua presenza perché comunque la gelosia per essere stato trascurato per un periodo dal mio migliore amico, mi fece perdere il senno, aveva ragione Manuela! Mi costava ammetterlo, ma quella ragazza aveva reso tutti migliori, anche me senza far nulla, perché era palese il fatto che non avevamo nulla in comune se non questi due zucconi.Vederla in quelle condizioni per colpa mia, o meglio per colpa delle mie parole, e della mia lingua che non sapevo mai controllare, mi fece sentire male. Mi sentii un peso sulla bocca dello stomaco, non si calmava, la situazione stava degenerando e mi bastò uno sguardo di Mattia per capire che dovevo chiamare l'ambulanza. Mattia capì che Manuela era svenuta, e mentre Giulia cominciò a dare i primi segni di cedimento le disse di vestirla che l'ambulanza sarebbe arrivata di lì a poco, ma Giulia era impassibile, Mattia si avvicinò e le disse: "Manuela ha bisogno di aiuto, ti prometto che non la lasceremo neanche un secondo, qui siamo la sua famiglia, io e te, ma per salvarla dobbiamo portarla in ospedale, aiutami a vestirla ok?" Mi accorsi che mi scese una lacrima, ed erano esattamente 6 anni che non piangevo, da quando la mia vita subì un duro colpo, la perdita di mia madre. Ma vedendo l'amore con cui Mattia provò a spiegarle a Giulia, ormai sotto shock, la situazione drastica in cui ormai viveva Manuela mi smosse qualcosa dentro, che neanche io riuscii a spiegarmi.
L'ambulanza arrivò 10 minuti esatti dopo la chiamata, giusto il tempo di vestire Manuela, Giulia andò con lei sull'ambulanza, e noi due prendemmo la mia macchina. Una domanda di Mattia mi destabilizzò: "Non piangi da quando lei non c'è più, perché stasera?"- la cosa che mi stupì non fu la domanda in sé ma il momento, in quella situazione lui stava pensando a me, al posto magari di pensare a Giulia, ma prima che io gli chiedessi questo lui aggiunse - "Non pensare alla situazione, Giulia è forte, io sono solo preoccupato per te, cioè neanche preoccupato, piuttosto curioso del perché quelle due lacrime erano lì, e tu non te ne sei neanche reso conto!" -mi trovai per la prima volta in difficoltà, perché quelle lacrime? Perché stasera? Perché? - "Per l'amore che hai usato mentre parlavi con Giulia, tu stasera hai salvato entrambe, in un modo o in un altro. E se Giulia è la donna meravigliosa che è, certamente questo non dovrai mai dirglielo, è anche per merito tuo. Le lacrime erano lì perché mi son sentito in colpa, perché anche io vorrei una donna che dipenda da me, nel senso buono del termine, qualcuno che si fidi di me." - "Io mi fido di te! Tu sei unico, solamente che se non lo capirai mai tu non possiamo fare nulla noi! Tu stasera sei qui, potevi tranquillamente andartene, tu sei qui per noi! E anche l'altra sera, tu hai trovato Manuela, ed il Fabio che conosco io da 25 anni non avrebbe mai fatto nulla di tutto ciò, soprattutto per come lei ti aveva affrontato, ma lo hai fatto per noi! Lo hai fatto perché hai visto Giulia disperata e me in uno stato di ansia tale da non riuscire a parlare! Quindi io mi fido, e io ti ringrazio per la persona che sei!". Quelle parole furono come uno spiraglio di luce dopo una giornata di pioggia, e in quel caso, per la terza volta in quella sera, una lacrima solitaria scese sul viso, che sbrigai ovviamente a togliere, dopotutto non potevo passare ad avere una reputazione di stronzo a quella di piagnucolone.
Arrivammo in ospedale, e trovammo Giulia seduta in corridoio, con le mani tra i capelli, conoscendola un po' si stava dando sicuramente tutte le colpe, ma in parte forse erano le mie e dovevo prepararmi alla prossima sfuriata della bionda. Infatti, non tardò ad arrivare, appena ci vide entrare corse da Mattia e si fece coccolare un po', poi si girò verso di me e mi chiese di andarmene, io guardai Mattia che stava per ribattere ma gli feci cenno di no, io lì non centravo nulla, dopotutto Manuela per me era un estranea e come tale dovevo comportarmi.
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RICOMINCIO DA ME!
RomansaManuela lascia la sua città, per abbandonare tutto ciò che le fa più male. Ma il passato torna a bussare alla sua porta, insistentemente. Lei sarà così forte da lasciarlo fuori, e non farsi scalfire da nulla? Sarà così forte da ricominciare?