Priorities

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Ancora con la bottiglia in mano cercai di arrivare a casa Dallas sano e salvo, dovevo dire a Brooke che lui non le avrebbe più dato fastidio, in quel momento era la mia priorità.

Provai a pulirmi di nuovo il sangue dalla faccia ma non sembrava voler smettere di uscire.

Appena arrivati davanti alla porta la colpii invece di bussare, ero così ubriaco e tutto intorno a me girava.

Nessuno rispose quindi provai di nuovo. Non avevo altra scelta, non sarei mai riuscito a tornare a casa mia in quello stato.

Vidi la luce del salone accendersi e sperai con tutto il cuore che non fosse Dan o Lizbeth o avrei davvero dovuto spiegar loro un paio di cose.

Finalmente mi aprì lei, così bella in un felpone. Aveva un livido giallognolo sulla guancia, il labbro spaccato e il solito orrendo taglio sul collo. Le sue gambe scoperte mi fecero capire che non stava mangiando più, ma sembrava così preoccupata e io ero così ubriaco... non avevo voglia di sgridarla.

"Gli ho fatto il culo" le sorrisi e vidi che la mia voce e il modo in cui biascicavo le parole non la stavano aiutando perché tremò agitata posando qualcosa sulla mensola accanto a lei e mettendosi una mano sulla bocca. 

"Che cosa ti è successo?"

"L'inglese è fuori gioco" Dissi e, al contrario di quello che mi aspettavo, non fece i salti di gioia. Mi afferrò e cercò di portarmi al piano di sopra ma finii per condurla io perché le veniva difficile anche salire le scale.

Non stava bene e non sarebbe stata meglio ora che le avevo detto di aver picchiato l'inglese. Sarebbe stata meglio se io fossi stato con lei più tempo, ero un tale idiota a non averlo capito.

Mi portò in bagno e chiuse la porta a chiave.

"Spogliati" mi ordinò e io lo feci. Volevo fare l'amore con lei ma sapevo che in quel momento non voleva essere toccata nemmeno lontanamente, non avrebbe tollerato nemmeno un bacio e io non mi sarei mosso se non con il suo consenso.

Il linguaggio del sul corpo era nettamente differente da quello della settimana prima.
Era ferita e questa volta non sapevo proprio come fare per aiutarla.

Mi fece sedere nella vasca e accese l'acqua lavandomi e cercando di togliermi di dosso i residui di sangue.

Ero sollevato dal fatto che non mi avesse chiesto qualcosa riguardo alle condizioni di Valentin, solitamente l'avrebbe fatto perché era così buona e io non la meritavo.

Pensai e pensai a quanto ero stato stupido, le avevo detto tutto quello che aveva sempre avuto paura di sentirsi dire, le avevo detto che aveva perso l'unica occasione che aveva mai avuto con me.

E io dannato, sciocco e inconsapevole non avrei mai ammesso che era lei la mia occasione.

Ancora una volta cercai di mettermi nei suoi panni e pensai che se lei mai, in quel momento, mi avesse confessato di non amarmi più probabilmente ne sarei morto. Probabilmente sarei impazzito.

Eppure eccola qui che curava le mie ferite con un'aria calma e in qualche modo rassicurante, lasciando tra di noi un sottile silenzio che avrebbe superato quando avrebbe avuto qualcosa da dire, attenta ad ogni singola parola che pronunciava e io invece così impacciato ed impulsivo incolpavo Valentin quando era tutta colpa mia.

Forse non avrebbe dovuto curare le mie ferite ma fare in modo che me ne venissero procurate altre. Non avrei potuto biasimarla.

Dopo qualche minuto chiuse l'acqua e mi porse l'accappatoio. Mi sedetti e lei cominciò a tamponarmi i capelli, era così dolce nei miei confronti e avrei voluto abbracciarla e dirle che tutto sarebbe andato bene.

Ma non era quella la verità del maledetto mondo di Shawn. Non sarebbe tutto guarito in un batter d'occhio e le cose tra me e lei non sarebbero andate come lei voleva che andassero, semplicemente perché aveva una così grande considerazione di me da non capire che l'avrei solo delusa e delusa.

"Posso sapere cosa ti è successo?" Ruppe il silenzio.

"Ho fatto a botte con Valentin" cercai di scrutare la sua espressione per capire come avrebbe reagito alla notizia.

"Cosa scusa?"

"Hai capito, non è fottutamente giusto quello che ti ha fatto. Tu eri già insicura di tuo e ora lui ha fatto questo e tu non ti aprirai più con nessuno e tutto il mio lavoro andrà a farsi fottere, no non è giusto" mi sfogai, era stato orribile tenersi quelle cose dentro per così tanto tempo. Non ero bravo con le parole ma cercai di farle capire che ci tenevo a lei e che vederla in quel modo mi stava uccidendo.

"Grazie mille Shawn." Disse inaspettatamente, mi aspettavo che mi sgridasse, che mi dicesse che la violenza non era la soluzione e che non si può spegnere il fuoco con il fuoco. Mi aspettavo che mi chiedesse urlando che cosa pensavo di aver risolto.

Invece lei si chinò e mi baciò teneramente sul naso, facendomi pregare per qualcosa di più. Poi uscì e io la seguii. Aprì davanti a me la porta di camera sua e io mi sentii rinato, avevo così tanto bisogno di dormire accanto a lei, di sentire la sua pelle e il suo profumo, di stringerla.

"Puoi dormire qui, chiamami se hai bisogno."Invece disse e titubante se ne andò. Avrei dovuto aspettarmelo, non era ancora pronta, un passo alla volta. In più, parlandoci chiaramente, non mi meritavo un briciolo della sua attenzione.

Perché avrebbe dovuto passare un altro secondo della sua vita con me? Avevo preso la sua verginità e poi le avevo detto di non amarla lasciandola vagare da sola per la notte.

Sapevo che il resto non era colpa mia ma avevo già fatto abbastanza.

"Brooklyn, aspetta. Resta." Dissi in ogni caso cercando di trattenerla. Lo sguardo che fece poco dopo mi mandò fuori di testa, era ferita, furiosa, come se tutto ciò a cui avesse pensato dal primo momento in cui avevo messo piede dentro casa sua fossero quelle  parole disgustose che avevo pronunciato quella notte. Quelle parole che odiavo con tutto me stesso.

"No, Shawn, buonanotte." Disse poi con un tono serio e cattivo tornando lentamente, muovendo le sue gambe magre, al piano di sotto.

Good. [Shawn Mendes]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora