Sweet Dreams

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Quella notte non dormii tranquillo, come se il mondo reale e quello dei sogni mi stessero giocando brutti scherzi e non riuscivo a capire se effettivamente quello che io e Brooklyn avevamo fatto fosse successo veramente.

A tratti sognai di non averla più vicina, sognai che era scappata, che era tornata in Inghilterra.

A tratti immaginai che mi rinfacciasse tutto e che mi urlasse contro che fare sesso non fosse stata una sua decisione ma una mia imposizione.

La classica 'notte tranquilla' dopo il rapporto sessuale per me era solo un'utopia.

Quasi non impazzii ma tutto mi sembrò finalmente calmo quando mi svegliai alle sette e accanto a me c'era lei, con i lineamenti candidi e le labbra socchiuse.

Dormiva tranquilla e non riuscii ad immaginarmela con la passione che l'aveva travolta la sera prima. L'avevo spogliata, oltre che materialmente, di ogni sua corazza e finalmente era nuda davanti a me.

Tranquillo che lei stesse bene e che tutto fosse andato nell'esatto modo in cui desideravo che andasse mi addormentai di nuovo sicuro che niente potesse turbarmi.

Mi svegliò una manciata di ore dopo la suoneria del mio telefono, sussultai e lo afferrai velocemente rispondendo.

"Gravel" mormorai con una voce da sonno.
"Shawn! Shawn Mendes, ben svegliato. Sai ti chiamavo per un altro piccolo avviso: hai una cazzo di missione da svolgere e ti devi sbrigare prima che i miei uomini non decidano di tagliarti le gambe."

Aspettai qualche secondo per rispondere, non potevo andare incontro ad una missione quello stesso giorno o Brooklyn avrebbe pensato che dopo esserle entrato nei pantaloni non avevo più interesse per lei, volevo starle vicino, glielo dovevo.

"Il tuo stupido avviso può baciarmi il culo, Gravel, ho cose più importanti da fare che stare dietro a te."

"Abbiamo un patto, non ho tempo da perdere con uno che gioca a fare il bambino innamorato. Non ci metterai nella merda questa volta, molla tutto e torna sul pianeta terra, ragazzina." Concluse e attaccò.

Ogni volta che scambiavo più di due parole con quell'uomo sentivo il sangue ribollirmi nelle vene e il fumo uscirmi dalle orecchie.

Riusciva a trovare il modo di rovinare anche la migliore delle giornate.

Nervoso mi alzai cercando Brooke, conosciuta anche come l'unica persona sul pianeta terra in grado di calmarmi pronunciando poco più di due parole.

"Shawn" mi chiamò Cameron appena scesi le scale.

"Hey" tagliai corto.

"Tutto bene amico?"

"Si" mi guardai intorno confuso. "Sto bene, perché?" Scosse la testa e alzò le spalle.

Sembrava quasi come se avessi scritto "mi sono scopato tua sorella" in fronte.

Lace mi fissava con il suo guardo indagatore quasi come avesse voluto prevedere ogni mia mossa.

"Ragazzi. Va tutto bene, sto bene, Brooklyn sta bene. Siamo due adulti responsabili che sanno quello che stanno facendo. E lo so che avete visto un sacco di ragazze stare male per colpa mia ma con Brooke è diverso." Mi fermai.

"Sapete cosa intendo."

Erano così preoccupati per lei, non avrei potuto biasimarli ma non aveva vomitato da quando era arrivata in Canada, era così tranquilla e io cercavo di tenerla il più impegnata e il più distratta possibile per farla svagare.

Non avrebbero potuto lasciarla in mani migliori. Si, era successo che qualcuno l'avesse drogata una o due volte ma tutto poi era andato per il meglio. Quasi.

"Okay, Shawn, senti.. voglio solo che lei si senta a casa e che non le venga in mente nemmeno per un secondo un solo motivo per tornare indietro. " confessò Cameron onestamente.

"Ti capisco. Nemmeno io desidero altro." Finii e andai in cucina dove sentivo dei mormorii simili alla sua voce. Non avrei voluto restare un attimo in più in quella stanza con quella tensione indistruttibile.

Quando entrai vidi Brooklyn con dei pantaloni a vita alta e un top smanicato sopra, stava parlando al telefono e pareva qualcosa di serio ed importante.

La voce dall'altra parte sembrava maschile, non riuscivo a dire se fosse familiare o no ma definitivamente non era né quella di Dan, né quella di suo padre.

Avrebbe potuto essere Valentin, non le avevo chiesto nulla su di lui, era probabile che stessero ancora insieme.

"È troppo vicino." Disse imbarazzata. Si morse il labbro dubbiosa e io mi trattenni dal precipitarmi per andare a baciarla. Dopo la nottata precedente avevo un così urgente bisogno di contatto fisico. Tuttavia non mi mossi perché ero troppo curioso di sapere quale direzione avrebbe preso la sua conversazione telefonica.

"Cosa? No, è troppo." Aggiunse agitata. Cercò di parlare di nuovo ma la conversazione finì improvvisamente e lei guardò per qualche secondo il cellulare con un'aria adorante e un sorriso gentile.

Entrai finalmente nella stanza poggiandomi con la schiena al muro e mettendomi con le braccia conserte.

"Brooklyn?" La chiamai e lei si girò mostrandomi il suo viso candido che prima era rimasto leggermente in penombra. I lunghi capelli dorati lo incorniciavano come se fosse la più bella tra le opere d'arte.

"Hey, ciao" mi salutò con la mano quasi impacciatamente.

Come dovevo comportarmi?

"Chi era?" Domandai innanzitutto.

"Erm.. Nash. Stavamo parlando di una cosa nostra, niente di importante"

Una cosa vostra? Tu e Nash? Sentii quasi il fumo andarmi alla testa ma pensando razionalmente capii che non c'era niente di cui preoccuparsi.

Io e lei avevamo quella strana connessione e Nash non l'avrebbe toccata con un dito a differenza di qualcun altro in quella casa.

Sospirai e lei sembrò rilassarsi.

"Okay" dissi e quando sorrise soddisfatta quasi mi sciolsi.

Voglio fare l'amore con te, Brooklyn, altre mille e mille volte.

"Come stai..lì?" Chiesi cercando di essere discreto.

"Umh..bene penso"

Afferrai la sua vita e spinsi il suo corpo contro il mio. Ero eccitato, avrei voluto portarla in camera in quello stesso momento e lei se ne accorse perché la vidi fare quello sguardo che faceva quando voleva ricomporsi.

"Ottimo, perché non vedo l'ora di scoparti così forte da farti urlare il mio nome mille volte. "

La sentii fremere ma comunque non disse nulla mentre sotterrava il viso nell'incavo del mio collo.

Nonostante lei pensasse il contrario, ogni sua reazione era evidente ai miei occhi e sapevo esattamente come si stesse sentendo nei miei confronti in quel momento.

E avrei soddisfatto i suoi desideri più nascosti, ma non in quel momento.

Ogni cosa al suo tempo.

Good. [Shawn Mendes]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora