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Finché due forti braccia mi avvolgono, e un familiare profumo mi inonda.
Si siede in parte a me, e mi stringe a se, facendomi posare la testa sul suo petto.
Nascondo la faccia contro il suo petto, inondandogli la maglia di lacrime, eppure non si scompone di un millimetro.
Perché è venuto qui? Come è entrato, perché tutto questo?
Ci sono così tante domande che mi inondano la mente, eppure non ho le risposte.
Alla fine stremata, chiudo gli occhi, e mi addormento tra le sue braccia.
Mi sveglio, ma non sono più a casa mia, alzo la testa dal cuscino e mi guardo in torno.
Poi realizzo di essere a casa di Pietro. Ma come ci sono arrivata qui? Chi mi ci ha portata?
Ho gli occhi gonfi, e la gola secca. Mi alzo e iniziò a scendere le scale.
Dalla cucina sento delle voci, perciò mi accosto alla porta, ma prima di entrare sento il mio nome e mi blocco.
Pietro:" cosa intendi dire?"
Giuse:" che era troppo presto"
Lore:" non potevamo fare nulla lo sai"
Giuse:" balle, dovevamo starle più vicini, invece non abbiamo fatto nulla, quando si è allontanata. Cristo siamo sui amici, e non abbiamo fatto nulla"
Pietro:" è colpa mia, me ne sono andato come un codardo, invece che restare"
Lore:" non è stata colpa tua lo sai. Stefano, è colpa sua"
Giuse:" si, però non siamo qui, per fare gli avvocati. Dovremmo parlare seriamente di quelle che è successo"
Pietro:" si hai ragione"
Giuse:" se non fossi arrivato, chissà cosa avrebbe potuto fare"
Lore:" per fortuna sei arrivato in tempo"
Pietro:" ma cosa ci facevi lì, perché sei andato da lei?"
Giuse:" volevo parlarle, chiarire questa cosa, dirgli che siamo suoi amici, capire perché si è allontanata"
Pietro:" lo sai perché si è allontanata"
Lore:" se non fosse per Stefano, sarebbe ancora con noi, e non sarebbe stata male"
Giuse:" un giorno avrebbe dovuto affrontare la verità lo sai, però non mi aspettavo di trovarla in un pieno attacco di panico"
Pietro:" come facevi a sapere che era in casa?"
Giuse:" singhiozzava così forte, che era impossibile non sentirla. Ho capito subito che non stava bene, e così mi sono precipitato dentro"
Lore:" dobbiamo fare qualcosa, non possiamo continuare ad ignorare il problema"
Pietro:" è cosa vorresti fare sentiamo. Chiamare un medico, per farla finire in un manicomio. Mai, scordatelo!"
Lore:" non c'è altra scelta"
Pietro:" no qualcosa c'è... Ci deve essere. N... Non puoi, tu. No"
Giuse:" lo sai anche tu Pietro, è la cosa migliore per lei"

Ne ho avuto abbastanza, entrò nella stanza, interrompendoli.
Io:" non chiamerete proprio nessuno. Io non ho bisogno d'aiuto sto bene, non voglio nessun aiuto"
Giuse:" Fra ti prego ragiona, eri in pieno attacco di panico. Se non fossi arrivato io, chissà cosa avresti fatto"
Io:" non ti riguarda, non riguarda nessuno di voi"

Sono ferita è arrabbiata, ma chi si credono di essere.
Esco velocemente dalla cucina, per poi dirigermi alla porta principale.
Mi sento chiamare, ma non ho alcuna intenzione di fermarmi. Iniziò a correre appena fuori, corro fino a casa. Quella che una volta chiamavo casa, ma che adesso, mi ricorda solo, che non c'è più nessuno. Entro sbattendo la porta, corro su per le scale fino alla mia camera. Mi sento in trappola, loro credono di sapere cos'è meglio per me. Tutti pensano di sapere cos'è meglio per me, pensano  di potermi aiutare. Pensano di capirmi, non capiscono un cazzo, e non capiranno mai. Iniziò ad urlare, mi infilò le mai nei capelli. Piango, perché cazzo sta succedendo tutto questo a me. Perché a me? Cos'ho di sbagliato?
Prendo una vecchia lama, nascosta nel comodino. Iniziò a passarla in modo rabbioso sui polsi, sulle gambe. Ovunque ci sia spazio, non c'è la faccio più, mi sento in gabbia.
Non mi accorgo neanche del sangue che cola, finché la stanza non inizia a girare.
Abbasso lo sguardo, e capisco perché. Sto perdendo troppo sangue, nella rabbia del momento, ho affondato troppo con la lama. Cazzo, iniziò a sentirmi male, sono diversi minuti che perdo sangue senza accorgermene. Iniziò a stare sempre più male, mi portò una mano alla testa. So cosa devo fare, ma non voglio farlo. Il telefono è al piano di sotto. Esco dalla mia camera, appoggiandomi al muro bianco e sporcandolo. Mi gira la testa, porca puttana. Cerco di fare le scale, ma a metà perdo l'equilibrio e cado. Arrivo giù e non sento nulla, sono stordita e confusa, un dolore alla gamba, mi fa riprendere un attimo. Provo ad alzarmi, ma non c'è la faccio, e ricado rovinosamente per terra. Mi trascino fino al salotto. Sembra un impresa arrivare al divano. Il telefono inizia a squillare, ma non ci arrivo. Alla fine mi arrendo, perché continuare a lottare, per cosa? Per soffrire ancora e ancora,ho già perso tutto e tutti. Così faccio la cosa più egoista di tutti, dopo aver lottato per arrivare fin qui, mi arrendo. Lascio che il mio corpo smetta di trascinarsi, che il pavimento mi accolga, e che il sangue scorra. Non ho più la forza di andare avanti, non stavolta. Con le lacrime agli occhi, mi lascio andare.
Chiudo gli occhi, e vedo mia mamma, mio papà, mia nonna, e il mio fratellino. Stanno tutti piangendo. Perché piangono? Finalmente tornerò da loro, saremo di nuovo una famiglia. Il mio fratellino mi si avvicina, per poi inginocchiarsi accanto a me, mi mette una mano sulla guancia. E per la prima volta, e come se la percepissi davvero.
Io:"ciao"
Dico in un sussurro, con le lacrime che scendono, è un sorriso sulle labbra.
Michele:" non smettere. Non mollare"
Io:" non dirlo, finalmente sarò con voi"
I loro volti, non era sono felici, non vedono l'ora di avermi con loro. Stanno piangendo tutti, mia mamma stretta a mio padre, con le lacrime che gli colano sul viso. Non è invecchiata di un giorno.
Io:" mamma non piangere, finalmente sarò contenta"
Ora, è tutto troppo sfocato, non vedo più nulla, non sento più nulla. Alcuni rumori confusi in sottofondo, una sirena, tante urla. È troppo tardi, finalmente sono dove voglio essere, aspettami mamma sto arrivando.

Salvami da me stessaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora