È da quando è tornata dal supermercato che mia madre si trova in cucina a preparare il cibo per pranzo e per il cenone di questa sera, non ha nemmeno accettato il mio aiuto o quello di Calum; quella donna è incredibile certe volte.
«Se devo essere sincero, mi sento in colpa a stare qui sapendo che Marlene è di là a sgobbare tutta sola.» sbuffa Calum mettendosi meglio sul divano di pelle nera che si trova in salotto.
«Anche io.» ammetto mordicchiandomi il labbro inferiore con nervosismo.
«Guardiamo la televisione?» mi chiede spostandosi un po' per far sedere anche me sul divano.
All'idea faccio una smorfia e scuoto la testa. «Non mi va affatto.» rispondo accomodandomi al suo fianco.
Il moro ne approfitta per intrecciare le sue dita alle mie.
«Sei ghiacciata...» mi fa notare a voce bassissima. «Vuoi, uhm, parlare?» aggiunge poi.
«Di cosa?»
«Non ne ho idea, per esempio di Rose... Mi hai detto che sta avendo più problemi del solito.»
«Oh, giusto...» sospiro. «Beh, forse non dovrei parlartene- ma che dico, sei il mio ragazzo, posso dirti tutto.» parlo più a me stessa che a lui.
Calum ridacchia e avvolge un braccio attorno alle mie spalle. «Puoi stare tranquilla, non ho intenzione di andare in giro a dire le cose di Rose a tutti.»
Volto lo sguardo per la stanza ed il mio sorriso svanisce lasciando spazio ad un'espressione di tristezza.
Mi alzo dal divano e comincio a girare per il salotto, senza un motivo preciso, mi avvicino all'enorme libreria sul muro.
Sento le orecchie fischiare e le gambe tremare, poi, allungo la mano verso uno dei ripiani di legno di ciliegio e prendo una fotografia che non avevo mai visto prima d'ora.
Seguo il contorno del viso dell'uomo ritratto nell'immagine con l'indice sinistro, a quel punto una lacrima scende percorrendo la mia guancia morbida.«Edythe?»
Non faccio neppure caso alla voce di Calum che mi chiama. È come se tutti i suoni fossero ovattati e potessi sentire solamente il rumore assordante dei miei pensieri.
«No.» sussurro.
Ritorno alla realtà non appena le mani forti e abbronzate del moro mi scuotono con forza.
«Cal...» singhiozzo.
Lui non risponde, mi prende fra le sue braccia per non farmi cadere, impedendomi così di cedere al dolore che sta per sovrastarmi.
«È mio padre.» affermo piano e a voce molto bassa.
Calum lascia andare un sospiro comprensivo e comincia a poggiare piccoli baci fra i miei capelli per calmarmi.
«Non capisco perchè mamma abbia deciso di tirarla fuori.» ammetto sentendomi totalmente a pezzi.E tutto per una semplice fotografia.
«Guardami.» il tono autoritario di Calum ed i suoi palmi che accarezzano il mio viso mi costringono ad alzare gli occhi verso di lui. «Prendi un bel respiro.» asserisce. «Va tutto bene Edythe, sono qui con te piccola.»
Dopo quella frase, mi ritrovo in lacrime per davvero.
«Cosa ho fatto per meritarmi te...» chiedo retoricamente.
Il mio fidanzato ride e scuote la testa. «Cosa ho fatto io per meritare te, caso mai.» sorride.
Io prendo un bel respiro e mi allontano un da lui per rimettere la foto incorniciata al suo posto.
«Perchè mamma l'ha messa lì?» ripeto fra me e me dando le spalle a Calum.
«Edythe-» Il moro sta per parlare ma viene interrotto dai passi di mia madre che sento sempre più vicini finché non ritrovo la donna al mio fianco.
«Tesoro...» sussurra. «Possiamo parlare?»
Annuisco e faccio cenno a Calum di lasciarci sole e, appena lui sparisce al piano di sopra, volto lo sguardo verso di lei.
«Perchè c'è la foto di papà?» domando cercando di mantenere la calma.
Non posso lasciarmi travolgere dalle emozioni di fronte a lei. Non sarebbe giusto nei suoi confronti.
È l'ultima persona che vorrei mi vedesse nel peggiore dei miei stati.«Sono stata da uno psicologo questa estate, sai?»
Spalanco gli occhi alla sua affermazione. «Davvero?? Non ne sapevo niente...»
«Già.» annuisce mia madre. «Il dottore ha detto che forse mi sarei sentita più al sicuro con delle foto di tuo padre per casa. Con alcuni pazienti funziona questa dolorosa terapia. Così ho messo la prima foto che ho trovato.»
Afferra molto lentamente la fotografia dallo scaffale con un piccolo sorriso. «Era bellissimo.» sussurra piano.
Abbasso lo sguardo sentendomi quasi di troppo in quel momento così intimo per la donna che mi ha messa al mondo.
«È stato lui a scegliere il tuo nome.» dice dopo qualche secondo di silenzio. Io alzo il capo velocemente e la guardo con curiosità.
«Parlamene.»
Mia madre sorride appena prima di aprir bocca. «Beh, io ho sempre preferito i nomi più classici come Emma, Grace o Emily. Tuo padre invece amava i nomi unici e particolari... Così, quando sei nata, lui ti ha presa in braccio...» vedo i suoi occhi farsi più lucidi ed io sono costretta a mordermi il labbro a sangue per non fare lo stesso. «Ti ha presa in braccio...» ripete. «E ha sussurrato:"Edythe". Io ho accettato la proposta, in fondo è un bellissimo nome e ti si addice.» sorride ancora mia mamma per poi voltarsi verso di me.
I nostri occhi simili al ghiaccio si incontrano e non posso fare altro che apprezzare la somiglianza fra noi due.
«Sono contenta che tu me me abbia parlato, mamma. So quanto può essere difficile.»
«Grazie a te tesoro.» risponde. Poi, mi abbraccia forte posandomi un bacio tra i capelli neri come i suoi.
Non so nemmeno perchè si sia scusata, ma annuisco prima che lei ritorni in cucina.
Decido di raggiungere Calum e lo trovo sdraiato sul mio letto con il cellulare in mano ed espressione annoiata. Non appena mi nota, mi rivolge un sorriso triste.
«Allora? Va tutto bene?» parla mettendosi seduto.
«Sì.» rispondo provando ad apparire il più allegra possibile. «Abbiamo chiarito delle cose.»
«Hai voglio di raccontarmele?» domanda con interesse puro nei suoi occhi.
«Err... Non particolarmente.» rispondo leggermente in imbarazzo.
«D'accordo, piccola. Non ti preoccupare.» mi rassicura il moro per poi farmi cenno di avvicinarmi a lui. Faccio ciò che mi dice fino a mettermi seduta sul suo grembo.
«Hai un profumo buonissimo.» borbotta casualmente.
«Grazie.» ridacchio passando una mano fra i suoi piccoli ricci neri.
STAI LEGGENDO
Hoodie || Calum Hood
Fanfiction«La prima volta che ci siamo incontrati ero paralizzato, trattenevo il respiro, ma fin dall'inizio sapevo che avevo trovato l'altra metà del mio cuore.» *** Incredibile come sia cominciato tutto con una stupida felpa.