Chapter 35 - I do believe in fairies, I do, I do!

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I gemiti soffocati riecheggiavano tra le pareti della stanza dentro la quale ero prigioniera, preceduti dal suono tagliente dei colpi di frusta che, dopo ogni frustata, Peter Pan ripuliva accuratamente dal sangue che ne macchiava il cuoio. Il mio corpo, lacerato da profonde ferite, si reggeva in piedi soltanto grazie alle catene strette saldamente intorno ai polsi, quasi più non reagiva a quell'atroce supplizio che andava avanti ormai da ore. Respiravo a fatica, piano, tenendo lo sguardo chino sul pavimento tempestato di piccole e numerose macchie rosse, con la speranza che il mio fustigatore si arrendesse presto all'idea di non poter estorcermi alcuna risposta; non avevo intenzione, neanche in una simile situazione, di piegarmi al suo volere, servirgli su un vassoio d'argento tutto ciò ch'egli desiderava. "Colpisci pure, se ti diverte, ma presto ─ ogni centimetro di pelle sarà segnato da una ferita e tu resterai lì, in piedi, come un povero coglione, a chiederti come farai a soddisfare l'ennesimo capriccio del bambino viziato e frustrato che sei" gli incalzai con voce rauca, sghignazzando e sputacchiando su punti imprecisi del pavimento; rivoli di sangue mi scivolarono tra le labbra.

La mia sfrontatezza lo infastidì, lo potei notare dalle dita che divennero bianche nello stringersi con estrema forza intorno al manico della frusta. A tal proposito, accennai velenosa una risata "Che dire? Farti perdere la ragione, essere la spina nel tuo fianco, è la cosa che più si avvicina alla definizione di orgasmo" proseguii, tossendo rumorosamente in seguito. Quest'ultimo mi si avvicinò a passo veloce e, senza preavviso alcuno, estrasse dalla schiena il pugnale ancora conficcato poco sopra il mio stomaco, sorridendo divertito nel vedere la sofferenza contorcermi il viso. Trassi profondi respiri a quel nuovo dolore, stringendo con forza i denti. "Non ho intenzione di ripeterlo ancora" disse quasi trascinandosi, scandendo ogni singola parola, mentre si muoveva per poter, infine, arrestarsi alle mie spalle. Gridai istintivamente, a pieni polmoni, quando avvertii le sue dita scavare con veemenza all'interno della ferita inflittami dalla lama. "Dimmi ─ dove ─ sei ─ stata" ringhiò tra i denti, affondando ulteriormente le dita all'interno della mia carne nel breve intervallo che divideva una parola e l'altra. Inclinai il capo all'indietro, mordendo intensamente il labbro inferiore per reprimere le grida; l'ultima cosa che volevo, era donargli una simile soddisfazione. "Goditi ─ goditi questo momento, Peter Pan. Smanetta sul tuo amichetto, se proprio ti eccita... perché sarà l'unico modo in cui potrai infilare le dita dentro di me" proferii a mo' di beffa, soffocando le risate. Trasalii sommessamente quando le sue dita scivolarono fuori dalla ferita, potendo finalmente trarre un sospiro di sollievo.

Egli tornò a ruotarmi intorno, silenzioso; di lui potei scorgere soltanto i piedi ma, infondo, sapevo esattamente cosa stesse per accadere. Un grido squarciò il temporaneo silenzio, scossa dall'ennesimo colpo di frusta, all'altezza delle gambe, che aprì un'ulteriore ferita. Seguì una serie di impercettibili gemiti, intenta a recuperare fiato; ma Peter Pan non mi concesse il tempo necessario a riprendermi. Dovetti incassare un altro colpo, un altro, un altro, un altro... e ancora un altro. Egli colse punti diversi: pancia, braccia e petto. Ero esausta, il mio corpo era sul punto di cedere, non avevo più le forze per poter resistere a tutto quel dolore, ciononostante non avevo la benché minima intenzione di parlare; quella situazione si sarebbe protratta a lungo. Il ragazzo mi si avvicinò a passo svelto, afferrando il mio mento con prepotenza. Tremavo, forse per l'eccessivo dolore, forse per la paura di non riuscire a farcela, costretta a guardarlo negli occhi. Pochi centimetri dividevano i nostri volti, la sua rabbia era visibile. "I tuoi giochetti non piacciono a nessuno" mi riferì a denti stretti, serrando la mascella "Non vorrei spiacevoli sorprese e né tantomeno ritrovarmi a dover risolvere uno dei tuoi casini, Derya. Dunque, adesso mi dirai dove sei stata e, soprattutto, cosa ─ diavolo ─ hai ─ fatto" i suoi occhi erano puntati nei miei, le mie labbra schiuse in un respiro ansante; "Comincerai col dirmi per quale motivo, in due settimane, nessuno di noi sia stato in grado di trovarti, compreso me. Qualora ritenessi la tua risposta soddisfacente, potrai tornare agli accampamenti con tutti gli arti al proprio posto" suonò minaccioso, la sua espressione era cupa e torva ─ ma non abbastanza. Catturai il suo naso tra i denti, stringendo con forza intorno ad esso senza mollare la presa al suo dimenarsi. Il ragazzo gridò, afferrando tra le dita ciocche dei miei capelli che tirò con prepotenza ma, dopo quella tortura durata ore, un simile gesto non sembrò scalfirmi affatto. Lo tirai verso di me, scuotendo il capo come un cane rabbioso per procurargli maggiore dolore. Quell'attimo di gloria, tuttavia, non durò a lungo. Egli prese a premere con insistenza le dita su ogni mia ferita, finché il dolore non divenne insopportabile al punto di indurmi a lasciare la presa. Si allontanò a passo svelto e pesante, massaggiandosi ripetutamente il naso sanguinante. Lo sentii ringhiare, imprecare e definirmi in ogni modo possibile; io risultai inespressiva, indifferente riguardo ciò che mi aspettava dopo l'ennesima ribellione. Il demone si voltò lentamente, servendosi della manica per ripulirsi dal sangue che gocciolava dalle labbra fino al collo. Le iridi, solitamente verdi e magnetiche, erano totalmente ricoperte da un agghiacciante nero pece; mi preparai al peggio.

He'll destroy your light, till last drop. { Peter Pan } || Part 1 ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora