CAPITOLO 51

1.2K 65 6
                                    

"É arrivato il momento. Non terrai più soltanto per te ciò che hai visto,devi raccontarmi tutto Ilse,perché anche io ho diritto di sapere." Siamo tornati seduti uno di fronte all'altro,tiene la mia mano sinistra che è poggiata sul tavolo,stretta nella sua,cercando di infondermi coraggio e rassicurarmi. Sposto il mio sguardo dalle nostre mani sul suo volto. Sono cambiate così tante cose da quel giorno d'inverno in cui ho incontrato per la prima volta i suoi occhi. Sono passate più di mille ore da quando ci conosciamo,eppure adesso,seppure tutti i problemi che mi ha portato entrando nella mia vita,sento che devo dirglielo,che è arrivato il momento giusto e forse lui è proprio la persona giusta.
"Sarà doloroso,ma è giusto che io lo faccia." Dico spostando la mano.

Tutto cominciò una gelida mattina di Dicembre,del 1941. I miei genitori non si parlavano più ufficialmente da credo un anno e io di conseguenza non stavo passando un buon periodo. L'unica persona che amavo profondamente,mi aveva lasciata sola in questa vita,a causa di una polmonite che mi aveva tenuto segretamente nascosta.

"Si Friedrich,ero fidanzata e avevamo iniziato  anche i preparativi per il nostro matrimonio,ma il fato ci é stato avverso."

"Mi dispiace,come si chiamava?"
"Joan,ma non siamo qui per parlare di lui adesso."

Tornando a prima,la mia vita si stava sgretolando sotto i miei occhi senza che io potessi fare effettivamente qualcosa. E questo mi stava distruggendo,mi stava uccidendo lentamente.
Avevo un buon lavoro in ospedale all'epoca,lavoravo come levatrice e molto spesso mi spostavo anche di casa in casa. Mi piaceva il mio lavoro ed era l'unica cosa che mi potesse distrarre da ciò che mi stava succedendo.
Ma la situazione si ribaltò soltanto qualche mese dopo.
Mia madre se ne era andata definitivamente,eravamo soltanto io e mio padre e così quasi tutte le sere,quando tornavo a casa avevamo dei litigi; io l'incolpavo di non averla amata abbastanza e lui mi definiva come il suo più grande errore. Per lui ero sempre stata qualcosa da nascondere alla società,fin da piccola: troppo introversa,troppo curiosa e a tratti insopportabile. Per non parlare del mio aspetto fisico,non andava fiero dei miei capelli,del modo in cui venivo vestita...insomma era tutto troppo sbagliato per lui.
Non credo mi abbia mai amata. Credo sia anche per questa ragione che ora diffido nella maggior parte degli uomini.
Una sera litigammo a lungo a causa delle mie scelte politiche,gli avevo chiaramente detto che volevo andare in Irlanda,da una mia prozia,almeno fino a quando la situazione qua in Germania non si fosse calmata. Se avessi saputo che proprio a causa di questa accesa conversazione mi avrebbe mandato in quella terra,probabilmente sarei partita senza dirgli nulla. Ma le cose dovevano andare così. Infatti,il mattino successivo all'incirca verso le undici credo,ricordo che stavo sistemando in delle scatole dei vestiti che la mamma aveva lasciato da noi; quando sentii il campanello suonare,e dei pugni provenire dalla porta d'ingresso. Mi preoccupai subito,inconsapevolmente dentro di me sentivo che stava per succedere qualcosa che mi avrebbe cambiata per sempre.
Quando scesi di sotto,la cameriera si fece da parte,mostrando davanti a me un ufficiale,con se aveva un mandato: ero stata accusata di tradimento dal mio stesso padre.

"É per anche per questo che non ho paura di rompere le leggi perché agli occhi della nuova legislatura io sono già una traditrice della patria."

Il mandato prevedeva un espatrio che poteva variare dai 12 ai 24 mesi; dico variare perché sarebbe stato deciso il periodo soltanto in base al  comportamento che avrei avuto in questa nuova terra a me del tutto estranea,la Polonia.
All'inizio pensavo sarebbe stato un lavoro normale quello che mi si chiedeva di svolgere: assistente di un chirurgo che esercitava la sua professione in un campo di lavoro.
All'epoca non sapevo nulla dei campi e di che cosa fossero veramente,é per questo che mi sentii anche soddisfatta del fatto che stessi per aiutare delle persone che si trovavano tra la vita e la morte in un campo di lavoro,ma le mie idee e tutto ciò in cui loro mi avevano fatto credere,si rivelarono tutt'altro quando arrivai.
Le condizioni in cui queste povere persone vivono e uso il presente perché è una realtà che continua tutt'ora,non sono nemmeno descrivibili.

"Siete mai stato in Polonia?" Chiedo,assottigliando gli occhi.
"No." Scuote il capo.
Mi sistemo sulla sedia e poi continuo.

Le temperature in inverno sono molto rigide,é un miracolo se si riesce a intravedere il sole e ad Auschwitz il sole non c'era. Nemmeno in primavera.
Le persone,anzi i "pezzi" come li chiamano i nostri patrioti,indossano soltanto un un leggero tessuto,le scarpe esistono a malapena e sono costretti a svolgere dei lavori forzati,che ci sia il sole,la neve o la pioggia.
E noi cosa facciamo qui? Niente,noi stiamo bene,non siamo noi a dover perdere le nostre famiglie appena mettiamo piede in quella terra,non siamo noi a pregare che non ci uccidano  per aver rivolto lo sguardo a un soldato. No,noi stiamo bene,noi vinceremo questa maledetta guerra,nascondendo tutti quei cadaveri,nascondendo sotto la coperta della menzogna tutte le vite che abbiamo spezzato e continuiamo a spezzare.

Mi fermo un istante,riprendo fiato e tolgo le lacrime che mi hanno bagnato il viso.
Noto che anche Ziegler ha gli occhi lucidi e iniettati di sangue.

Il mio ruolo li non era quello di aiutare,bensì quello di ridurre notevolmente se non annientare completamente le speranze di vita dei poveri malcapitati che entravano in quelle quattro mura che usavano chiamare "ospedale". Quel luogo é tutt'altro che un ospedale,si sa quando entri,ma non quando esci.
Per i mesi in cui sono stata lì ho visto tanta gente morire sotto i miei occhi e ciò non ha fatto che accrescere il mio odio verso la mia nazione e tutti quelli come voi.

Lo guardo seria negli occhi,poi continuo.

Sono ritornata a Berlino soltanto perché mio padre riteneva che la situazione gli fosse sfuggita di mano  e preferiva avermi sotto i suoi occhi anziché a chilometri di distanza. In realtà le ragioni per lui erano molto più serie: già una volta avevo organizzato e attuato la fuga di cinque bambini e due donne,non sono più stati ritrovati. Spero siano ancora vivi...la seconda volta,non andò così bene come la prima;i bambini che avevo  nascosto nel deposito che si trovava dietro le zone di vedetta,furono scoperti e uccisi sul colpo.
Quello fu uno dei momenti peggiori della mia vita.
Da lì in poi mi ammalai,non mangiavo più,avevo svenimenti continui e non riuscivo più a vedere una ragione per continuare a vivere se quella era la mia realtà. Ero caduta in una depressione che mi avrebbe lentamente portata alla morte.
É per questo che sono ritornata a Berlino. Poi siete arrivato voi,mio padre ha tentato di inculcarmi nuovamente le sue idee mandandomi nel lebensborn e sono certa che dopo questo interrogatorio si sentirà felice di aver avuto lui la meglio.

Silenzio,soltanto lacrime.

Ormai non mi è rimasto più nessuno,la nonna se n'è andata per sempre,Joan,la mamma,i miei amici. Sono pronta a ciò che mi attende,non ho paura delle conseguenze,perciò fate ciò per cui siete qui.

//
Buona vigilia di Natale 🎄 a tutti!
Vi auguro di passare delle buone feste 💛
Ditemi che cosa ne pensate del capitolo 😘
Xoxo,Lidia.

Eisblume •1 | COMPLETATA |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora