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Rosie's Pov.

Scendo dal treno e, stringendomi nel mio giubbino pesante cercando di proteggermi dal freddo di Dicembre, mi dirigo verso il mio solito punto di osservazione, una tavola calda a qualche isolato dalla stazione, di solito mi siedo al tavolo vicino alla grande vetrata per avere una perfetta visuale sull'esterno, per poter catturare attimi di vita quotidiana delle persone in silenzio, senza che se ne accorgano, se le persone sanno di essere osservate iniziano ad essere innaturali, ad accentuare troppo i loro movimenti, a non avere un loro carattere, so che posso sembrare un po' come una stalker ma il bello delle persone lo trovi quando sono a proprio agio, naturali.

Entro da Patsy's e una delle cameriere, Fiona, mi saluta, dopo un anno ormai ci conosciamo, <Ciao Rosie, ti porto il solito?> dice venendomi incontro, io annuisco e vado a sedermi al mio posto.

Dopo qualche minuto Fiona torna con una tazza di caffè e un toast, <Per l'ispirazione> dice poggiandoli sul tavolo e sorridendomi <Grazie Fiona> le sorrido e lei se ne va a servire altri clienti.

Poggio sul tavolo il quadernetto e la matita ed inizio a sorseggiare il mio caffè guardano fuori, sembra una giornata tranquilla.

Sono le 4:30 del pomeriggio, da all'incirca due ore sono seduta qui, fino ad ora non ho disegnato molto, ma quello che sono riuscita a fare mi soddisfa, c'era questa bambina dall'altra parte della strada che giocava con un'anziana senza tetto, era un momento felice e non ho potuto fare altro che immortalarlo nero su bianco, noi fraintendetemi, credo nell'arte della fotografia, sostengo che una fotografia scattata al momento giusto dica più di mille parole, ma con il disegno l'artista oltre alle emozioni del momento grazie all'intensità del tratto, alla decisione delle linee, ai colori e tutto il resto, riesce anche a mettere un pezzetto di sé all'interno di ogni sua opera, come se oltre alla storia dei soggetti immortalati ci sia anche la sua, in un angolino, quasi nascosta in modo che solo un occhio attento possa percepirla, come un linguaggio in codice.

Continuo a disegnare per un po', quando alzo lo sguardo verso l'orologio appeso alla parete dietro il bancone noto che mi sono lasciata trasportare per troppo tempo, sono le 6:45 PM, entro 15 minuti devo essere a casa per la cena e solo per arrivare alla stazione ci vogliono 5 minuti, 15 per arrivare nel north-side e 10 dalla stazione a casa mia. Anche correndo non arriverò mai in tempo. Metto tutte le mie cose in borsa, mi alzo e lascio i soldi per pagare più la mancia per Fiona sul tavolo e corro fuori, il sole sta calando, i colori del tramonto mi hanno sempre affascinata, il cielo in generale lo fa, mi sorprendo di come in poco tempo riesca a cambiare colore ed a creare sfumature fantastiche. Salgo le scale della stazione ed entro appena in tempo nel treno prima che si chiudano le porte, mi siedo e prendo un respiro profondo, non sono una persona molto atletica, non lo sono mai stata, ho sempre preferito la creatività allo sport, anche se i miei genitori da piccola hanno provato ad iscrivermi ad una scuola di danza classica, non hanno avuto molto successo, forse non sono la figlia raffinata che volevano, non mi piace mettermi in mostra agli eventi a cui mi chiedono di andare con loro, anzi se riesco resto a casa in compagnia di una tazza di thè caldo, in pigiama e un libro, un film o la musica. Sanno che non apprezzo la vita mondana come fanno loro, più di una volta mi hanno presentato ragazzi di altre famiglie altolocate in speranza di un fidanzamento, ma hanno fallito tutte le volte, non che i giovani rampolli dell'alta società di Chicago fossero di un aspetto sgradevole, anzi la maggior parte delle volte erano molto affascinanti ma la loro pecca era il carattere, talmente superficiali, profondi come pozzanghere, purtroppo, a me è sempre piaciuto il mare.

Il treno si ferma ed io scendo, eccomi qui, nella parte di città dove le anime grigie regnano, racchiuse nei loro completi costosi, attrezzate di una valigetta 24 ore ed un cellulare all'orecchio intente a blaterare parole vuote ed a pensare solo al valore dei loro soldi. Penso che la mia anima qui, in mezzo a tutto questo cemento freddo dei grattacieli e smog, spicchi, risalti più di tutte le altre, non per presunzione, ma per la forza e la voglia di sognare, la mia anima è colorata e ne vado fiera, siamo in pochi ad essere ancora così, una piccola cerchia ristretta che non si è fatta travolgere da tutto questo menefreghismo e materialismo, noi non siamo stati risucchiati da tutto questo fetido fango grigio, noi crediamo nel valore delle parole, non ci sono dette parole dette a caso, solo verità dette d'istinto e per fortuna c'è ancora qualcuno a questo mondo che da peso alle parole, che si cura di dire sempre e comunque la verità, perché una dura verità è meglio di una bugia leggera.

Entro in casa e mia madre sta mettendo il cibo in tavola allora mi affretto a sedermi sotto lo sguardo di disapprovazione dei miei genitori, <Dove sei stata?> mi chiede mio padre per poi iniziare a mangiare l carne accuratamente posata nel suo piatto, <Da Camille> mento, so di aver appena detto che credo nella verità eccetera, ma con lui non si può fare altro, per poi imitarlo, <E' molto buono mamma>, mia madre ha molti difetti, come mio padre dopo tutto, ma devo riconoscerle il suo talento in cucina, è una cuoca eccezionale, io nemmeno mettendomi d'impegno riuscirei a cucinare della semplice pasta, <Perché sei in ritardo?> incalza mio padre, <C'era traffico e poi non ci siamo rese conto del tempo che passava mentre chiacchieravamo davanti ad una tazza di thè caldo> rispondo, <Come è stata la tua giornata caro?> si intromette mi madre, venendo comunque ignorata da mio padre, <Devi essere più responsabile, sai che alle 7:00 si cena quindi tu prima delle 7:00 devi essere a casa, siamo intesi?> odio quando mi tratta da 12enne, <Papà, ho 19 anni, sono responsabile e vi ho sempre detto che se arrivo in ritardo potete tranquillamente iniziare senza di me, non mi offendo> affermo con tono leggermente contrariato, pessimo errore, mio padre detesta essere contraddetto, è un uomo potente al quale dunque viene sempre data ragione. <Rosaline, non contraddire tuo padre e continua a mangiare> mia madre usa sempre il mio nome per intero, a non piace molto è troppo formale, e loro lo sanno, ma come tutto il resto non gli importa niente. <Scusatemi ma non ho più fame, vado in camera mia> dico alzandomi ed uscendo dalla stanza.

Prendo il mio quadernetto dei disegni e con la musica in sottofondo inizio a sfogliarlo, pagina dopo pagina noto che c'è un soggetto ricorrente, una figura maschile, tratti delicati, sguardo intenso e capelli spettinati, molte volte quando disegno non mi rendo conto del soggetto è per questo che mi sorprende il fatto che sia in più o meno tutte le pagine, penso sia il ragazzo che spesso entra da Patsy's e parla con Fiona o con il lavapiatti, il ragazzo pallido dai capelli rossi ed il volto pieno di lentiggini, le spalle larghe più di una volta dei lividi sul volto, non so il suo nome so solo che è uno dei soggetti perfetti, apparentemente innocui e tranquilli ma con un peso enorme sulle spalle che li prende a pugni in faccia, senza pietà, finche non lascia il segno, finche non sanguina.

RosieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora