Capitolo 14: UN REGALO DI TROPPO

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Al mattino mi sveglio con un enorme cerchio alla testa. Ho dormito soltanto un paio d'ore, è stata una notte lunga e difficile. In ospedale Tom Felton è stato operato alla testa. Aveva un'emorragia cerebrale che i neurochirurghi sono fortunatamente riusciti a tamponare.
E' rimasto in sala operatoria per cinque ore.
Io e Ian abbiamo atteso nella sala d'aspetto, insieme a suo padre. Il signor Felton era sconvolto, ci ha ringraziato per il soccorso prestato al figlio e ha voluto sapere come sono andate le cose. Ian gli ha rifilato la stessa storiella detta agli sconosciuti per strada; Tom ha fatto tutto da solo, andava veloce, ci ha sorpassati e si è schiantato contro il muro. Sembra che la versione sia credibile e non desti alcun sospetto, anche per la polizia che ha fatto i rilevamenti. Solo uno degli agenti ha insistito a farci domande insensate. Secondo lui non è dipeso tutto dal caso come vogliamo far credere, ma ha insinuato che stessimo facendo una corsa clandestina o qualcosa del genere. Per fortuna non ci sono prove in merito e la nostra auto si è concretamente fermata a metri di distanza da quella di Felton. E' vero, ci sono i segni sulla carrozzeria e la frenata sull'asfalto, ma niente che non possa andare d'accordo con la nostra versione dei fatti e che dia adito alla sua. Tom Felton è un pazzo e noi soltanto dei comuni spettatori, che poi, in fondo, è pure la verità. Io e Ian stavamo tornando a casa, è stato lui a inseguirci, è lui che ci vuole continuamente far fuori, è lui che si accanisce contro qualcosa che non riesce ad ottenere. Adesso, con le prime luci del mattino, mi sembra quasi tutto surreale, un sogno macchiato di sangue, di fumo nero e paura.
Il corpo floscio di Tom, le sue labbra azzurrognole quando Ian lo ha tirato fuori dall'auto e poi lo sguardo enigmatico e carico di dolore di suo padre. Non avevo mai visto quell'uomo, ma somiglia molto al figlio, almeno fisicamente; stessi capelli biondi, stessi occhi cristallini, corporatura asciutta e guance incavate. Il signor Felton, insieme al padre di Daniel, sa dell'esistenza del pendolo, lo ha cercato per buona parte della sua vita e ha distrutto la sua famiglia a causa della sete di conoscenza. Se solo immaginasse che il tesoro è nelle nostre mani, se solo sapesse che suo figlio è quasi morto per avere quello che lui è andato sperando di trovare per una vita, non so  davvero cosa potrebbe accadere...

Mi trascino in bagno, evitando di guardarmi allo specchio, tanto so già che ho la faccia di una che ha passato la notte in bianco, ad attendere, a pensare, a struggersi e riempirsi la testa di domande.

Questa volta ci ha rimesso Tom. E ci ha rimesso sul serio. I medici ci hanno detto che le sue condizioni sono stabili, ma lui non è fuori pericolo. Hanno parlato di coma.

Faccio pipì e mi chiedo quanto una persona possa rimanerci, in coma. Poche ore? Giorni? Mesi? E se Tom vi rimanesse per sempre? Le nostre vite sarebbero salve, non avremmo più problemi ma, l'attimo dopo, mi maledico per questi pensieri malvagi. Tom Felton è pur sempre un ragazzo. La sua vita è preziosa quanto la nostra ed è giusto che i medici riescano a salvarla. Ci sarà pure un modo per vivere senza uccidersi a vicenda! Ci sarà pure un modo per non fuggire per sempre! Forse se Tom rinunciasse all'idea del pendolo, ma non lo farà mai. Allora se Ian riuscisse a tornare indietro, ma in questo caso sarebbe la fine anche di me stessa. Sarei io quella a morire.
A morire dentro.

Quando esco dal bagno frugo nella mia valigia alla ricerca di vestiti puliti. Cerco di non fare rumore per non svegliare Ian, che sta ancora dormendo. Il suono del suo respiro si alterna ad un soffio leggero emesso dalle sue labbra. Starei ore a guardarlo, anzi sarei capace di passarci l'intera giornata senza annoiarmi. Prendo un paio di leggins e un maglioncino lungo. Ho bisogno di comodità.

Mi allaccio il reggiseno, infilo gli slip e indosso il maglione, prima che abbia il tempo di mettere i pantaloni, qualcuno bussa alla porta. Una, due, tre volte. Sembra urgente, data l'insistenza. Tolgo la sicura e mi affaccio con cautela.

"Buongiorno, signora Clarke" La mia voce rauca tradisce il fastidio che improvvisamente si impossessa delle mie viscere. Che vuole a quest'ora del mattino?

ENDLESS - Anime Nere || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora