Sono passati molti mesi da quel 2 dicembre, quando Claudio lo ha scelto dicendogli che era la sua scelta. Il tempo si è incaricato di dimostrargli che quell'amore era esistito solo nel suo cuore e nella sua mente. Scoprirlo lo ha quasi distrutto. Ad...
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"Perdonami."
Per un attimo Claudio non ha pensato a nulla, ha sentito un'enorme bolla risucchiarlo dentro e ogni pensiero coerente sparire, fagocitato dalla desolazione che l'ha fagocitato una volta compreso che l'incubo continuava a non avere soluzione.
Scuote la testa, lentamente, senza prestare attenzione a nulla e prende, automaticamente, il cellulare che Mario ha raccattato da terra e gli ha porto.
Per assurdo, stringere qualcosa di solido tra le mani lo riconnette con la realtà; alza gli occhi da terra e lo vede davanti a lui, ritto nella sua orgogliosa debolezza, guardarlo con occhi addolorati.
"Scusami, mi sono lasciato dominare dai miei fantasmi. Mai avrei voluto procurarti un danno. Se avessi saputo..."
"Se avessi saputo? Ma che senso ha un rapporto dove tutto deve essere detto? Dove qualsiasi gesto deve essere ponderato e spiegato...qualsiasi parola deve avere una motivazione. Ogni sorriso...Tutto!"
Mario barcolla sotto la gragnuola di parole che lo colpiscono come pietre.
"Tu dovresti sapere come sono fatto io; conoscere i miei pensieri prima che io li formuli. Perché io dovrei essere qui e qui.." e nel parlare gli tocca fronte e cuore "Perché io dovrei essere te e tu me. Non ci dovrebbero essere linee di demarcazione tra te e me."
Tossisce nervosamente, si morde il labbro inferiore e poi riprende a voce bassa. Quasi stia parlando davanti allo specchio, con la sua anima, e non con Mario e Eléna.
"Avrei voluto questo per me. Tu sei l'unico cui ho permesso di conoscere le mie debolezze, di vedere quanto io possa essere debole. Pensavo di essere tutto per te e che tu potessi essere qualcuno cui appoggiarmi nei momenti di difficoltà.. Di non dovere più camminare controvento, come sono sempre stato costretto a fare nella mia vita, inventandomi famiglia, amici e lavoro... per non sentire questo vuoto dentro, per non aver paura di piangere quando mi sento senza forze. Tu eri questo per me. Eri chi colmava la mia intera esistenza. Certo non ero perfetto, non lo sono neppure adesso nonostante il tempo mi abbia cambiato molto, però pensavo che vivere quasi in simbiosi, ti avesse fatto capire ogni cosa di me senza aver bisogno di parole e che mi accettassi per com'ero. Pensa che ingenuo! Scendendo quella scala, ero convinto che avrei ritrovato quel Mario che ricordavo e che desideravo, di nuovo, nella mia vita. Nessuna prova mi sarebbe sembrata ardua a patto di poterti riavere a mio fianco... E invece no, tanta fatica per scoprire che niente era come io immaginavo e per sentirmi solo esattamente come lo sono sempre stato."
Mario gli porta una mano sotto il mento e lo costringe a guardarlo negli occhi.
"Capire cosa?"
"Che tu eri tutto per me; che le cazzate che continuavo a fare nascevano dalla paura di perdere la mia libertà, di dipendere da te in tutto e per tutto. Dalla paura che mi potessi lasciare solo se non ti fossi più andato bene. Di rimanere ferito e, questa volta, in modo irrimediabile. Io volevo che tu fossi solo mio come io ero solo tuo."