cap. 2

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Kate stava guardando la televisione, tranquillamente sdraiata sul divano. Era annoiata e non riusciva a fare niente e non voleva neanche farlo.
Sentendo la porta aprirsi, sbadigliò "mamma, sei te?" "sono Cameron" a quel nome si tirò su in piedi "idiota! Stanotte non mi hai fatto dormire!" "sei grande per sognarti gli unicorni" "e tu sei un idiota. Mi spieghi perché..." si bloccò sorpresa, vedendo come era conciato.
Aveva i capelli neri scompigliati, sicuramente ci aveva passato le mani sporche di fango, tante di quelle volte da sporcarli. Gli occhi blu mare erano arrossati. Aveva la camicia a quadri un po' fuori e un po' dentro i jeans, che erano sporchi in più punti, anche questi pieni di fango e terra. Andava a piedi scalzi perché le calze che portava in mano erano sporche e rovinate.
"Cameron! Cosa cazzo hai combinato?" "non voglio parlarne. Adesso vado a fare la doccia" lo vide camminare verso le scale, strisciando i piedi. Lo guardò mentre saliva le scale scomparendo poi al piano superiore. Ma che aveva fatto quel idiota del fratello?
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Cameron sospirando si spogliò debolmente, mentre l'acqua calda della doccia lasciava un vapore che si attaccò alla sua pelle. Appena scivolò nella doccia, alzò il volto verso lo spruzzino, lasciando che il corpo si rilassasse. Stava lavandosi il corpo quando non riuscì più a trattenersi. Scivolò sulle mattonelle bianche, sedendosi sulla ceramica.
Non voleva esserlo. Lui non era fatto per quello.
Voleva invecchiare, non solo per essere come i vecchietti del vicoli che giocavano a carte, urlavano e raccontavano storie. Voleva invecchiare vicino alla donna, che avrebbe sposato. Voleva urlargli contro e poi baciarla. Voleva lamentarsi perché non poteva uscire per pes... .

"Cameron!" Sentendo quella voce femminile che urlava il suo nome, si spaventò. Subito uscì dalla doccia, lasciando l'acqua aperta e prendendo l'accappatoio, scese al piano inferiore. "Kate!" si bloccò vedendola a terra con il piede incastrato nel divano, la faccia sotto al tavolino e in una posizione strana. Non poté trattenersi molto e infatti scoppiò a ridere, trovandosi morto tramite gli occhi della sorella.
Voleva ridere, scherzare e prendere in giro l'unica delle due donne a cui voleva bene. Kate, la sua sorellina.

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Sbatté la porta con violenza. Quel cretino era un idiota! Continuando a maledire Cameron, si mise sul letto cercando poi di scoprirsi il piede. E quando toccò un punto particolarmente sensibile, quasi urlò dal dolore.
Neanche tre secondi dopo sentì bussare alla porta e non fece in tempo a dire o a fare qualcosa, che Cameron entrò in camera. Aveva un espressione pentita, ma ancora divertita "scusami Kate, non volevo offendere il tuo orgoglio" "l'orgoglio te lo faccio mangiare per colazione!" ridacchiando, gli si avvicinò "fammi vedere quel piede. Forza" "prova a toccarmi e ti sbrano" a quelle parole rabbiose, Cameron non poté non ridere e sedendosi sul letto mezzo sfatto della sorella, gli prese il piede. Appena gli toccò la caviglia, sentì indicativamente il dolore della sorella, soprattutto perché quest'ultima, aveva piantato le sue unghie nella sua carne del braccio.
"Dobbiamo andare all'ambulatorio" "cosa?! No! Sogna!" "sì, certo. Il mio sogno é portarti all'ospedale e lasciarti li. Non di certo in un ambulatorio. Piantala e rimettiti la calza. Chiamo Oliver" "come? Perché?" Cameron si passò la mano tra i capelli bagnati "la macchina si é rotta di nuovo".

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Un'oretta dopo stava seduta sulle sedie scomode dell'ambulatorio, attendendo il suo turno. Con Cameron e Oliver che giocavano a carte, mentre lei li guardava male. Più che male.
"Che hai adesso?" "io sono qui dolorante, con il mio piede. E voi state lì tranquilli a giocare a carte. Ma siete coglioni? Non idioti, ma coglioni". "Mamma l'aveva detto che avresti sclerato" "non mi interessa un cazzo di quello che dice la mamma" Oliver alzò lo sguardo verso di lei "non rompere il cazzo Kate. Sei grande per lamentarti, come una bambina. Cresci un po'!" "e tu muori un po'!" gli rispose a tono Kate, facendogli abbassare la testa.
E non perché aveva paura, ma semplicemente, perché voleva ignorarla e continuare a giocare a carte.
E poi, in qualche modo, doveva trattenersi nel ridere, se no si sarebbe trovato lui su un lettino dell'ambulatorio. "Idioti" borbottò Kate che si guardò per l'ennesima volta intorno.
Si posò la mano sulla pancia.
Quella sensazione. Ancora.
Si guardò intorno cercando qualcosa o meglio dire qualcuno. Non sapeva chi e neanche il perché. Sapeva solo che doveva farlo. Non si accorse neanche dei due idioti, che si erano fermati a giocare e si guardavano, come lei in giro.

Quando sentì il suo nome, alzò lo sguardo e diede una gomitata al fratello. Per fortuna! Non ne poteva più di aspettare. Sentì Cameron richiamare l'infermiera che sorridente gli si avvicinò "buongiorno. Sei te, Kate?" "si, sono io" "vieni, ti accompagno dal dottore. Se vogliono i tuoi amici possono rimanere qui a giocare". Gli idioti erano stati sgridati e prima che uno dei due potesse parlare annui "sono d'accordo con lei. Possiamo andare".

Guardò la stanza in cui si trovava. Non era mai entrata in quel ambulatorio, solo perché la sua dottoressa stava dall'altra parte della città in maternità. Quindi erano dovuti venire lì per forza. Le pareti non erano bianche, ma erano di un tenue color verde e giallo. Ci stavano affissi ai muri dei depliant illustrativi, un quadro molto bello astratto e due grandi finestre, coperte da tende bianche scure, messe però di lato. Una scrivania angolare di un beige chiaro pieno di fogli ordinati e un computer in standby.
Nel complesso, per essere in un ambulatorio, era proprio una bella stanza. Lanciò lo sguardo all'orologio verde chiaro, prima di girarsi verso la porta. Un ragazzo che non sembrava tanto grande di lei, aveva i capelli castano scuro e gli occhi grigi coperti da degli occhiali color ferro. Era alto e dal fisico scolpito, ne era sicura. Indossava una polo grigio-celeste e dei jeans scuri.

"Buongiorno, scusi il ritardo ma ho avuto un'emergenza. Lei dovrebbe essere la signorina Phnitx Kate" "si sono io, piacere dottor...?" "Kevin. Chiamami tranquillamente per nome" sorrise l'altro prima di chiudere la porta e dirigersi verso la scrivania, dove posò una cartellina blu. "Posso vedere il piede?" "si, certo" sorridendo gentile, gli si avvicinò.
Di nuovo quella sensazione!
Stava per morire? No, perché si trovava in un posto giusto dovevo morire. Lì l'avrebbero potuto salvare. Dopotutto un ambulatorio non era simile ad un ospedale? Ignorando i suoi pensieri, il dottore iniziò il controllo.
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Fasciata. Era fasciata alla caviglia. Non era niente di che, ma doveva tenerla fasciata.
Non era giusto per niente.
Borbottando qualcosa, tornò nella stanza d'aspetto, con un paio di stampelle. Si bloccò vedendo i due idioti, provarci utilizzando il mazzo di carte, con l'infermiera che appena la vide, gli sorrise nervosa. Ridendo si avvicinò "non vedete che anche lei ha da fare? Non vuole stare dietro a due bambini" i due irritati si girarono a guardarla, per poi bloccarsi. Il primo ad avvicinarsi fu Cameron che preoccupato, gli prese la borsa dalla spalla "cosa hai fatto? Stai bene? Hai bisogno di qualcosa?" "si, che ti stai zitto!". Ridendo si calmò "stai bene allora. Fatti accompagnare da Oliver in macchina, mentre io pago la visita e intanto chiama la mamma, mi ha chiamato tre volte, per sapere come stavi" "va bene. Arrivederci" "arrivederci a lei" rispose l'infermiera sorridendo e ricambiando il saluto.

Più si allontanava dall'ambulatorio privato e più quella sensazione scompariva. Lanciò uno sguardo dietro di sé.
Che gli succedeva?

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