Cap. 19

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Black Wind

Se il primo incontro mi aveva fatto pensare su di lui. Questo non lo sapevo, in quel momento. Ma di certo la seconda volta che lo vidi, si.

Quel giorno portavo i capelli lasciati sciolti sulle spalle. Non che è molto interessante quel fatto, normalmente però.. Per me si. Non portavo spesso i capelli completamente sciolti.
Mi stavo dirigendo a lezione, quando sentì qualcuno urlare. La sensazione apparve all'improvviso e girandomi verso un vicolo, mi avvicinai. Perché giustamente una persona deve andare in un vicolo buio per migliorarsi la vita. Continuando... Confusa guardai in quel buio pesto, chi aveva bisogno di una mano. Bloccandomi quando lo vidi. Spaventata corsi da lui, indifferente del pericolo e dal fatto che tra breve avrei avuto l'inizio delle lezioni e mi inginocchiai vicino a lui.
Provai a scuoterlo per le spalle, visto che non rispondeva e quando spostai la mano destra lo vidi. Il sangue. Spaventata urlaii in cerca d'aiuto, ma non ricevetti nessuna risposta. Cercai il cellulare nella tasca del giacchetto, sporcandolo di rosso e quando provai a chiamare i soccorsi. Per quanto tremavo. Cadde a terra nella pozza di sangue. Maledicendo tutto e tutti. Lo ripresi in mano, ma prima che potessi chiamare, una mano tiepida si posò sulla mia. Facendomi rabbrividire.

Non avevo mai sentito un brivido del genere, ma questo di certo, non mi disturbava. Era così caldo e avvolgente. Quasi come una coperta fatta dalla nonna in persona. Calda e morbida.
Non sapevo che poi quel brivido era l'unico che mi avrebbe fatto vivere veramente. Mi avrebbe fatto sentire viva, più che altro.

Subito alzai lo sguardo dal braccio muscoloso fino a quel viso straziato dal dolore, ma anche dalla bellezza. Possibile che un uomo potesse essere talmente bello? Lo vidi spostarsi i capelli castani e guardarla "n...non chiamare n...nessuno. Non c'è ne bisogno" la ragazza prese un lungo respiro, cercando di parlare e dopo qualche secondo, lo guardò negli occhi e parlò, con un po' di difficoltà "s...sei ferito" "devo solo togliere la pallottola e...e ritornare a casa". Mi ritrovai a scuotere la testa e a guardarmi intorno preoccupata. L'ospedale no, era troppo semplice...ovviamente. Da notare l'ironia che ho oggi.

Jacques sbatté le palpebre guardandola. "Calmati dolcezza. Dimmi come ti chiami" doveva distrarla in qualche maniera per calmarla e calmarsi. Stringendo i denti per non ringhiare dal dolore, si posò una mano sulla spalla ferita. Santa Luna. Riusciva a trovarla anche in quel caso e in pieno giorno.

Non sapevo cosa stava pensando, ma sicuramente gli faceva male la spalla "mi chiamo Caterine. Te, invece?" "J... Jacques". Osservò il suo volto sconvolto dal dolore. Doveva accompagnarlo sicuramente all'ospedale. E gli e lo disse, facendogli scuotere la testa "no. Anche se sono stato rapito e ferito, io odio gli ospedali" "m...ma...". Sentì le mani di lui, prendere le mie "dobbiamo andarcene. Aiutami ad alzarmi". Ancora poco convinta, lo aiutai.
"Dove ti devo portare?" Jacques respirò pesantemente "casa mia é troppo lontana" lei gli lanciò un'occhiata e fermandosi "mettiti la mia felpa. Ti terrà al caldo e lontano dallo sguardo degli altri" annuendo, lo fece. Era strano dargli un ordine. "Il mio amico, Colin. Abita qui vicino". Seguii le indicazioni del ragazzo, trovandomi davanti ad una palazzina. Lanciai uno sguardo allo sconosciuto, che mi stava affianco. Che mi posò una mano alla base del collo. Brividi. Diamine! Non avevo mai sentito dei brividi così. Mi girai a guardarlo, e lo vidi guardarmi a sua volta. "Forza, andiamo". Ancora piena di brividi, lo seguì all'interno della struttura elegante e moderna. E mi chiesi, se in queste condizioni, era possibile entrare. "Il campanello" girandomi verso l'impianto elettrico, andai a suonare nell'unico Colin segnato e per fortuna era in casa, perché poco dopo, ci disse di entrare e in quale piano andare. Guardai il volto del ferito e lo trovai oltre che pallido e bianco. Come avevo già contastato, era anche bellissimo. Salimmo l'ascensore fino al terzo piano, dove c'era un ragazzo dai capelli rossi quasi arancioni. "Cazzo! Jacques!". Confusa dal nome, lo vidi avvicinarsi e guardare la ferita. Per un attimo, mi ero dimenticata il nome del castano. Oltre al fatto che con i nomi, non ero molto portata. "Sto bene Colin. Hanno provato a rapinarmi, ma senza successo da come vedi" l'altro lo guardò in viso, poco convinto, per poi annuire e girarsi verso di me. "Grazie per aver portato qui, il mio amico. Ti sono riconoscente" "i...io..." mi girai verso Jacques "spero che ti rimetterai".

Jacques con il corpo metà steso sul divano, guardò l'amico mandare via Caterine, dopo avergli offerto dell'acqua e zucchero. Per farla riprendere.

"Mi ha salvato. Anzi, ci ha salvato".

Questo è quello che mi disse più avanti Jacques. Mentre io scendevo dall'ascensore e mi dirigevo verso casa. Ero pallida e i miei avrebbero capito, che ero stata male. Dio...avrebbero avuto ragione. Chi per un motivo e chi per un'altro.
Non mi resi conto che quel nome oramai, mi era entrato sotto pelle. Inciso nel cuore e nell'anima. Come il mio, era scritto in lui.
Jacques.

The secrets of a Wolf.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora