cap. 12

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Black Wind

Non potevo credere a quello che avevo fatto. Io, Caterine Sestavine, avevo dialogato, con uno sconosciuto.

Stavo camminando tranquillamente per la foresta, saltando arbusti e radici, pronta a stendere il mio arco per colpire un animale da cacciare. Quando sentì un'aura sconosciuta vicino al fiume, che poi cessò di esistere. Cercai di dimenticare la curiosità, ma ovviamente. Non funzionò. Quindi sospettosa, tesi l'arco e mi avvicinai al limitare del bosco, dove vidi un ragazzo seduto con la schiena appoggiata ad un albero. Circospetta, mi avvicinai. Bloccandomi a pochi passi da lui, allungai un piede a toccare il suo, per farlo svegliare. Dopo il quarto tentativo, che mi fece preoccupare, il ragazzo si destò. Alzando la testa verso la mia. Gli occhi dello sconosciuto erano di un celeste ipnotizzante. Meravigliosi. Lo vidi alzarsi di scatto e guardarmi incantato. Sembrava lei quando osservava delle nuove mollette, con le pietre, per i suoi capelli.

Quello che mi disse più avanti, mi incantò. Nessuno aveva mai pronunciato delle parole meravigliose. O almeno non in mia presenza.
É stato lui, il primo.

Jacques si è meravigliato della mia figura semplice. Passando con quegli occhi unici, dai miei capelli biondi legati in una treccia morbida e mezza sfatta, poi negli occhi verde scuro coperti dal sospetto. Anche se luminosi e allegri. Avevo un fisico morbido e alto. Evidenziato dal vestito semplice, ma con dei decori alla base del decolté. "Buongiorno, gioviale fanciulla. Non voglio farvi del male e non potrei mai. É come distruggere qualcosa di bello, creato dal nostro Signore" a quelle parole, mi tranquillizzai e riposi l'arco e la freccia sulla spalla. Anche se questo non tolse il fatto, che ero pronta a combattere. Pur di non vedermi morta, derubata o stuprata.

Jacques adorava le creature come lei. E si compiacque di aver attirato la sua aura dentro di sé. Attirando così qualcosa di meraviglioso e stupendo. Gli osservò i capelli dorati, se sciolti gli arrivavano alla vita. Immaginava quei capelli sul suo fisico, mentre lei gli respirava alla base del collo, tranquillamente assopita. Era sempre stato attratto dalle ragazze dai capelli biondi e lunghi, ma così si andava a sfiorare il ridicolo. Quella giovane non aveva i capelli biondi ma dorati, come dei fini fili dorati. Lunghi. Veramente lunghi.

"Chi siete e cosa fate nei territori dei Sestavine, giovane soldato?". L'avevo scambiato per un soldato. Che sciocca che ero stata. Non sapevo che lui pensava, nel frattempo di essersi vestito appunto per non farsi riconoscere. Perché lui era ed é, il figlio della luna. Il primo. "Non pensavo di trovarmi nel territorio dei Sestavine. Spero che mi scuserete, per essermi appisolato in una proprietà privata". Guardandolo negli occhi, non potevo sapere che anche lui. Come me. Si era incantato guardandomi negli occhi. E sorridendo, scuotendo la testa. Muovendo così dei ciuffi fini e piccoli usciti dalla treccia "non dubitare di questo. Sono certa che non era vostra intenzione" lui mi guardò annuendo "non dubitare voi, di questo. Anche se adesso che vi ho incontrato, questa regola. Potrei dimenticarla, pur di osservare da più vicino, i vostri capelli dorati".
Mi trovai ad arrossire copiosamente e spostandomi una ciocca fuggita dalla treccia, dietro l'orecchio "sono onorata del vostro inusuale complimento, ma non penso che i miei famigliari. Soprattutto i miei fratelli. Permetteranno mai una tale ipotesi"
Jacques si trattenne nel dirmi che a lui era permesso tutti, visto che era figlio della luna. Il primo e unico figlio. Colui che aiutava i deboli, difendendoli. Colui che proteggeva tutti dal destino avverso, essendo figli di luna. Colui che mi avrebbe salvata dalla mia esistenza inutile. Non disse neanche che non era un complimento inusuale, per una creatura bella come lei. Che mi sentì chiamare. Lo guardai in quegli occhi celestiali "le mie sorelle mi stanno cercando" "allora andate, giovane fanciulla dorata e che la vostra caccia sia promiscua". Non avevo mai sentito una frase del genere, ma mi piaceva. Faceva sembrare quell'incontro ancora più antico. Subito mi piegai in un inchino. Non accorgendomi che lasciai intravedere il mio decolté, come non mi accorsi di averlo fatto irrigidire. Tornai dritta e sorridente, come mi avevano insegnato e anche come era nella mia natura. "Anche la vostra, soldato". Poi mi girai e tornai a casa. Mentre la sensazione allo stomaco, scemava fino a scomparire.

Seppi più avanti, che lui mi aveva scelto. Che ci avevano scelto. Che ero la sua delizia. Come lui era la mia perdizione e salvezza.

The secrets of a Wolf.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora