Rabbrividii.
Una brezza d'aria fredda mi pervase il corpo facendomi svegliare. Aprii piano gli occhi e trovai davanti a me la cenere del fuoco ormai spento, ci misi un secondo per rimettere in ordine le idee.
Emis non c'era dall'altra parte del fuoco, anzi la sua coperta era volata via. Lui sicuramente era entrato nella baita al caldo lasciando me fuori a morire di freddo. L'avrei sicuramente strozzato.
Un'altra ondata d'aria mi sfiorò e mi mossi per sistemarmi la coperta sulle spalle.
È stato lì che sentii un braccio avvolgermi la vita.
Mi voltai immediatamente ritrovandoci Emi dietro di me che dormiva, insensibile al vento freddo che soffiava. Gli spostai il braccio lontano dal mio corpo e al mio movimento cadde una giacca nera in pelle: la stessa che Emi indossava ieri. Era la sua.
Come aveva fatto a resistere tutta la notte con una maglietta leggera?
Mi alzai cercando di non svegliarlo. Che diavolo era successo ieri? Possibile che non ricordavo nulla? Forse mi aveva drogato o magari ubriacato contro la mia volontà!
Gli buttai la giacca sul petto per coprirlo, ma purtroppo si svegliò. Era insensibile al freddo, ma sensibile al sonno.
"Che grazia..." Borbottò ancora assonnato.
Roteai gli occhi. "La mia grazia è andata a farsi fottere un paio di anni fa."
Emi lasciò il peso del suo corpo sui gomiti appoggiati per terra. "Grazie dell'informazione." Sbadigliò poi si guardò un attimo attorno. "Cosa c'è per colazione?" Disse soffermandosi al mio sguardo.
Io alzai un sopracciglio. Faceva sul serio? "La vita di campagna non fa certo per te! Troppo abituato ad avere la pappa pronta in ogni occasione." Mi girai dandogli le spalle per poi dirigermi verso la baita.
"Ehi che insinui dire?" Mi gridò da dietro.
Dopo un attimo me lo ritrovai accanto con la giacca di pelle in mano.
"Voglio dire che sei uno sfacciato maleducato e viziato!" Urlai mentre camminavo a passo svelto presa dal nervosismo e non capii nemmeno io stessa il motivo.
Emi si piazzò di fronte a me bloccandomi la strada. "Che ti prende?" Aveva una faccia desolata e preoccupata.
"Che mi hai fatto bere ieri sera?" Pronunciando queste parole notai tutta la stupidità di quella frase e di me stessa. Come potevo incolparlo senza motivo?
Emis mi fissò un attimo perplesso, perso nel vuoto di quelle parole senza senso. "Nulla! Ti sei addormentata subito dopo essermi sdraiato accanto a te."
Che stupida! Che cretina! Come potevo essermi dimenticata così in fretta 10 ore prima?"Poi durante la notte non ho chiuso occhio e mi sono accorto che avevi iniziato a rabbrividire perciò ti ho messo la mia giacca sulle spalle, ma non è successo nient'altro."
Ah...Il suo tono di voce era così tranquillo e inoffensivo che stentavo a non credergli, io, invece, ero scesa più in basso di quanto potessi credere. "Possiamo tornare a casa perfavore?..." Mi vergognavo solo a parlare.
Lui annuì sorridendomi.
Nella prima mezz'ora di tragitto non dissi una sola parola per paura di sparare altre cazzate che potessero farmi scendere ancora più in basso. Ero talmente imbarazzata che avrei voluto sotterrarmi, non volevo più vedere Emis, solo a guardarlo dimostravo a me stessa la mia stupidità.
I miei pensieri si catapultarono in un'altra realtà, quella più concreta e odiosa. Tirai fuori il telefono dalla tasca e lo accesi. Mi ero completamente dimenticata di avvertire Guè e gli altri della mia assenza!
Come immaginavo il cellulare quasi mi si impallò in mano dovuta la continua ricezione di messaggi e chiamate perse.
Mi feci perdonare con un "sto tornando, non preoccupatevi" in risposta a Guè e lo rimisi in tasca, poi affondai la faccia nelle mani.
"Che succede?" Mi chiese.
Appoggiai la testa al sedile. "Che cogliona, che cogliona, che cogliona!"
Notai l'espressione divertita sul suo volto e mi arrabbiai. "Non c'è nulla di divertente!"
All'inizio non rispose, poi fece un mezzo sorriso. "Sì, invece. Anche tu ti metteresti a ridere guardando me mentre mi dico che sono un coglione senza che tu ne sappia il motivo."
Alzai gli occhi al cielo. "Ecco, appunto. Il motivo, il problema sei tu! Mi irriti, mi fai scendere sempre più in basso. Tra un po' mi scavo pure la tomba!"
Rise, ma non parlò.
"Era questo il tuo modo per farti perdonare?" Guardai fuori dal finestrino un attimo, poi tornai a guardare lui. "No perchè devi sapere che ha aiutato a farmi incazzare di più."
Ero crollata."Grazie del passaggio, a mai più." Uscii dall'auto sbattendo la portiera forte, quasi mi preoccupai anch'io.
Lui uscì a sua volta. "Erika!" Mi seguì.
Aumentai il passo fino a raggiungere il vialetto di casa, ma mi afferrò il polso talmemte forte da bloccarmi.
Mi divincolai e liberò la presa. "Senti Emis, le nostre strade non dovevano incontrarsi già dall'inizio, mi spiace che sia successa una cosa simile. Io ti ho già detto ciò che penso di te e se vuoi te lo ripeto pure cos..."
Lui alzò gli occhi al cielo. "Vuoi stare zitta un attimo?!" Gridò interrompendomi.
Dovevo per forza tirare fuori quei sentimenti di ribrezzo che provavo nei suoi confronti, non potevo stare zitta e quindi iniziai a contare sulle dita tutti gli aggettivi che mi venivano in mente per descriverlo. "No! Devi sapere che ti odio, che sei un egoista presuntuoso, ipocrita, stronzo e..."
Un attimo prima lo sentii sbuffare, l'attimo dopo sentii le sue labbra sulle mie, con il braccio sul fianco che mi attirava a sè.
Stranamente avrei voluto che quel momento non finisse mai.
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Scordarmi chi ero (Emis Killa and Fedez fanfiction)
Fanfiction''Ti ricordi quando mi dicevi che mi amavi? Eh? Te lo ricordi?'' Gridai sul punto di piangere. ''Non è facile dimenticare le cose che abbiamo fatto insieme! Sei stata troppo importante per me!'' ''Beh e allora perchè eri con un'altra se ero così im...