Capitolo due ~ Di interrogazioni mancate e autobus puntuali (EDIT)

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«Ora tu mi racconti tutto. E quando dico tutto, intendo proprio ogni singolo dettaglio. Sono stato chiaro?»

Di fronte a lei, Daniele Longobardi la fissava impaziente spalancando il più possibile gli occhi così celesti che Amelia, per un attimo, si ritrovò accecata.

Il suo più caro amico l'aveva assalita appena entrata in aula e aveva attirato lo sguardo curioso di alcuni compagni di classe, tant'è che Amelia aveva finito per lanciargli un'occhiataccia che pareva gridare "non dire nulla". Il suo effetto era durato il tempo di arrivare di fronte al banco, dove la frase precedente era stata un sussurro che avrebbe tanto voluto essere un urlo.

«Ti prego, Daniele, fammi almeno togliere il giubbotto.» bofonchiò lasciando cadere con un gesto la borsa per terra senza alcuna cura. Ignorò il rumore sordo che produsse e crollò sulla sedia di fronte al proprio banco dove ancora si intravedevano le formule di chimica scarabocchiate qualche giorno prima.

Lo sbadiglio le sfuggì prepotente prima che potesse coprirsi la mano con la bocca e distese leggermente le braccia per stiracchiarsi, cercando però di non mostrarlo troppo platealmente. Aveva una tremenda voglia di stropicciarsi gli occhi assonnati, che nemmeno la moka da tre era riuscita ad aprire completamente, ma aveva dovuto abbondare di correttore quella mattina per coprire le occhiaie e voleva evitare di rovinare troppo il risultato.

«Sembra che tu non abbia chiuso occhio.» commentò Daniele poggiato sul banco di fronte. I suoi riccioli castani erano più disordinati del solito, come se non avesse nemmeno tentato di sistemarli dopo essersi alzato dal letto, e anche la felpa blu pareva stropicciata. Amelia registrò quei dettagli in silenzio, distraendosi per un paio di secondi prima di rispondere.

«Non sembra. È così.»

«Per la storia di ieri?»

Il secondo sbadiglio riuscì a trattenerlo, ma non poté impedire le lacrime che spuntarono negli angoli degli occhi. Annuì.

«Ci ho messo una vita ad addormentarmi e dopo che ci sono riuscita mi sono svegliata alle quattro e mezza e a quel punto non sono più riuscita a dormire.»

La sua mente ripercorse la serata precedente in poche frammentate immagini, per poi focalizzarsi al momento in cui i tre ospiti se n'erano andati.

Margherita si era lanciata su di lei in un caloroso abbraccio, ripentendo quanto fosse una bellissima ragazza e dicendole che si sarebbero viste presto – cosa che le aveva fatto chiedere se fosse una minaccia – Michele si era invece limitato a una stretta di mano e a due baci sulle guance, sorridendole gentile e augurandole in bocca al lupo per gli studi – e là aveva seriamente rischiato di scoppiare a ridere in maniera isterica.

Il turno di Alessandro invece era arrivato con un plateale imbarazzo da parte di Amelia, che lo aveva guardato con gli occhi spalancati, incerta su come comportarsi.

Era stato lui a scegliere per entrambi: le aveva allungato la mano in un gesto cortese e gliela aveva stretta mentre Amelia pregava di non averla sudata. Il momento che l'aveva sorpresa di più, tuttavia, era quando il giovane professore si era chinato su di lei e le aveva sfiorato le guance in un apparente bacio simile a come aveva fatto il padre.

Il profumo le aveva invaso le narici in maniera così repentina che si era ritrovata a balbettare un semplice 'buona serata' mentre i tre se ne andavano.

«Tutto bene?» la voce di Daniele la richiamò dai ricordi «Hai le guance un po' rosse.»

Merda.

«Sto solo pensando alla figura di merda fatta con Angelis.» si precipitò a rispondere – perché ovviamente, appena il professore aveva varcato l'uscio di casa per andarsene, era subito tornato Angelis e non più Alessandro.

La fisica dell'attrazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora