Era l'ultimo giorno – cioè, l'ultimo giorno prima della partenza.
L'aereo per ritornare in Italia li attendeva la mattina seguente, ma nessun studente pareva volesse pensarci, preferendo gustarsi le ultime ore che li attendevano nella grande metropoli parigina.
Per Amelia la notte era passata alquanto tumultuosa: si perdeva nei ricordi del momento in cui aveva visto Daniele e Stefano baciarsi, per poi ripercorrere la conversazione con Alessandro e finire inevitabilmente a scervellarsi sul bacio a stampo che le aveva dato l'uomo – a detta sua per zittirla.
E, ovviamente, pensava a come aveva ammesso con semplicità che aveva una cotta per lui.
Perché non mi sono stata zitta?
Si deprimeva con quel triste pensiero mentre si sorbiva il proprio caffè mattutino – per quanto quella brodaglia potesse essere considerata tale – e non riusciva minimamente a concentrarsi sulla conversazione in atto tra Sofia e Anna, che dopo gli iniziali tentativi di includerla avevano capito che non ne avrebbero cavato piedi.
C'era stata una totale ammissione da parte sua – abbastanza superflua, ammetteva a se stessa, dato che era già chiaro come il sole cosa lei provasse – però allo stesso tempo le era sembrato che anche Alessandro nutrisse dei sentimenti nei suoi confronti.
Di questo ne era abbastanza sicura a causa di tutte le reazioni che il giovane uomo le aveva mostrato nel tempo, ma non aveva mai detto nulla esplicitamente e c'era sempre l'ombra del dubbio che le diceva di essere stata presa in giro – l'ansia del non essere corrisposta, ecco.
Ma poteva farci qualcosa?
No, perché, in fondo, chi ha controllo sui propri sentimenti e le proprie paranoie?
«Amelia, c'è Daniele che ti sta fissando tutto il tempo come un cane bastonato.» la informò Sofia, e questo fu sufficiente per distrarla dalle proprie paturnie.
La mora alzò lo sguardo dal proprio piatto quasi del tutto vuoto – aveva la nausea e non riusciva a mangiare, anche se sapeva che se ne sarebbe pentita una volta in giro quando avrebbe iniziato a sentirsi svenire.
Era vero, Daniele la guardava e aveva uno sguardo così mesto e depresso che le si strinse il cuore.
"Fagli sudare un po' questo perdono."
Le sarcastiche parole del prof le tornarono in mente e per questo motivo spostò lo sguardo indifferente su Sofia.
«Che lo faccia pure.» disse incolore.
Le due ragazze però presero a guardarla confuse.
«Ma cos'è successo così di grave?» chiese infine Anna – ma anche Sofia stava pensando la stessa cosa, e in effetti avevano ragione a chiederselo dopo l'improvvisa freddezza tra i due – presunti – migliori amici.
Amelia fece una smorfia.
«Diciamo che aveva un segreto piuttosto ingombrante e l'ho scoperto non nel migliore dei modi.» si limitò a dire, senza sbilanciarsi più di tanto.
Le occhiate scettiche delle due ragazze le fecero capire che non avevano comunque compreso nulla, ma la mora non aggiunse altro – era comunque qualcosa che Daniele nascondeva e per quanto fosse arrabbiata di certo non l'avrebbe detto in giro.
«Oggi andiamo all'Arco di Trionfo e alla Basilica del Sacro Cuore, giusto?» disse per cambiare argomento.
Anna e Sofia accettarono in silenzio quel nuovo discorso e annuirono.
«Sì, poi da metà pomeriggio siamo di nuovo liberi.» confermò Anna.
«Per fortuna, dato che non ho ancora preso nulla come souvenir per i miei.» borbottò Sofia.
Merda, i souvenir.
«Oddio, me ne stavo per dimenticare!» esclamò Amelia con una smorfia – se fosse tornata a mani vuote era sicura che Nicole si sarebbe messa a piangere facendola sentire una merda per tutti i giorni a venire. A dire il vero, non era ancora sicura di cosa comprarle, ma sperava che le sarebbe venuto il colpo di genio una volta in giro.
La colazione finì tra altre chiacchiere piuttosto frivole, poi tutti gli studenti salirono in camera per ultimare di prepararsi come al solito. Una volta in stanza Amelia ci mise poco a terminare di darsi una sistemata, ma quella volta attese che le due amiche fossero pronte prima di scendere con loro – non aveva voglia di incontrare qualcuno che l'avrebbe costretta a sorbirsi un bel discorso di chiarimento.
Solo, sapeva già che ben presto si sarebbe dovuta arrendere a tutto quello.
La resa arrivò puntuale alcune ore dopo, mentre era seduta a fumare una sigaretta di fronte all'Arco di Trionfo – i professori, dopo le spiegazioni sul monumento, li avevano lasciati riposare. Evidentemente anche loro erano già stanchi.
Era concentrata a rispondere ad alcuni messaggi di Nicole con cui non parlava da varie ore, complice la testa sempre tra le nuvole, quando un'ombra le si pose davanti costringendola ad alzare lo sguardo.
Ovviamente, era Daniele.
«Posso parlarti?»
Questa volta il ragazzo aveva attaccato il discorso in maniera meno aggressiva del giorno prima, e già questo pose delle migliori basi per la conversazione che stava per essere messa in piedi.
«Ok.» rispose secca Amelia – ovviamente era bravissima a fare la finta sostenuta.
Il riccio si sedette a fianco a lei e la ragazza vide Anna e Sofia che si stavano per avvicinare; notando i due uno al fianco dell'altro, però, fecero rapidamente dietro-front lanciandole un sorriso incoraggiante.
«Sono già stanco di essere arrabbiato con te. Non sopporto questa situazione.» iniziò Daniele con una smorfia depressa. Amelia lo guardò senza dire nulla, capendo che non aveva finito lì.
«So che ho sbagliato a nasconderti tutto, ma prova a capirmi... Non è una cosa che riesco a dire alla leggera. Fondamentalmente lo sa soltanto Stefano, nessun altro ne è a conoscenza. Avrei tanto voluto dirtelo ma ogni volta mi bloccavo ed entravo nel panico, avevo paura di come avresti potuto giudicarmi e così...» si interruppe, la voce leggermente strozzata.
Il silenzio tra loro era spezzato dal traffico parigino e dai compagni di classe nelle vicinanze – per fortuna, perché Amelia avrebbe odiato il silenzio che si sarebbe venuto a creare.
Nella sua testa si era già sciolta la sera prima, dopo aver parlato con il professore, ma aveva ancora un minimo di fastidio dentro di sé – un pizzico di irritazione perché, alla fine, si era sentita come se non fosse abbastanza amica e confidente per Daniele, quando alla fine lui per lei lo era stato.
Le sembrava di essere stata messa in secondo piano.
Dopo alcuni secondi in cui nessuno parlò, la mora decise di rispondere.
«Senti, Dani...» tacque un attimo, indecisa su come iniziare. Poi sbuffò spazientita – la decisione era già stata presa, in fondo «Oh, fanculo. Devo chiederti scusa anche io, sono stata abbastanza una stronza a reagire così male. In effetti, è più che normale sentirsi a disagio per una cosa del genere – mi dispiace solo che tu ti sia sentito così con me, dato che mai mi permetterei di giudicarti per una cosa del genere.» disse cercando di essere più spiccia possibile per evitare sentimentalismi che l'avrebbero messa un po' in imbarazzo. Daniele la guardò e sembrò finalmente respirare dopo tanto tempo; la fronte corrugata e dubbiosa si distese e un accenno di sorriso gli spuntò sul viso, finendo per illuminargli gli occhi azzurri.
«Però anche tu, proprio con Stefano...» frecciò la mora, decisa a metterlo in difficoltà fino all'ultimo. Daniele arrossì e si morse un labbro a disagio.
«Lo so, scusa.» bisbigliò il ragazzo.
Amelia sospirò con finta aria melodrammatica.
«Beh, ormai è andata.» tagliò corto – in fondo non aveva più voglia di parlarne, tutto quel casino si era già protratto per troppo tempo. E alla fine considerava la loro amicizia più forte di una stupidaggine del genere. Era stata già fin troppo una ragazzina a fargli una scenata come quella della sera prima.
«Però la prossima volta pensaci due volte prima di tenermi nascoste le cose!» aggiunse con aria minacciosa subito sostituita con un ghigno divertito.
Daniele scoppiò a ridere e alzò le mani.
«Tranquilla, non farò un'altra stronzata del genere.» disse, per poi guardarla con aria di sfida «Tu però non fare più la ragazzina.» frecciò ironico.
Amelia alzò gli occhi al cielo.
«Che palle, non fanno che ripetermelo tutti.» borbottò imbronciata – la sua mente traditrice l'aveva riportata a quel cubicolo di due metri per due in cui era stata rinchiusa per vari minuti la sera prima. Il ragazzo però puntò gli occhi azzurri su di lei confuso e curioso.
«E chi è l'altro?»
«Un deficiente di nostra conoscenza.» sibilò la mora facendo un vago cenno dietro il ragazzo – proprio dove Angelis era alle prese con il cellulare, per una volta ignorato da tutti.
Daniele tacque, perso tra i propri pensieri, poi tossicchiò mentre un velo di rossore gli copriva le gote.
«A questo proposito...» iniziò indeciso. Subito Amelia puntò gli occhi verso l'amico.
«Cosa?»
Daniele sorrise falso, illuminandosi di un'aria angelica proprio come se avesse fatto una grossa stronzata e si ritrovasse ad ammetterla.
«Potrei accidentalmente origliato una conversazione ieri.» disse mellifluo, spostando rapidamente lo sguardo e fingendo di osservare assorto l'Arco di Trionfo di fronte a loro – Arco che, nonostante tutto, veniva bellamente ignorato dagli studenti in seguito alle numerose foto già scattate.
Amelia ci mise poco a fare due più due e sbiancare.
«Cosa intendi?» sussurrò spaventata.
Daniele assunse un ghigno divertito – l'aura angelica era scomparsa a favore di una più perfida.
«Che un deficiente di nostra conoscenza potrebbe aver parlato al telefono incurante di qualche orecchio nelle vicinanze.» fece soave.
La mora non poté trattenere un gemito strozzato.
«Oddio, Dani...» sussurrò mentre sentiva un brivido percorrerle la schiena.
Oddio. Non voglio sapere. O forse sì. No, non posso... Ma che me ne frega!
«Dimmi tutto.» disse rapida, dopo che la sua testa, in seguito a "sì/no" durati circa dieci secondi di fila, si decise a farsi gli affari altrui incurante del rispetto della privacy.
E poi, non avevamo già parlato di quanto fosse masochista?
«Ecco...» iniziò Daniele abbassando la voce per evitare che qualcuno potesse sentire; lanciò anche un'occhiata al prof, che in quel momento era alle prese con alcuni ragazzi di un'altra classe.
«Non so esattamente chi fosse la persona con cui stava parlando, ma credo un suo amico o qualcosa del genere dato che ho sentito "Emanuele".» spiegò mentre Amelia si faceva istintivamente più vicina all'amico, strisciando i jeans sul muretto e non badando minimamente al fatto che potesse romperli «Credo che stessero battibeccando o una cosa del genere, perché sentivo Angelis mandarlo a quel paese in maniera poco delicata. Me ne stavo anche per andare dato che non erano affari miei, quando ho sentito il tuo nome.» e si interruppe per osservare la reazione dell'amica.
Amelia, a sentire quelle parole, trattenne il fiato senza quasi accorgersene. I suoi occhi si dilatarono, persi in pensieri confusi, ma riacquisì in fretta il controllo e si costrinse a fare un mezzo sorriso scanzonato.
«E quelli invece erano affari tuoi?» scherzò – ma il tono era tremolante e Daniele fece finta di nulla accettando in silenzio il suo tentativo di mascherare quell'ansia.
«Ovvio che sono affari miei. Sei mia amica.» disse irremovibile.
Amelia si risparmiò la facile battuta sul segreto che le aveva tenuto nascosto per parecchio tempo, decidendo che non aveva voglia né di battibeccare né di attendere oltre per sentire cosa le avrebbe detto l'amico.
«Cosa hai sentito poi?»
Daniele la fissò.
«Non sentivo cosa gli rispondeva l'altro tipo, quindi non ho capito tutto il discorso, ma le frasi salienti, se vogliamo metterla in questo modo, erano» si interruppe con un attimo di suspense e Amelia sentì il proprio cuore fermarsi «"Smettila di tirare sempre Amelia nel discorso, idiota", poi "Non posso farmi una studentessa", ancora "Sai che potrei finire in prigione, vero?" e infine "Per quanto mi possa piacere, ho comunque le mani legate".» concluse secco Daniele, citando le risposte con una memoria perfetta che spuntava solo in quelle occasioni – non di certo all'interrogazione, figuriamoci.
Amelia però aveva praticamente smesso di respirare, la testa ferma in due punti – uno soprattutto.
Primo: aveva parlato di lei a un suo amico.
Secondo: aveva ammesso che gli piaceva.
Conclusione?
«Credo di stare per svenire.» sussurrò cerea in volto, scioccata da una scoperta del genere – cioè, ok che aveva già il sospetto/idea/premonizione/qualsiasi cosa fosse che potesse piacergli, ma sentirselo dire in quella maniera diretta, nuda e cruda, croccante come un gambo di sedano...
«Amelia?» la chiamò l'amico.
«Daniele» disse in un altro pianeta «ho un attacco di cuore.» continuò presa da un'euforia che la stava facendo sudare e provare brividi di freddo insieme.
Il ragazzo la vide passare dal bianco cereo al rosso carminio nel giro di due secondi, per poi alzarsi di scatto come se qualcuno le avesse messo la molla.
«Non può essere vero. Cioè, perché dovrei piacergli? Insomma, sono molto più piccola di lui, sono stupida in matematica e fisica, ok, sono carina, ma poi?» iniziò a blaterare senza freno, tutto mentre il riccio si alzava a sua volta e cercava di calmarla – i vari compagni di classe avevano lanciato delle vaghe occhiate confuse alla scena, poco interessati, ma Daniele aveva visto Angelis subito girarsi in loro direzione e non era il caso che capisse di cosa stavano parlando.
«Amelia, possiamo evitare di dare spettacolo? Potrai uscire di testa quando saremo da soli.» le bisbigliò Daniele.
Ma la mora era troppo andata per dargli ascolto: iniziò a camminare da una parte all'altra, prendendo una sigaretta e accendendosela senza troppi complimenti.
«Io dico, ma perché se è così non me lo dice chiaro e tondo invece di farmi disperare come una deficiente?» considerava con scatti nervosi «Oppure potrebbe evitare di respingermi quando lo bacio – sai com'è, non è il modo migliore per dimostrare a qualcuno che gli piaci, no?» fece sarcastica, per poi voltarsi verso Daniele che la fissava tra il divertito e l'esasperato «O tutte quelle frecciatine se le potrebbe risparmiare! Però è anche una cosa che mi piace di lui, quindi non credo andrebbe bene...» terminò in un vago borbottio che il riccio non riuscì a sentire né tantomeno a seguire, motivo per il quale le si avvicinò e le prese le mani con delicatezza, costringendola a fissarlo.
«Amelia, ascoltami.» la chiamò con dolcezza. Una volta che la mora lo guardò – e i suoi occhi erano davvero grandi e da cerbiatto, in quel momento – la fissò con un sorriso colmo di dubbio «Il problema è un altro, a dire il vero. Ora che vuoi fare?»
Già, Amelia, ora che vuoi fare?
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La fisica dell'attrazione
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