Capitolo dodici ~ Di litigi e pranzi imprevisti

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Il primo giorno dopo le vacanze natalizie fa sempre schifo, Amelia lo sapeva.
Peccato che quel giorno fosse ancora peggiore del solito, dato che avrebbe dovuto vedere una persona che avrebbe preferito rimanesse a chilometri di distanza da lei.
Voglio morire, pensò entrando in classe con aria funerea.
Neanche il chiacchiericcio dei suoi compagni di classe la distrasse abbastanza, si limitò a lasciarsi andare sul banco con dei capelli che sembravano usciti da un uragano e un paio di occhiaie che emergevano nonostante il correttore.
Era stanca e nauseata.
Da quel maledetto giorno di ripetizioni non era più riuscita a dormire bene, troppo presa dalle proprie riflessioni sul pomeriggio e impegnata a torturarsi su cosa avrebbe potuto dire e non dire. Era terrorizzata dal rivederlo per questo si era categoricamente rifiutata di andare a un pranzo tra i suoi e gli Angelis – quella volta la madre non aveva insistito, sembrava aver colto qualcosa nel suo sguardo spiritato che le aveva fatto capire fosse meglio lasciarla a casa.
Era stanca anche perché aveva passato praticamente tutti i giorni a studiare. Tra italiano, storia, le lingue e quelle sempre più odiose materie scientifiche, ne stava uscendo pazza; si era concessa solo un pomeriggio di relax in compagnia di Nicole a cui, ovviamente, aveva raccontato tutto il pomeriggio per filo e per segno.
La reazione dell'amica era stata quanto mai epica e se in un primo momento sembrava volesse uccidere la mora per la sua follia, poi l'aveva guardata perfida e le aveva detto che aveva fatto bene a sputtanarlo in quella maniera.
Amelia però non si sentiva meglio, continuava a crogiolarsi nella propria disperazione senza un attimo di tregua. Il fatto che avesse compito di storia alla quarta poi non era l'ideale.
«Ciao!»
Un saluto piuttosto allegro fece sollevare lo sguardo stanco di Amelia e finì per incontrare Daniele che la guardava con un mezzo sorriso.
«Che faccia.» commentò subito dopo il ragazzo.
Non era la frase che voleva sentire, e nemmeno quell'aria spensierata le andava bene, dato che il ragazzo era praticamente sparito dalla circolazione per tutte quelle vacanze. Non gli sarebbe stata appresso, quella volta.
«Ciao. Sono solo stanca, tranquillo.» fece piatta, per poi ritornare a poggiare la testa sul banco e ignorarlo.
«...tutto bene?» fu la domanda incerta del riccio.
Amelia sorrise sarcastica nonostante l'amico non potesse vederla.
«Tutto alla grande, Daniele, sta tranquillo e pensa pure ai tuoi affari.» rispose velenosa.
Ci furono attimi di silenzio tra loro due e Amelia si concentrò sulla voce allegra di Anna a pochi banchi da lei.
«Senti, so che non mi sono fatta sentire e tutto il resto, però sai com'è, a casa...» iniziò il ragazzo a disagio, ma la giovane non gli diede il tempo di continuare a parlare.
Si alzò di scatto e lo guardò con irritazione.
«Piantala con queste scuse.» sibilò tagliente. Vide il ragazzo impallidire a quelle parole, ma dato che tacque si sentì autorizzata a continuare a parlare – anche perché la reazione dell'amico le fece capire che erano proprio "scuse".
«Non so perché sei così assente, sai che con me puoi parlare eppure non lo stai facendo. Sinceramente ho anche i miei problemi a cui pensare, quindi se devi fare l'amico solo per quando ci vediamo a scuola, risparmiati lo sforzo.» disse sferzante.
Si sentì una merda a dire quelle parole, ma non ce la faceva più a sopportare il comportamento strano dell'amico: sapeva che poteva risultare pretenziosa, ma pensava che, in qualità di amici, certi atteggiamenti non siano consentiti.
Daniele, a quelle parole, abbassò lo sguardo colpevole, in silenzio.
«Io...» iniziò traballante, la mora che lo fissava implacabile «Scusa, ho la testa altrove questo periodo.» disse solo.
«Ma va, non me n'ero accorta.» rispose sarcastica la ragazza «Posso anche capirlo, ma almeno trova scuse più decenti.» disse facendo capire chiaramente con il tono che non c'era più altro da dire.
Anche se Daniele avesse volto replicare qualcosa non ne ebbe la possibilità, il professore entrò e per Amelia fu anche peggio. Perché già era stressante avere matematica come prima ora, se poi doveva vedere Angelis era tremila volte più doloroso.
L'entrata dell'uomo portò il gelo in classe: entrò e chiuse la porta con un gesto secco, facendo particolare rumore, e poi si fermò per guardarli implacabile.
«Seduti. Il primo che fiata finisce dal preside.» ordinò con uno sguardo di ghiaccio.
Nessuno attese per assistere al concretizzarsi della minaccia: tutti corsero al proprio posto e il silenzio si fece così pesante che si sarebbe potuto quasi tagliare.
Amelia non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo verso Alessandro, riuscì solo a lanciargli una rapida occhiata e notò come il professore non la stesse minimamente guardando. Da un lato fu un sollievo anche se si rese conto del pessimo umore dell'uomo – anche perché era difficile non accorgersene per com'era entrato in classe.
«Interroghiamo.»
E segnò la fine di quattro studenti.
Ci furono gemiti di sofferenza ma appena l'uomo alzò lo sguardo minaccioso, tutti tacquero di nuovo.
«Arvati, Salvani, Devito e...» fece una pausa, continuando a scorrere con lo sguardo sull'elenco alla ricerca della quarta vittima mentre i tre già nominati si alzavano come condannati a morte.
«...Moretti, prego.»
Fanculo, bastardo di un professore.
Qualcosa le diceva che fosse un gesto di vendetta, ma alla fine avrebbe dovuto interrogarla comunque e lei aveva studiato il giorno prima proprio in vista di quella probabilità, quindi...
Solo sperava che non facesse il bastardo, anche se non ne era troppo convinta.
Si alzò quasi trascinando la sedia, prese il proprio libro e si diresse verso la cattedra affiancandosi a Erika, la sua compagna di classe che era presa dal frenetico ripasso di formule sul proprio libro.
«Salvani, chiuda quel libro.» disse secco Angelis senza neanche alzare lo sguardo dalla propria agenda, impegnato a trascrivere i nomi degli interrogati.
«Allora, Arvati...» iniziò poi il prof, alzando finalmente lo sguardo «Mi parli dei limiti notevoli.»
Il gelo scese per la classe e Amelia si trattenne dal fare una smorfia – c'era già andato pesante, chissà cosa avrebbe finito per chiederle a lei. Qualcosa le diceva che sarebbe andata anche peggio.
E così, prendendo un profondo respiro, si preparò alla sua ora.

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