Capitolo tredici ~ Di gite scolastiche e tentativi di pace

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Vi prego, basta.
Amelia quel giorno proprio non riusciva più a reggere il ritmo incessante delle lezioni che si susseguivano una dopo l'altra senza il minimo cenno di pausa.
Dopo la fine del primo quadrimestre e l'inizio del secondo, i professori sembravano decisi a non dar loro un solo attimo di respiro, costringendoli a dei salti mortali tra interrogazioni, compiti in classe, conferenze di dubbio interesse con successive relazioni e voto annesso.
Era appena iniziata la quinta ora, di tedesco giusto per renderla pesante quanto bastava, e almeno gli interrogati non comprendevano Amelia che, da quando era iniziata l'ora, stava con la testa poggiata sul banco e la disperazione negli occhi.
Finì per incrociare lo sguardo con Anna che le sorrise e non poté fare a meno di ricambiare.
Erano uscite pochi giorni prima, lei, Anna e Sofia, finendo per andare proprio in quel nuovo locale di cui avevano parlato e trovandolo quanto mai piacevole.
Era stato divertente uscire con loro, Amelia non se l'aspettava, ma era contenta di avere qualcun altro su cui contare a scuola, dato come si era messa la situazione tra lei e Daniele: si sentivano praticamente mai, qualche chiacchiera giusto in classe, ma di altro il loro rapporto era piuttosto freddo. Amelia non poteva negare di esserne dispiaciuta, ma dopo le scuse che il ragazzo le rifilava senza troppi problemi non riusciva proprio a fare finta di nulla.
Ne aveva parlato con Nicole e lei si era limitata a borbottare insulti verso il povero ragazzo – prontamente ignorati dalla mora – ma di altro non aveva saputo consigliarle granché.
Sospirò mentre chiudeva gli occhi, sempre poggiata al banco, e cercò di non pensare a quella deprimente situazione – non che poi avesse qualcosa di più allegro a cui pensare, dato che la sua testa era divisa tra Daniele, la richiesta di Tommaso, la montagna di roba da studiare e ovviamente il caro professor Angelis, che da parecchi giorni faceva finta lei non esistesse.
Stava già per entrare nel tunnel buio e senza vie di uscite che costituiva quel triste argomento, fino a quando non bussarono alla porta della classe e senza troppe cerimonie entrò una bidella.
«C'è una circolare.» bofonchiò la donna con aria annoiata e la consegnò alla prof di tedesco che, con una smorfia, si accinse a leggerla in fretta per continuare l'interrogazione – nel frattempo i poveri studenti si affrettarono a sbirciare dal libro alcune risposte.
«La segreteria informa gli studenti che...» si interruppe, leggendo tra sé «Bla bla bla, niente di importante» bofonchiò la docente a bassa voce, poi continuò «La gita di classe quest'anno è prevista per i primi di marzo, la destinazione scelta è Parigi.»
A quelle parole si alzò subito un chiacchiericcio esaltato tra i vari studenti e anche Amelia tirò su la testa dal banco interessata.
Gita scolastica a Parigi?
«L'ammontare della quota sarà confermata fra una settimana, il modulo di accettazione firmato dai vostri genitori dovrà essere consegnato entro il venti di questo mese.» continuò la docente con aria annoiata – non le andava giù che ogni volta la meta scelta non comprendesse la Germania, utile per la sua materia.
«Ragazzi, datevi una calmata.» richiamò subito all'ordine la prof «Beh, maggiori informazioni verranno date nei prossimi giorni, quindi ora si torna subito all'interrogazione.» ordinò, per poi firmare la circolare e riconsegnarla alla bidella e ringraziarla.
Ma ormai in classe chi ascoltava più? I poveri interrogati furono costretti a concentrarsi di nuovo, ma il resto degli studenti era troppo preso a chiacchierare esaltato su quella novità e così fece anche Amelia, avvicinandosi ad Anna e Sofia cercando di non essere notata dalla prof – troppo impegnata a intimidire i poveri interrogati.
«Amelia, tu vieni, vero?» chiese subito Anna con un sorriso.
«Devo chiedere ai miei ma non dovrebbero fare problemi­.» rispose la mora sorridendo a sua volta.
«Magari riusciamo a stare tutte insieme in stanza.» propose Sofia e il sorriso di Amelia si ampliò.
«Certo!»
Dopo questo si voltò verso Daniele. Il ragazzo, con una vaga aria corrucciata, era impegnato a digitare qualcosa al telefono; come richiamato poi si voltò verso la mora e Amelia subito spostò lo sguardo in imbarazzo.
Devo parlarci.

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