Il locale era affollato tanto quel che bastava da creare un allegro chiacchiericcio soffuso, ma non così tanto da coprire la musica in filodiffusione di sottofondo, ed era meglio così dato che Alessandro era sicuro di avere un principio di emicrania che se fosse andato avanti in quel modo si sarebbe trasformato in un mal di testa vero e proprio.
Lanciò un'occhiata al proprio orologio e fece una smorfia.
Idiota ritardatario.
Ovviamente non c'erano tante altre persone da meritarsi parole del genere oltre il caro Emanuele, che forse stava pensando di tirargli un bidone dato che erano passati venti minuti e ancora non si era fatto vedere.
Il fatto che non rispondesse né ai messaggi né al cellulare stava ulteriormente indispettendo il moro – ma gliel'avrebbe fatta pagare, quello era certo. Non sapeva ancora come, ma avrebbe trovato un modo.
La radio passò l'ennesima canzoncina di Natale e il moro sbuffò in automatico.
Gli piaceva il Natale, davvero, in fondo l'atmosfera natalizia era piacevole e non era uno di quegli uomini che odiavano le feste, la famiglia e tutto il resto, ma da un paio di giorni l'unica cosa che gli veniva in mente, pensando al Natale, era la strana giornata al centro commerciale vissuta con Amelia.
«Vuole qualcos'altro da bere?»
La domanda della cameriera gli fece alzare di scatto la testa e vide la giovane donna che lo fissava sorridente in attesa. Abbassò lo sguardo sul proprio bicchiere di birra rossa e notò solo in quel momento che era finita.
«Un'altra, grazie.» borbottò solo – sì, meglio bere ancora un po' per affogare quel non-sapeva-cosa sul nascere.
La cameriera si allontanò rapida per eseguire la comanda, lasciando così l'uomo nei suoi pensieri che in fretta si concentrarono su quell'ammasso di capelli ricci, sarcasmo e ironia che costituiva Amelia Moretti, la studentessa che da troppo tempo a quella parte si affacciava nella sua testa.
«Merda.» bofonchiò massaggiandosi le tempie.
Devo smetterla di pensarci. Dio santo, non sono più un ragazzino.
Era vero, non era più un ragazzino, eppure i sintomi che si affacciavano in lui erano quelli di una cotta adolescenziale che lo facevano vergognare come un ladro.
Se poi finiva per pensare a quella infausta – o almeno era così che si ostinava a definirla – serata in discoteca, tutti i ricordi annebbiati si riaffacciavano nella sua mente cercando di ricostruire gli eventi che terminavano in scene fumose che non riusciva a distinguere dalla realtà.
Aveva provato a chiederle cosa fosse effettivamente successo, ma da quello che diceva Amelia non c'era stato nulla di ché.
Allora, quel ricordo... Perché...
I suoi pensieri vennero interrotti da un bicchiere che si poggiava sul tavolo.
«Grazie.»
La parola gli uscì spontanea prima di notare quale bicchiere fosse stato effettivamente posato sul tavolo.
E di sicuro quel Martini Dry con due olive non era la sua birra rossa.
«Ciao, Ale.»
Non gli serviva guardare la persona per capire chi fosse. La conosceva bene, in fondo era stata la compagna giornaliera di un paio di anni.
Eppure, sollevare lo sguardo e vedere Eleonora che lo fissava con un sorriso pacato sul volto fu comunque una sorpresa – e non troppo piacevole, a dirla tutta.
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La fisica dell'attrazione
RomansaREVISIONE IN CORSO (potete trovare la versione non editata su EFP) 1 -- editato 2 -- editato 3 -- editato 4 -- editato 5 -- editato STORIA COMPLETA STORIA PRESENTE ANCHE SU EFP - AUTRICE Sapphire_ Tutti abbiamo un professore che odiamo in particolar...