Amelia aprì gli occhi nel semibuio della sua cameretta – odiava dormire con l'oscurità totale, motivo per il quale si lasciava sempre le tapparelle sollevate di qualche centimetro per far sì che filtrasse un po' di luce.
Il suo primo pensiero, quel venticinque di marzo, così come tutti i venticinque marzo di tutti gli anni, fu solo uno.
Buon compleanno a me.
Il sorrisino le sfuggì inconsapevole nel volto ancora tirato dalla stanchezza, ma quel giorno il sonno non la tormentò più di tanto. Il giorno del suo compleanno si sentiva sempre inspiegabilmente felice – quello era il suo giorno speciale e anche alzarsi dal letto per andare a scuola non le pesava troppo.
«Tesoro...»
La voce di Serena arrivò in concomitanza con la porta che si apriva leggera e altra luce – questa volta del corridoio – arrivò per rischiarare ulteriormente la stanza, finendo per ferire di un poco gli occhi ancora poco abituati di Amelia.
Appena si abituò alla luce vide la madre entrare nella stanza, tra le mani un vassoio con la colazione già anticipata dall'invitante profumo di caffè, quello che sembrava cioccolato, e altri aromi dolci che le fecero immediatamente venire fame; si sollevò dalle coperte rapida, il viso che le si spalancava in un sorriso.
«Mamma!»
«Buon compleanno, amore.» tubò la madre poggiando il vassoio sul letto, rivelando la colazione "speciale": caffè, torta al cioccolato, un vassoio di macedonia fresca e anche un pacchettino involto in una carta da regalo luccicante e rossa.
Era sempre stato così: ogni anno, il giorno del suo compleanno, la madre le portava la colazione per darle un risveglio ancora migliore – e durante il giorno trovava sempre il modo per viziarla più o meno.
«Oddio, grazie!» le parole le sfuggirono ancora con il tono da addormentata anche se il suo cervello era sempre più attivo, e i suoi occhi puntarono immediatamente il pacchetto incartato come un falco con la preda.
Attimi di silenzio in cui Amelia alzò gli occhi verso la madre, lo sguardo colpevole.
«Posso aprirlo subito?»
«E lo chiedi pure?»
Non ci fu bisogno di ulteriori conferme: la mora si allungò per prendere il pacchetto, la colazione ancora al suo posto, e in fretta e furia lo scartò rivelando un pacchetto di gioielleria che aprì senza troppi convenevoli.
Al suo interno un ciondolo a forma di fiore luccicava grazie al brillante incastonato, la catenina accuratamente posizionata intorno fatta d'argento. Non era un gioiello troppo elaborato o appariscente, ma Amelia già lo adorava: semplice, luccicante, e poi era un regalo di sua mamma.
«È anche da parte di papà, oggi doveva andare a lavoro prima e non ha potuto aspettare per farti gli auguri.»
...e anche di papà, si corresse nella sua testa.
«Va bene comunque, lo vedrò quando torno da scuola.» si affrettò a rispondere la ragazza, per poi alzare lo sguardo verso Serena «Grazie mille mamma, è bellissimo!»
Serena le sorrise dolce – il classico sguardo di una madre di fronte alla propria "bambina", perché per i genitori tutti i figli rimangono bambini, anche quando sposati e con prole al seguito.
«Sono contenta che ti piaccia.»
Amelia si sporse poi verso la donna e l'abbracciò – affondò il naso nei capelli profumati e morbidi e le bastò questo per ritornare una bambina di otto anni durante il giorno del proprio compleanno, priva di preoccupazioni se non quello di invitare tutti i compagnetti alla propria festa.
«Ora però fai colazione e preparati, ti accompagno io a scuola, ma non fare tardi comunque!» disse la madre con un sorriso e una carezza tra i capelli; poi si alzò e si avvicinò alla porta.
«Spero ti piaccia la torta.»
«È la mia preferita, come non potrebbe?»
E si tuffò nel proprio personale vassoio.
«Amelia!»
Un urlo e, senza capire l'esatta dinamica dell'azione, la giovane si ritrovò catapultata addosso al proprio banco su cui aveva appena poggiato la borsa e il corpo stretto tra le braccia di Daniele.
«Dani, vuoi uccidermi già a quest'ora?» mugugnò Amelia divertita.
Il ragazzo la ignorò platealmente per darle un bacio tra i capelli e uno sulla guancia.
«Auguri principessa!»
Amelia scoppiò a ridere e abbracciò di rimando il proprio amico.
«Grazie!»
«Ame, auguri!»
Questa volta ad avvicinarsi furono Anna e Sofia che, in maniera più composta rispetto a Daniele, si sporsero per abbracciarla con un sorriso. Le strinse a sua volta e si lasciò strapazzare per gli auguri.
«Beh, per stasera è tutto a posto?» chiese Sofia.
Amelia annuì.
«Sì, assolutamente. Fatevi lasciare a casa mia per le sei, poi da lì prendiamo la macchina di Stefano e verrà anche l'amico dei miei genitori per portarci al cottage.» riassunse rapida Amelia.
Istintivamente, lanciò uno sguardo a Daniele che ricambiò a sua volta l'occhiata con un vago riconoscimento negli occhi – in teoria non era in programma invitare anche Stefano, ma poi aveva finito per pensare che a Daniele avrebbe fatto piacere averlo con sé e, in fondo, erano tornati abbastanza amici da poterlo invitare al compleanno senza imbarazzi vari. Oltre a loro due aveva chiamato anche Anna e Sofia più, ovviamente Nicole e, giusto per non fare differenze, Tommaso che si era rivelato entusiasta di partecipare.
C'era solo un piccolo dettaglio che aveva evitato di dire ad Anna, Sofia e Stefano: che la casa in cui sarebbero andati era sì di amici di famiglia, ma tali amici di famiglia erano i genitori del caro professor Angelis.
Si morse un labbro al pensiero, sentendosi un poco colpevole per quella piccola bugia: aveva preferito non suscitare polveroni e confidava che nessuno se ne sarebbe accorto dato che, a portali al cottage, sarebbe stato Michele con la sua macchina – più Stefano che aveva gentilmente offerto la sua perché, altrimenti, non ci sarebbero stati in una sola. Ne aveva parlato sia con Daniele che con Nicole, e seppur con qualche dubbio avevano appoggiato la sua scelta di tacere su quel dettaglio.
«Non vedo l'ora, non sono mai stata in un cottage in montagna!» intervenne Anna entusiasta.
Amelia ritornò al presente grazie a quella frase.
«Nemmeno io, non l'ho ancora visto a dire il vero, ma mi hanno assicurato che è abbastanza grande per tutti.» spiegò con un sorriso «Volevo però chiedervi di prestare un po' attenzione una volta lì, capite che non è casa mia.» aggiunse con una punta di imbarazzo.
Anche perché sarebbe parecchio imbarazzante fare casino dato che Alessandro lo scoprirebbe senza alcun dubbio... e la situazione sarebbe ancora peggiore di quanto non è ora, aggiunse nella sua mente – mantenne però un sorriso pacato, facendo finta che quei pensieri non la stessero cogliendo in quel preciso istante.
«Assolutamente Ame, non devi preoccuparti!» si affrettò a rispondere Sofia.
«Perfetto allora!»
Non ci fu altro tempo per perdersi in chiacchiere: la prof di italiano entrò un secondo dopo, intimando in maniera sgarbata di sedersi – evidentemente aveva una brutta giornata, si prevedeva una triste ora di lezione.
Ma non mi importa, oggi sarà una serata fantastica.
E non aveva ancora idea di quanto sarebbe stata incredibile...
«Tu dici che va bene?» pausa e un'altra occhiata allo specchio.
«Ti ho già detto di sì.»
«Sicura? Non vorrei essere troppo elegante, è solo una festicciola informale.»
Amelia osservò ancora un po' il proprio vestito rosa cipria, dalla linea semplice e lo scollo tondo, le maniche lunghe con un leggerissimo pizzo a decorarlo; era lungo quasi fino al ginocchio, niente di troppo esagerato.
«Tranquilla Ame, è la tua festa di compleanno, va bene vestirsi più carine.» rispose Nicole seduta sul letto della mora e sbocconcellando delle patatine.
Erano le cinque e mezza e Nicole era lì già da varie ore – a dire il vero aveva direttamente pranzato a casa dell'amica, giusto per non rischiare di fare tardi e anche per aiutarla a scegliere l'abito adatto. A differenza dell'amica aveva optato per dei jeans e una camicetta con volant verde scuro.
«Se lo dici tu...» capitolò infine la mora, troppo stanca per continuare a scervellarsi se l'abito fosse adatto o no – alla fine era il suo compleanno, poteva permettersi di indossare qualcosa di diverso dal solito.
Per qualche minuto nessuna delle due ragazze parlò, Amelia troppo concentrata a trovare degli eventuali sbavi nel trucco, Nicole presa ad osservare la mora con lo sguardo un po' perso.
«Mi fai paura quando mi osservi così.» disse infine la festeggiata, notando già da un po' lo sguardo dell'amica attraverso il riflesso dello specchio.
«Scusa, ero persa nei miei pensieri!»
A quel punto la mora si voltò e, incrociando le braccia, fissò l'amica.
«Avanti, dimmi.»
Nicole fece un sorriso sbarazzino.
«Dirti cosa?»
«Non so, quello a cui stai pensando. Deve tormentarti parecchio se sei così silenziosa.»
Nicole sospirò e, dopo aver abbandonato la ciotola di patatine sul letto, finì per distendersi su di esso.
«Non ho nulla da dire in particolare, a dire il vero. Solo che non so, ho questa strana sensazione riguardo oggi.» disse semplicemente.
Amelia si avvicinò all'amica e si sedette a sua volta nel letto.
«Buona o brutta?»
«Nulla di che, a dire il vero. Non so, te l'ho detto. Anzi, mi sento una scema a dirtelo in questo modo.» bofonchiò con una smorfia la castana, consapevole di risultare confusa.
Amelia tacque.
«Mi stai facendo venire l'ansia.» ammise a un certo punto. Nicole si rizzò dal letto nel giro di un secondo, gli occhi spalancati dalla preoccupazione.
«Oddio, non era mia intenzione! Scusa, è solo una cosa che ho in testa, ma non so perché! Di sicuro andrà bene, tranquilla.» si affrettò a rispondere per poi poggiare una mano sulla spalla dell'altra.
Amelia la guardò di sottecchi.
«Sicura?»
«Assolutamente, te lo prometto.» pronunciò queste parole con un tono autorevole che fece scoppiare a ridere la mora «E poi, anche se dovesse succedere qualcosa, tranquilla che ci penso io!» aggiunse la castana.
Amelia si limitò a scuotere la testa con ancora un accenno di risa. Non ci fu tempo per aggiungere altro, perché un attimo dopo bussarono alla porta e, senza neanche aspettare un "avanti", essa si aprì rivelando Serena – ah, la cara mamma, quando avrebbe capito che bussare è inutile se non si aspetta la risposta?
«Ragazze, sono arrivati Daniele e altri due ragazzi.» comunicò.
Amelia si illuminò in un sorriso e si alzò di scatto dal letto – Nicole, del canto suo, sollevò gli occhi al cielo per un attimo ma poi sorrise a sua volta.
«Scendiamo subito!»
Rapidamente, ognuna delle due prese la propria borsa per poi scendere al piano di sotto; lì, seduti sul divano – chi con più nonchalance chi con meno – stavano i tre giovani, già attorniati dalle premure di Serena che insisteva a chiedere se avessero bisogno di qualcosa.
«No, grazie signora.» diceva proprio in quel momento Stefano con un sorriso educato – Amelia, vedendolo, ringraziò che sua madre non fosse a conoscenza di chi fosse esattamente quel ragazzo (e non il fidanzato di Daniele, bensì una sua vecchia cotta), perché se no sarebbe stato tutto parecchio imbarazzante conoscendo la cara Serena.
«Ragazzi, siete in anticipo!» fece la mora avvicinandosi per salutarli.
«Scusa, pensavamo ci avremmo messo di più a rifornire e ad arrivare qui, invece abbiamo fatto piuttosto in fretta.» spiegò Stefano con un sorriso di scuse, gli occhi castani con una punta di imbarazzo addosso.
Tommaso, in un angolo e in silenzio, sembrava un po' più a disagio degli altri dato che non li conosceva – subito però si avvicinò a Nicole che gli sorrise morbida.
«Tranquillo, non è un problema. Tanto siamo pronte.» affermò scrollando le spalle Amelia, per poi ricordarsi che non si conoscevano tutti tra di loro.
«Oddio, mi stavo dimenticando che voi non vi conoscete! Nicole, lui è Stefano, un compagno di scuola. Stefano, lei è Nicole, la mia migliore amica e lui è Tommaso, il suo ragazzo.» spiegò rapida, osservando i tre stringersi la mano e dire "piacere".
Non disse nessun "lui è il ragazzo di Daniele" perché, a essere sinceri, Nicole non era a conoscenza dell'omosessualità dell'amico; aveva preferito non dirglielo perché pensava che fosse una cosa privata del ragazzo e non voleva essere lei a rivelarlo in quel modo – oltretutto, Daniele non aveva neanche fatto propriamente coming out, quindi non sarebbe stato il caso. Non ultimo di importanza, c'era un piccolo dettaglio: Daniele le aveva chiesto di non rivelarlo a nessuno e avendoglielo promesso non poteva tradirlo in quella maniera. Nicole era sì la sua migliore amica, ma quelli erano fatti di Daniele e non di altri.
«Gli altri?» intervenne a quel punto Daniele, che aveva appena bofonchiato "ciao" a Nicole senza perdersi in altri convenevoli – Nicole aveva ricambiato la gentilezza.
«Anna e Sofia arriveranno per le sei suppongo.» rispose Amelia ignorando lo scambio poco amichevole tra i suoi due più cari amici; guardò poi l'orologio «Fra un quarto d'ora circa, quindi.»
Non fece in tempo a finire di dire quelle parole che il campanello risuonò nel salotto.
«O forse sono arrivate già adesso.» disse ironica.
«Vado io!» urlò alla madre che già si stava precipitando ad aprire la porta – era tutto il giorno una trottola che non si fermava, preoccupandosi del cibo, delle bevande, di qualsiasi cosa avrebbe dovuto portare Amelia al cottage.
Aprì la porta in uno scatto, il sorriso stampato in volto – era il suo compleanno! – e proprio quel sorriso le morì in volto due secondi dopo.
«...che ci fai tu qui?»
Nicole aveva ragione a dire "ho una strana sensazione". D'altronde, ci aveva sempre visto più lungo di lei, anche se ad Amelia non piaceva ammetterlo. Nonostante ciò, anche in quella situazione la sua migliore amica aveva visto correttamente: sarebbe successo qualcosa.
Anzi, quel qualcosa era già successo dato che si ritrovava Alessandro Angelis di fronte alla propria porta, la testa china in un moto di imbarazzo e disagio, la bocca stretta in una linea rigida di disapprovazione e gli occhi freddi come il metallo.
Proprio quegli occhi però si sciolsero per qualche attimo al vederla, finendo per percorrere il suo corpo con delicatezza e tepore – ma fecero venire un leggero brivido alla ragazza, che si accorse chiaramente di quello sguardo.
«Ciao.»
Infine, il giovane parlò – ma non era la risposta che Amelia voleva, nonostante le fu utile per accorgersi la propria mancanza di educazione nell'averlo apostrofato in maniera davvero poco gentile.
Comunque fosse, non riuscì ad aggiungere altro oltre a quella domanda che le era uscita spontanea; a quel punto Alessandro dovette comprendere di dover rispondere.
«Mio padre ha avuto un imprevisto e non può accompagnarvi, mia madre adesso lavora. Hanno mandato me per portarvi al cottage.» spiegò rapidamente.
Nonostante la spiegazione, Amelia proprio non riuscì a spostarsi dalla porta per farlo passare. Non riuscì a comportarsi normalmente, perché dentro di sé era come sempre un tumulto di emozioni a cui non riusciva a dare un nome o un ordine. Continuava a essere una statua di sale e non poteva impedirselo – non poteva impedirsi di tacere e svegliarsi dallo stato di trance in cui era caduta.
«Ame, quanto ci metti?»
La voce di Nicole fu quello che le serviva per risvegliarsi e si volse istintivamente verso il corridoio, trovando l'amica che si era bloccata a sua volta resasi conto di chi ci fosse.
«Nicky...» finì per bisbigliare Amelia.
L'amica dovette rendersi conto dei fanali che in quel momento la mora aveva al posto degli occhi, perché si affrettò a prendere in mano la situazione al suo posto.
«Guarda chi si rivede. Che ci fai qui?»
Il tono fu immediatamente aggressivo e a quelle parole Alessandro divenne ancora più rigido.
«Come stavo dicendo ad Amelia» sentendo il proprio nome, la mora si fece ancora più piccola «mio padre ha avuto un problema e mi ha chiesto di venire al suo posto per portarvi al cottage.»
«Che fortuna.»
Nicole non tentò minimamente di nascondere il tono grondante di sarcasmo in quella frase che le era sfuggita prima di potersi frenare, si limitò a fare un finto sorriso di cortesia e a rimanere nel corridoio a braccia incrociate, gli occhi che lanciavano lampi di odio.
Avanti Ame, svegliati.
Dentro di sé, la mora cercava di farsi forza – non poteva stare lì zitta senza far nulla! Oltretutto ora ci sarebbe stato l'imbarazzante teatrino in cui avrebbe dovuto spiegare a Stefano perché il loro caro prof di matematica e fisica era lì a casa sua. L'avrebbe dovuto spiegare anche ad Anna e Sofia, che imbarazzo!
«Sarebbe meglio che entri, allora.» finì per dire, spostandosi da un lato per farlo passare.
Alessandro non disse nulla, fece solo un cenno con la testa prima di entrar bofonchiando un vago "permesso" di cortesia. Si diresse poi in salotto anche solo prima che Amelia potesse fargli strada – la disgrazia era già annunciata se si comportava in quel modo.
La mora si affrettò a seguirlo insieme a Nicole.
«Aspetta!»
Troppo tardi: era già entrato nel salotto e sia Daniele che, soprattutto, Stefano, si erano zittiti all'improvviso scioccati.
«...prof?»
Stefano fu il primo a parlare – Daniele era corso a guardare Amelia, immobile e cerea dietro l'adulto che teneva le mani in tasca e sembrava volesse essere in qualsiasi altro posto rispetto a lì, anche se c'era da ammettere che mostrava una certa nonchalance in tutto quello.
«Martini.» fu la loquace risposta di Alessandro in direzione di Stefano, che proprio non riusciva a risvegliarsi dalla semi-trance in cui era caduto.
«Professore.» disse Daniele a quel punto – lui si lasciò andare anche in un sorriso gentile, già sapendo il motivo per cui il professore si sarebbe potuto trovare lì.
A quel punto però, Amelia si sentì obbligata a spiegare, ma prima che potesse anche solo intavolare una conversazione il campanello suonò nuovamente – e questa volta potevano essere solo Anna e Sofia.
La ragazza corse alla porta – fai in fretta, fai in fretta – e aprì rapida, trovandosi le due ragazze allegre e sorridenti.
«Ehi Ame! Non saremo arrivate troppo in anticipo, vero?» disse subito Sofia.
Amelia si costrinse a sorridere.
«No, non preoccupatevi, siete in perfetto orario.» disse rapida, poi si lanciò uno sguardo alle spalle e si rivoltò di nuovo verso le altre, questa volta senza nascondere l'aria ansiosa «Sentite, so che adesso vi sembrerà una situazione un po' strana, però comportatevi normalmente, ok?» disse mangiandosi le parole, poi si spostò per farle entrare.
Le due ragazze le rivolsero un'occhiata confusa.
«Cosa intendi?»
«Capirete.» rispose solo.
Fece loro strada fino al salotto e quel punto le altre due non ebbero nulla da aggiungere: trovarsi di fronte Angelis fu uno spavento abbastanza grande da lasciarle senza parole.
In quei pochi istanti di generale silenzio, Amelia si permise di osservare la situazione e morire dentro.
Era nel proprio salotto, con i suoi migliori amici e compagni di scuola, pronta per festeggiare il suo diciannovesimo compleanno. Doveva essere una serata perfetta, fantastica e senza preoccupazioni, e invece chi c'era a rovinare quel bel quadretto? – l'unico che si salvava, in tutto quello, era Tommaso e ringraziava il cielo almeno per quello.
Lo scopriranno. Scopriranno che c'è qualcosa che non va tra me e lui. Sarà un casino.
Doveva fare come se nulla fosse, doveva mostrare la cosa com'era veramente: ovvero una semplice coincidenza tra amici di famiglia.
No, non è solo una coincidenza. Non tutto questo.
Sentì la mano di Nicole correrle sulla schiena – un invito a fare qualcosa, a non tacere in quella maniera di fronte alla situazione che si faceva ogni secondo più imbarazzante.
«Ragazzi, so che la cosa sembra parecchio strana...»
Finalmente parlò e sentì la propria voce acuta e stridula – fece un risolino che suonò parecchio isterico e Nicole le si avvicinò ulteriormente.
«Però, ecco, prima che ci possano essere fraintendimenti o cose del genere» e lì si bloccò perché poté chiaramente percepire l'occhiata più che scettica di Alessandro, che la perforò in un modo tale da sentirsi trafitta da una spada «il prof è figlio di quegli amici di famiglia che mi hanno prestato il cottage per la festa.» tacque, guardando le reazioni degli amici.
Nessuno parlava, tutti – esclusi Nicole e Daniele, che già conoscevano la situazione – si guardavano tra di loro in silenzio e con un lieve disagio addosso.
«Quindi, ecco, direi...» si interruppe, non sapendo più come continuare.
Sentiva il disagio e l'ansia serpeggiarle addosso – le mani erano sudate, il cuore le sembrava rimbombare nelle orecchie e voleva solo fuggire da lì. Peccato non potesse.
«Quello che Amelia sta dicendo...»
Qualcuno parlò, e di certo la mora non si aspettava fosse proprio Alessandro a prendere in mano la situazione. Si girò verso di lui e lo vide assumere un sorriso tiepido, più informale, più leggero – il sorriso che si usa per mettere qualcuno a proprio agio.
«...è che in questo momento evitiamo imbarazzi del genere "sono il vostro professore". Per una serie di coincidenze i nostri genitori si conoscono e fuori dalla scuola, in una circostanza del genere, mantenere i toni formali sarebbe peggio per tutti, quindi fate finta di nulla e chiamatemi Alessandro, ok?»
Le parole del prof ebbero il potere di sollevare di un poco la cappa di disagio generale che si era creata e Amelia non poté che sentirsi grata in quel momento per averla aiutata. Si permise di osservarlo, di vederlo in quella giacca casual che ormai riconosceva addosso a lui quando erano fuori da scuola; i capelli leggermente in disordine, lo sguardo rilassato, il sorriso accennato.
Tutti sembrarono stupiti di notarlo in quelle vesti, ma la mora sapeva quanto fosse in grado di mettere a proprio agio, se solo lo avesse voluto – purtroppo lei era una categoria a parte per colpa di quella stupida cotta che aveva.
«Va bene... Alessandro?»
Stefano parlò e il tono interrogativo che utilizzò con il nome del prof fece ridacchiare più o meno tutti e sollevare gli occhi al cielo proprio al prof, il cui sorriso divenne il ghigno che Amelia tanto adorava.
«Anche senza il punto di domanda, Stefano.» lo prese in giro.
A quel punto l'atmosfera tesa sembrò essersi sciolta abbastanza ma Amelia fu comunque grata della comparsa di Serena che, proveniente dalla cucina, riconobbe l'uomo e l'osservò stupita.
«Alessandro? Che ci fai qui, non doveva venire Michele?»
«Mio padre ha avuto alcuni problemi e ha mandato me, spero non sia un problema.» fu la pronta e cortese risposta dell'uomo, data mentre Serena si sporgeva per dargli due baci sulla guancia.
«Certo che non è un problema, solo non me l'aspettavo!» rispose a sua volta la donna – poi si voltò verso i ragazzi con un luminoso sorriso «Beh, vedo che ci siete tutti! Io ho tutto pronto, se volete potete anche andare!»
Dopo cenni di assenso generale, tutti iniziarono a uscire, tranne Amelia e Nicole che aiutarono Serena a prendere le cose dalla cucina e anche Alessandro, che si offrì volontario per aiutarle.
Fuori di casa Amelia riconobbe al volo la macchina dell'uomo – il ricordo delle poche volte in cui aveva finito per salirci le venne in mente e proprio non riuscì a togliersi dalla testa il bacio scambiato quella sera di San Valentino.
«Tutto bene? Stai arrossendo.»
Il bisbiglio di Nicole la fece sobbalzare e arrossire ancora di più.
«Sì, sì, tranquilla.» si affrettò a rispondere – non era per nasconderle i propri pensieri, più che altro non voleva rischiare che qualcuno sentisse qualcosa.
Dopo aver aiutato la madre a dividere le varie cose tra le due macchine, però, si bloccò incerta proprio tra le due auto.
Merda.
E ora? Dove cavolo saliva?
La sua intenzione era stata, in teoria, quella di andare con Michele: era l'unica che lo conosceva e inoltre a lei doveva affidare le chiavi e il resto, comunque fosse aveva pensato fosse il caso di andare con lui. Sempre nella sua testa, aveva pensato di dividere i propri amici così: Daniele sarebbe andato ovviamente con Stefano, e dato che Nicole e Daniele non andavano d'accordo, lei e Tommaso sarebbero andati con lei e (in teoria) Michele, mentre Anna e Sofia con Stefano e Daniele.
Peccato che ora quello schema andava felicemente al cesso, dato che non moriva dalla voglia di farsi un viaggio di un'ora e mezza a fianco di Alessandro – anzi, a dire il vero moriva dalla voglia, ed era proprio quello il problema!
Dio, perché mi vuoi così male? Cosa ho fatto per meritarmi questo il giorno del mio compleanno?
Mentre dentro la sua testa piagnucolava, Nicole intervenne per riprendere in mano la situazione – si vedeva che leggeva dentro la testa dell'amica, avrebbero dovuto farla santa per tutto quello che stava facendo.
«Beh, quindi, direi che possiamo andare, no?» annunciò la castana, e dicendo questo tirò praticamente Amelia verso l'auto di Stefano, già davanti all'anta del guidatore. Prima che potessero però entrare però Anna si lanciò per fermare la mora per un braccio.
«Ame...» la ragazza sussurrò a disagio «Ti dispiacerebbe se andassimo noi con Daniele? Non credo sarei a mio agio con Angelis in macchina.»
No. Ti prego, no.
Amelia tacque, incapace di dire qualcosa. Nicole era già sul punto di sbottare – e che palle, le stavano rovinando i piani! – quando la mora decise di svegliarsi.
«Ok, nessun problema.»
La castana le lanciò un'occhiataccia – io mi impegno per te e tu mi aiuti così? – ma notò lo sguardo di Amelia e non poté fare altro che arrendersi. Perché per quanto sarebbe stata una tortura, la mora voleva passare del tempo con Alessandro. Anche se sarebbe stato orribile e fantastico allo stesso tempo.
E dato che non c'è limite al masochismo – di cui Amelia è un esempio – la ragazza finì per sedersi davanti, al fianco del posto del guidatore, mentre dietro si sedevano Nicole e Tommaso in silenzio.
Ci furono alcuni minuti di attesa, in cui Alessandro spiegò più o meno a Stefano la zona in cui si sarebbero diretti – osservare l'espressione seria e a disagio del ragazzo era impagabile, tutto il contrario di Alessandro che sembrava perfettamente a suo agio in quella situazione – e anche nei quali Serena si dilungò nelle solite raccomandazioni ad Amelia, che annuiva con aria convinta e lo sguardo perso altrove.
«So che è un suicidio questa situazione, però aiutami, ok?» il bisbiglio tremolante della mora arrivò alle orecchie di Nicole che le lanciò uno sguardo accigliato.
«Ovvio, per chi mi hai preso?» poi si voltò verso Tommaso che aveva assistito alla scena con la confusione stampata in volto – non aveva la minima idea di che cosa stesse succedendo «Tu dammi corda in qualsiasi caso senza fare domande, ok? È una missione di salvataggio, questa.» il tono suonò secco e assolutamente serio nella bocca di Nicole e mentre il ragazzo annuiva – non che potesse fare altro, d'altronde – la mora finì per andare a sedersi davanti.
Un minuto dopo la portiera si aprì e Alessandro entrò in auto.
Com'è che fa così caldo qui dentro?
La gola era secca e sentiva la giacca di troppo; non riusciva a trovare una posizione comoda – era come se qualcuno avesse messo delle puntine nel sedile.
«La cintura.»
La voce secca di Alessandro la fece scattare come un coniglietto spaventato e lo guardò terrorizzata.
«Eh?»
La solita occhiata scettica del moro la fece sentire ancora più a disagio.
«La cintura, ho detto.»
Amelia non poté fare altro che chinare la testa e fare come le era stato suggerito implicitamente.
«Magari senza quel tono da bastardo, che ne dici?»
Nicole intervenne con voce soffice dai sedili posteriori e Alessandro la osservò dallo specchietto retrovisore senza rispondere – c'erano due dialoghi in quella situazione. Uno apparante e l'altro fatto di insulti e offese che si scambiavano mentalmente Nicole e il professore, mentre Amelia cercava di non peggiorare la situazione. Tommaso poteva coglierne solo uno, per sua (s)fortuna.
In un certo modo, era assurdo la nonchalance con cui Nicole parlava al prof. Certo, non era nessuno per lei, solo l'uomo che aveva spezzato il cuore alla propria migliore amica – però altre persone si sarebbero comunque trattenute dal rispondere in quel modo a un adulto e, soprattutto, a un professore.
Per fortuna c'è lei, pensò sollevata Amelia, ma si premurò comunque di lanciarle un'occhiataccia per rimproverarla delle parole usate – un po' di educazione, se no si passa dalla parte del torto! – sguardo che la castana evitò con abilità consumata.
Il tragitto in auto fu incredibilmente silenzioso, perlomeno in un primo momento. Il velo di imbarazzo permeava l'interno dell'auto in una maniera quasi appiccicosa – come sudore in un'assolata e umida giornata di luglio – e Amelia sentì la fastidiosa necessità di lavarsi le mani senza un motivo apparente; come un modo per levarsi l'ansia di dosso.
Per fortuna, dopo dieci minuti di tragitto, Nicole intervenne e si mise a chiacchierare del più o del meno, sotterrando per il momento l'ascia di guerra puntata contro il professore – chiacchiere che coinvolgevano Tommaso e Amelia, ma non di certo Alessandro che però non sembrava particolarmente in vena di chiacchiere. Anzi, ad Amelia parve che fosse infastidito anche solo per quel basso cicaleccio – o almeno era quello che aveva capito nel breve momento in cui si era azzardata a lanciare uno sguardo in sua direzione. Aveva trovato il bel viso corrucciato e cupo, la bocca stretta in una linea retta, le braccia e le mani tese sul volante.
Dentro di sé sospirò.
Ormai avrebbe dovuto essere abituata alle situazioni assurde in cui si ritrovava invischiata, eppure ogni giorno che passava la sua vita assumeva sempre di più le sfumature di una commedia tragicomica. Tragica per lei, comica per tutti gli altri.
«Quindi lei è il professore di Amelia?»
La domanda di Tommaso emerse nel discorso creando un'atmosfera di gelo.
Gelo che si diramò così in fretta che Amelia divenne tanto bianca da sembrare precipitata in ipotermia.
Dopo la domanda fu il turno di uno schiocco secco e un gemito di dolore che non fu represso in tempo.
«Sì.»
La risposta secca di Alessandro giunse dopo questi attimi di breve confusione mentre Amelia dava un'occhiata nei sedili posteriori con lo specchietto retrovisore – specchietto che le restituì la visione di Nicole che sibilava qualcosa al ragazzo con aria alquanto minacciosa.
Dopo quella disastrosa domanda Tommaso non si azzardò più a proferire parola, optando per un molto più dignitoso silenzio, e stranamente anche Nicole si zittì, presa da qualcosa al cellulare. Ad Amelia non passava nemmeno per l'anticamera del cervello di intavolare una conversazione, e Alessandro fingeva di essere così concentrato a guidare da non avere il tempo neanche di voltarsi per un momento.
Si preannuncia proprio un compleanno fantastico.
Il tragitto sembrò molto più lungo di come fu davvero, ma la sensazione di imbarazzo, disagio e gelo non venne minimamente scalfita da alcunché, motivo per il quale il resto del percorso proseguì in silenzio.
Quando, dopo una stretta stradina in montagna, si iniziò a vedere un grazioso cottage in legno, Amelia non poté fare a meno di tirare un sospiro di sollievo – si accorse troppo tardi di essere stata fin troppo rumorosa in quel gesto, dato che si accorse dell'occhiata obliqua che ricevette dall'uomo alla guida.
Lanciò un'occhiata nervosa al telefono: erano le sette e mezza, doveva resistere solo un altro po' e a quel punto sarebbe stata da sola, con i suoi amici, senza di lui.
Sentì la macchina che frenava sulla terra mischiata a sassolini ed erba, un lieve polverone si sollevò attorno a loro e mentre Alessandro accostava e spegneva la macchina si udì l'auto di Stefano giungere dietro di loro e fermarsi.
Amelia non ci pensò un secondo: al volo si slacciò la cintura e si lanciò fuori dall'auto, ignorando la polvere che la fece in un primo momento tossire e lacrimare gli occhi truccati su cui aveva impiegato quasi tutto il pomeriggio. Dietro di lei sentì Nicole e Tommaso seguirla con più calma, e infine anche Alessandro scese dall'auto.
Voglio una sigaretta, pensò nervosa.
«Ma questo posto è favoloso!»
La voce trillante di Anna la svegliò dai pensieri cupi e ansiosi che l'avevano avvolta e si voltò rapida verso il cottage – perché, in effetti, era così presa dall'ansia che non l'aveva nemmeno guardato.
Non poté evitare di spalancare un po' la bocca presa dalla sorpresa.
Il cottage era assolutamente incantevole: organizzato su due piani, totalmente in legno scuro, oltre a estendersi in altezza lo faceva anche in larghezza, dando l'idea fosse parecchio grande. Varie finestre non mostravano l'interno a causa di tende bianche che oscuravano la vista e le pareti esterne in cui erano incastonate erano parzialmente ricoperte di edera rampicante che dava il giusto tocco di colore in una casa che sarebbe sembrata senz'altro più cupa. La porta d'entrata si affacciava su un porticato lungo e limitato da un recinto in legno, perfetto per porre dei tavolini e delle sedie durante l'estate.
Il tutto era immerso in mezzo a una foresta che però lasciava un discreto spazio attorno, come un cerchio al cui interno vi era appunto posto il cottage, e l'unico punto da cui si poteva giungere era la stradina che si diramava verso il basso, per ritornare ai piedi della montagna.
«Fantastico.» si lasciò sfuggire la mora ancora rapita dal paesaggio.
«Mi fa piacere che ti piaccia.»
La frase fu detta a un tono così basso che Amelia era sicura di essere stata l'unica a sentirla, ma non poté evitare di voltarsi verso il giovane professore che si era soffermato su di lei con un sorriso così tiepido da sembrare triste.
Amelia deglutì a vuoto e si affrettò a raggiungere gli altri, ignorandolo.
Non farci caso, non badare al modo in cui ti ha guardata.
Ma era difficile farlo, quando i suoi occhi continuavano a essere morbidi su di lei. Era difficile, quando talvolta la guardava con tutta l'indifferenza del mondo e poi scioglieva il metallo dei propri occhi in delle sfumature così calde che Amelia temeva di rimanerne scottata anche a distanza.
«Allora, prima di tutto direi che dovremmo scaricare le cose dalle macchine.» proruppe in mezzo agli altri con sorriso luminoso – fingere, fingere, fingere che non fosse successo nulla.
«C'è qualcosa di pesante? Ti do una mano.» intervenne Stefano gentile e Amelia approfittò del ragazzo per avvicinarsi all'auto di Alessandro e aprire il bagagliaio con finta nonchalance, tutto questo mentre l'uomo si avvicinava al cottage e, dopo aver tirato fuori un mazzo di chiavi, apriva la porta e spariva al suo interno.
Per vari minuti tutti furono occupati a prendere le cose dall'auto, dividendosele tra di loro per non far affaticare nessuno, infine entrarono all'interno nel quale la luce era già stata accesa da Alessandro, sparito non si sa dove.
«Dentro è anche più bella di come immaginavo.» sfuggì a Daniele sorpreso.
Amelia non poté che dargli ragione.
La prima sala su cui si affacciavano era senza alcun dubbio il salotto: al centro troneggiava un tavolino basso ampio di legno e col piano in vetro, sotto il quale stava un tappeto grigio perla che ricopriva parzialmente il parquet. Su tre lati vi erano un divano a penisola e due poltrone reclinabili, mentre contro la parete era esposto un grande camino elettrico dalla bordatura in legno.
«Questi dove li mettiamo?» chiese Sofia nelle retrovie, accennando alle buste cariche di cibo preparato da Serena.
Prima che Amelia potesse rispondere – e la sua risposta sarebbe stata un candido "non ne ho idea" – ricomparve Alessandro da una stanza lungo il corridoio a sinistra.
«Venite, da questa parte c'è la cucina.»
La cucina era abbastanza normale, seppure costruita quasi del tutto in legno come il resto. Al centro però un grande tavolo rustico forniva un eccellente piano da lavoro per chiunque si fosse voluto dare da fare per cucinare.
In breve tempo tutti poggiarono le pietanze sul tavolo e alcune vennero messe in frigo. Nicole mise infine con discrezione una grossa borsa in un angolo.
«Allora...»
La voce di Alessandro proruppe nella cucina in cui tutti si ritrovarono e Amelia non poté fare a meno di irrigidirsi – con la coda dell'occhio vide che Anna, Sofia e Stefano avevano assunto la medesima posa di disagio, mentre Daniele pareva del tutto a suo agio come Tommaso e Nicole. Quest'ultima, magari, aveva giusto un'aria un po' bellicosa.
«Al piano di sopra ci sono le camere, ci sono due bagni – uno di sotto e uno di sopra – che potrete vedere appena fate un giro per la casa. Mia madre mi ha detto di dirvi di usare lenzuola e coperte come vi pare.» si fermò un attimo, concentrandosi per ricordare cos'altro dovesse aggiungere «Ah, il camino di sotto è elettrico, c'è un telecomando e le istruzioni in salotto, comunque non è difficile da azionare. Il riscaldamento è automatico, l'ho già acceso io e l'ho impostato per ventitré gradi.» riassunse ancora.
Poi tacque, forse alla ricerca di altre cose da aggiungere. Si voltò poi verso Amelia.
«Queste sono le chiavi, le affido a te. Ti consiglio di chiudere la porta a chiave di notte, per sicurezza, anche della porta del retro. Domani arriverà mio padre sul pomeriggio, così avrete tutto il tempo di riprendervi.»
Quest'ultima frase fu detta con un sottile tono beffardo che fece irritare Nicole e sbuffare Amelia.
«Non mi pare ci sia altro da aggiungere, quindi tolgo il disturbo.» concluse secco.
Non aspettò che qualcuno aggiungesse qualcosa: si diresse verso l'uscita venendo però seguito da Amelia, mentre gli altri già si rilassavano sul divano dopo il viaggio.
«Alessandro!»
Richiamarlo fu più forte di lei e la sua voce si infranse nella piccola radura esterna. L'uomo era già di fronte alla sua auto quando si fermò e si voltò verso di la ragazza.
«Grazie.»
La fissò e, come prima, gli occhi di lui parvero sciogliersi in metallo fuso mentre l'espressione, dapprima indifferente, si scomponeva in un vago sorriso.
«Prego.»
Grazie, prego, fine.
Non vennero aggiunte altre parole e ad Amelia non rimase che osservarlo entrare in macchina, indossare la cintura e accendere il motore. Si voltò nell'esatto momento in cui partì – perché ci devi rimanere male se se ne va? D'altronde, lui non c'entra in tutto questo – e la mano era già sulla maniglia della porta quando successe il fatto.
Nel futuro, Amelia avrebbe sempre ringraziato la sfiga quanto mai provvidenziale di quella giornata, anche se in un primo momento avrebbe fatto volentieri scendere tutti i santi dal paradiso.
Non che poteva farci qualcosa però, nel momento in cui sentì un suono forte e improvviso che la fece sobbalzare e quasi cacciare un urlo. Si voltò rapida e la comprensione di ciò che era appena successo la colse prima anche di poter reagire.
La ruota.
«Cazzo.»
L'imprecazione le sfuggì mentre rimaneva immobile.
«Che è successo?»
L'esclamazione spaventata di Nicole la raggiunse in fretta insieme agli altri amici, tutti accorsi dopo il funesto rumore che aveva ghiacciato il sangue nelle vene non solo ad Amelia, ma anche ad Alessandro che spense il motore e scese dall'auto con un'invidiabile calma e un'espressione statica.
Tutto questo per vedere la ruota posteriore sinistra completamente sgonfia e a terra.
«Oh, cazzo.» soffiò a fianco a lei Daniele, subito seguito da Stefano.
Ci furono secondi di assurdo silenzio mentre tutti prendevano coscienza di ciò che era appena successo, silenzio puntellato appena dal frusciare dei pini e degli abeti sempreverdi che circondavano il cottage.
Il primo a svegliarsi in tutta quella situazione fu Tommaso, che accorse dal giovane prof con aria di partecipazione.
«Dio santo, ma cosa ha beccato per bucarsi così?» esclamò il giovane mentre si chinava per osservare la foratura.
Dopo qualche minuto di ricerca, si scoprì il colpevole.
«Un chiodo.» sussurrò Nicole che si sporgeva per vedere cosa tenesse in mano il ragazzo.
E non un chiodino da nulla, di quelli che pesti e si piegano come plastica, ma un gran pezzo di chiodo, lungo e arrugginito, perfetto per bucare una ruota e lasciare il caro professorino nella merda.
«Ha il ruotino?»
«No.»
La domanda di Stefano ricevette una risposta alquanto secca da Alessandro, già pronto con il cellulare.
«Non preoccupatevi, chiamo il carroattrezzi, nel giro di un'ora saranno qui.» disse spiccio – evidentemente anche lui non fremeva dall'idea di trattenersi troppo.
Amelia, nel frattempo, sentiva l'isteria che la avvolgeva e dovette iniziare a trattenere i primi scoppi di risa nevrotici – perché era assurdo che tutto sembrasse volgere nel peggiore dei modi. Era totalmente impossibile una quantità di sfiga del genere.
«Ehi, Ame, stai calma. Dai, adesso chiama il carroattrezzi e vedrai che sparisce, non preoccuparti.» sussurrava di fianco a lei Nicole, mentre le carezzava con gentilezza la schiena, attenta a non farsi udire da Anna e Sofia che osservavano in silenzio la scena.
«Sta andando tutto di merda...» piagnucolava nel frattempo la mora.
«Ma smettila! Vedrai, si mette tutto a posto!»
Invece a posto non si sarebbe messo proprio un cazzo, belle mie.
Perché quando Alessandro chiuse la chiamata con il volto ancora più scuro e gli occhi di nuovo di metallo che lanciavano imprecazioni e maledizioni per aria, tutti compresero più o meno al volo che aria tirava.
«Hanno detto che alle otto di sabato non vengono, dovrò aspettare domani o al massimo lunedì.» spiegò per il bene comune.
«Fottuti bastardi.»
Queste ultime due parole vennero aggiunte a voce bassa, ma tutti le sentirono chiaramente e se Amelia aveva già sentito il suo caro prof pronunciare parole non propriamente adatte a un insegnante, gli altri suoi compagni di scuola rimasero visibilmente atterriti.
«Potrei darle un passaggio...»
La voce di Stefano si levò piuttosto fiacca dal gruppo e tutti si voltarono verso di lui.
«Sono già le otto, il tempo di tornare in città e rivenire qua e sarebbero come minimo le dieci!» protestò Daniele con irritazione.
Amelia tacque, ma l'occhiata di Nicole fu piuttosto chiara: ha ragione.
E grazie al cazzo, sapeva che l'amico aveva ragione. Eppure, nonostante questo, avrebbe solo voluto che Alessandro sparisse per lasciarla festeggiare il suo compleanno in santa pace con i propri amici.
Ma si sa, in certe situazioni il senso di colpa prevale – in quel caso, anche un istinto suicida in sottofondo, perché come si è spesso ripetuto Amelia è masochista.
Fu tutto quello che la spinse ad aprire la bocca mentre l'istinto le creava dei cartelli al neon in testa con delle frecce luminose sulla parola "TACI".
«Ha ragione.»
Parlò e la voce non le sembrava nemmeno la sua – la sua mente era così tanto in fibrillazione che stava per andare in corto circuito, e l'occhiata stralunata di Alessandro non migliorò di tanto la situazione.
«Direi che è più probabile che tu tornassi anche dopo le dieci, e per quanto a quell'ora di certo non siamo già andati a dormire non voglio farti fare tutta quella strada.» aggiunse, ma poi si ritrovò a fissare il professore «Certo, se però qualcuno deve assolutamente tornare a casa stasera...»
E l'occhiata che Alessandro le rivolse diceva chiaramente che sì, lui voleva tornare. Ma, come detto prima, i sensi di colpa in certe situazioni fanno fin troppa leva nelle persone e si finisce per fare l'esatto contrario di quello che si vorrebbe in realtà fare.
«No, direi di no.» rispose il moro.
«Bene, allora rimarrai qui con noi.» disse Nicole.
E quella frase sanciva così tante cose che Amelia non ne aveva idea.
Era a conoscenza solo di una di esse: la sua condanna.
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La fisica dell'attrazione
RomanceREVISIONE IN CORSO (potete trovare la versione non editata su EFP) 1 -- editato 2 -- editato 3 -- editato 4 -- editato 5 -- editato STORIA COMPLETA STORIA PRESENTE ANCHE SU EFP - AUTRICE Sapphire_ Tutti abbiamo un professore che odiamo in particolar...