Capitolo diciannove ~ Di problemi vecchi e nuovi

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«Si può arrivare al momento in cui sono già diplomata e saltare tutti gli incontri con quell'idiota?»
Le parole vennero masticate con disperazione da Amelia, nascosta dietro al muro dell'edificio scolastico in cortile, impegnata a fumare la seconda sigaretta di seguito da quando era suonata la ricreazione – cercava di ignorare come il fumo stesse ormai diventando uno spiacevole vizio da quando era presa dall'ansia.
Di fronte a lei Daniele, appoggiato con una spalla al muro intonacato, sospirò desolato mentre un ricciolo gli solleticava la fronte.
«Non credo sia possibile.» bofonchiò mentre si spostava la ciocca fastidiosa «Ma se continui a prenderla così non ne uscirai viva, te lo dico.» aggiunse lanciando un'occhiata alla mora che si guardava in giro circospetta, temendo la comparsa di qualcuno – e non qualcuno a casa, quel qualcuno.
Amelia però, a quelle parole, si volse verso l'amico in un movimento secco; le gote arrossate non dal caldo e gli occhi lucidi: il suo solito viso da quando si era conclusa quella disastrosa gita che si era meritata la nomea di "esperienza peggiore della sua giovane vita".
«Tanto non sei tu quello che ha confessato al proprio prof di essere persa per lui, per poi essere rifiutata e da quella volta ignorata completamente, vero?» frecciò sarcastica e pungente, riassumendo in una singola frase ciò che aveva in testa da tempo.
Daniele fece una smorfia.
«Detta così suona bruttina.»
«Perché lo è.» sibilò irata la mora, gettando priva di delicatezza o rispetto la cicca per terra e calpestandola con la punta delle sneaker.
Il silenzio tra di loro era spezzato dal vociare confuso del cortile, un misto di risate e chiacchiere a cui si univa qualche cinguettio di passeri; un suono tipico di una scuola, d'altronde. Era una bella giornata per essere più di metà marzo – il sole non riusciva a vincere completamente il vento freddo, ma dava quelle ore di tepore che non dispiacevano affatto dopo il lungo e freddo inverno trascorso e che sembrava non vedere l'ora di correre via per lasciar spazio alla bella stagione.
A dire il vero, il freddo non avrebbe comunque impedito ad Amelia di rifugiarsi nell'ampio cortile scolastico: sarebbe uscita durante la ricreazione a prescindere da quando neve, pioggia o vento da quando era tornata dalla gita – tutto pur di fuggire da Angelis. Tutto pur di non notare come per lui fosse ormai diventata totalmente invisibile.
Mi ignora... Mi ignora totalmente.
Ormai era come se lei non ci fosse più dentro l'aula. Le uniche volte che Alessandro pronunciava il suo nome – anzi, cognome – era durante l'appello; il resto delle volte non la sfiorava nemmeno con lo sguardo, neanche quando spiegava si avvicinava a lei con gli occhi. Un fantasma, ecco cosa sembrava diventata per lui.
Anzi, nemmeno un fantasma: più una comparsa in quella vita da cui aveva deciso di escluderla, se non per ciò che coinvolgeva la scuola – e, anche in quel caso, pareva fare del proprio meglio per tenerla comunque fuori.
Gli occhi si fecero lucidi più in fretta del solito a quel pensiero e la lacrima che scivolò sul viso la percepì calda in confronto alla guancia fredda dall'aria pungente; non era riuscita ad impedirselo e la vergogna la assalì.
«Ame...»
«Zitto.» sibilò irritata mentre con una mano si asciugava con poca cura l'unica lacrima sfuggita al controllo «Basta, quel deficiente mi sta trasformando in una ragazzina piagnucolosa e non intendo continuare a esserlo.»
Le parole vennero nuovamente sputate con ribrezzo, questa volta rivolto a sé stessa e non ad altri – ribrezzo per non riuscire a ignorare quella situazione, a smetterla di pensarci come altri avrebbero fatto, a cessare di tormentarsi con dei ricordi che da dolci diventavano sempre più amari. Alzò lo sguardo precedentemente abbassato verso Daniele, che prese a fissarla in silenzio.
«Non è l'unico uomo esistente in questo pianeta e io ho solo diciotto anni, posso innamorarmi di nuovo quanto e quando mi pare! Posso trovarne un altro anche domani, se solo lo volessi.» continuò convinta mentre le parole sfuggivano con più dolcezza di prima dalla sua bocca, tutto sotto l'occhio inespressivo dell'amico – amico che sembrava stringere le labbra per frenare la propria lingua, ma la mora ignorò quest'ultimo dettaglio.
«Quindi» riprese, raddrizzando la schiena e incrociando le braccia «d'ora in avanti lo ignorerò e farò finta che non esista nemmeno.» terminò definitiva, un sorriso che voleva sembrare convinto sulle labbra – peccato non fosse troppo convincente.
Daniele, però, taceva ancora e la ragazza sopportò per pochi istanti quel silenzio colmo di parole.
«Dimmi qualcosa!»
Daniele si limitò a sorriderle.
«Hai ragione, puoi trovartene uno nuovo quando ti pare.»
Tono calmo e gentile – tono che fece infastidire fin troppo Amelia, il cui volto si trasfigurò in fretta ina maschera di irritazione.
«Smettila di fare l'accondiscendente con me!»
Uno sbuffo e Daniele alzò le mani e gli occhi al cielo.
«Cosa vuoi che ti dica allora?» rispose secco, spostandosi dal muro e dandole per un attimo le spalle. Quando si girò, i suoi occhi erano esasperati «Ci stai male perché ti ha rifiutata e perché ti ignora, è normale! Che poi, se vogliamo essere precisi non ti ha propriamente rifiutata, è solo l'intera situazione che è un casino, e non possiamo nemmeno biasimarlo.» continuò puntandole un dito contro. Amelia chinò la testa ed evitò lo sguardo azzurro dell'altro mentre lasciava che la massa ribelle di capelli le coprisse il viso e ciò che avrebbe potuto mostrare con la propria espressione.
Daniele tacque mentre notava l'atteggiamento all'improvviso remissivo dell'altra, e sospirò di nuovo.
«Hai ragione, puoi trovartene uno nuovo quanto ti pare.» sussurrò infine «Solo, magari, inizia a crederci anche a tu, ok?»
E il singhiozzo di sconfitta le sfuggì proprio quando la campanella suonò, impedendo a chiunque di sentire quel suono di sofferenza e frustrazione.

La fisica dell'attrazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora