Capitolo 44

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Obvsdianaa-harrystyles

Obvsdianaa: Ehi Haz, oggi che concerto avete?
1:19 pm

Harrystyles: Siamo in pausa per un mese! Niente concerti!
1:21 pm

Obvsdianaa: Davvero? Che bello! Che farai in questo mese?
1:21 pm

Harrystyles: Andrò dalla mia famiglia e torneremo a Manchester per un po'!
1:22 pm

Obvsdianaa: Wow! Sono felice per te! Dovrà mancarti tanto quella città.
1:23 pm

Harrystyles: Infatti! Scusami, ma ora devo andare, ti voglio bene! <3
1:24 pm

Obvsdianaa: Anche io!
1:24 pm

Diana's pov

Se ci ero rimasta male per il fatto che Harry non sarebbe venuto a trovarmi? Un po'...
Ma chi voglio prendere in giro! Certo che ci ero rimasta male, e anche abbastanza, ma quella era la sua famiglia che vedeva poco, era normale che volesse andare da loro. Io per lui, probabilmente, ero solo una fan che era diventata sua amica, niente di più. Perché nel suo mese di pausa sarebbe dovuto venire a trovare me?
Mentre pensavo, mi mordicchiavo il labbro inferiore, e il dolore cominciò a farsi sentire, ma un'emozione, non sapevo bene quale fosse, lo sovrastò. Le lacrime minacciavano di uscire da un momento all'altro. Ero quasi sicura fosse tristezza, perché mi mancava Harry. Per lo stesso motivi, però, ero anche arrabbiata. Ebbene no, non riuscivo a decifrare che emozione provassi in quel momento. Beh, forse mi sarebbe mancato ancora, e ancora, e per tutta la vita. "Forse non lo rivedrò più e si dimenticherà di me una volta che avrà trovato una ragazza. Ma si sa, la vita è imprevedibile!" pensai. Certo, forse sarebbe successo tutto quello che ho pensato, ma sarebbe potuto succedere anche il contrario, magari in una minore parte percentuale, ma la possibilità c'era. Ad interrompermi dai miei pensieri fu il campanello, che avvertì che qualcuno era davanti la porta. Mi alzai dal letto, scesi le scale, e, una volta arrivata alla porta d'ingresso, l'aprii cautamente. Un gruppo di uomini disposti a cerchio, vestiti di nero, e con gli occhiali da sole del medesimo colore, mi si presentarono davanti. Devo dire che fossero un po'inquietanti.
«Ehm...sì? Chi cercate?», chiesi con voce flebile, e cercando, lentamente, di richiudere la porta."Mannaggia a me, e al mio vizio di non guardare dallo spioncino prima di aprire la porta.", mi rimproverai. Peccato però, che il mio metodo infallibile non funzionò, e gli uomini entrarono velocemente, mantenendo la loro disposizione, per poi uscire di nuovo, lasciando un ragazzo, vestito anch'egli di nero e con gli occhiali da sole, che si trovava in mezzo al cerchio umano
«Diana», disse il ragazzo togliendosi gli occhiali da sole. Quella voce, di nuovo.
«Harry», dissi con voce tremante, sentendo le lacrime che minacciavano di uscire da un momento all'altro.
«Oh, piccola», lui venne velocemente ad abbracciarmi. Infilai la testa nell'incavo del suo collo e cominciai a piangere. Forse mi sbagliavo. Lui sarebbe rimasto con me?
«Tu non dovevi andare dai tuoi genitori?», chiesi. Lui si staccò dall'abbraccio e, con i suoi pollici, mi asciugo le lacrime guardandomi dritto negli occhi. Restammo così, immobili, per circa un minuto, che però sembrò infinito.
«Certo, ci passerò qualche giorno di questo mese, ma voglio stare anche con te», a quel punto il contatto visivo era diventato pesante, così abbassai lo sguardo.
«E Manchester?», chiesi confusa, continuando a tenere gli occhi diretti verso terra.
«Guardami», mi ordinò. Non lo ascoltai. «Diana, guardami», mise due dita sotto il mio mento e mi alzò il viso, costringendomi ad obbedirgli. «Quella di Manchester era solo una scusa. Non volevo farti sospettare niente. Non volevo che sapessi che stavo venendo qui, a Londra, da te, era una sorpresa», affermò lui. Il mio cuore prese a battere velocemente, e le lacrime ricominciarono a farsi sentire.
"Ti amo" pensai, ma non lo dissi.
«Grazie di tutto Harry», eppure, ogni volta che gli dicevo una frase, quelle due parole provavano ad uscire dalle mie labbra, come se fossero intrappolate dentro di me da troppo tempo.
«Grazie a te, Diana», sussurrò avvicinandosi alle mie labbra. Il mio cuore batteva più velocemente che mai. Le famose farfalle cominciarono a svolazzare nel mio stomaco, e devo ammettere che erano farfalle molto grandi. I suoi occhi passavano dai miei alle mie labbra, ripetutamente.
«Ehm...quindi...», dissi allontanandomi un po'. "Cosa? Perché l'ho fatto?"
«Ehm...sì, in teoria potrei chiamare il mio autista e farci venire a prendere perché...non penso che ti vada di rimanere qua. Vero?», chiese imbarazzato. Mi stupii: io avevo fatto imbarazzare Harry Styles, e non ci credevo. Mi immersi in questo accaduto per qualche secondo, ma poco dopo smisi. I miei pensieri su di Harry non erano mai stati così, avevo sempre pensato che lui fosse una persona normale, solo che era famoso, ma come tutti doveva ricevere rispetto, ed essere trattato come tale. Però i miei pensieri in quel momento erano...diversi. Pensai che forse era il fatto che ero agitata, ed in effetti, poco dopo capii che era proprio quello. Mentre io ero immersa nei miei pensieri, Harry aveva già chiamato il suo autista. Non mi ricordavo di avergli detto che fossi d'accordo, ma non importava: se era con Harry, mi sarebbe piaciuto fare qualsiasi cosa.
«Arriverà tra circa cinque minuti, era partito da poco», disse lui spegnendo il suo cellulare e mettendolo nella sua tasca.
«Bene...», feci un attimo di pausa non sapendo cosa dire «..dove andremo?», continuai qualche secondo dopo chiedendo la prima cosa che mi venne in mente.
«Non lo so, decidiamo insieme», affermò lui, ed io annuii.
«Ci sono tanti luoghi a Londra, e anche monumenti, da visitare, lo sai. Possiamo andare a farci un giro al Green Park, possiamo andare al London Eye...» lo interruppi. «Il London Eye! Non ci sono mai andata, ma mi piacerebbe moltissimo farci un giro!», esclamai battendo leggermente le mani.
«Va bene, che London Eye sia!》 Esclamò di rimando lui, ridacchiando. Dopodiché sentimmo il campanello suonare.
«Vado io», dissi. Mi misi in punta di piedi per cercare di vedere chi era dallo spioncino, ma non ci arrivavo, era troppo alto per me, dato che quello sulla mia porta era stato messo più in alto del normale. Sentii una leggera risata dietro di me. Mi giari ed esclamai:«Ehi! Non prendermi in giro!», per poi mettere il broncio. Lui guardò le mie labbra per qualche secondo, poi disse:«Ci penso io nanetta!»
Mi passò avanti, e, guardò dallo spioncino. «È il mio autista», affermò facendomi un occhiolino, per poi curvare le sue labbra in un sorriso divertito.
«Davvero, lo trovo molto divertente», dissi ironicamente ruotando gli occhi, strappandogli una leggera risata. «Aspetta, io dovrei cambiarmi...», aggiunsi subito dopo guardando il mio abbigliamento: leggins neri, un top bianco che arrivava poco sopra l'ombelico e le mie amate superstar bianche e nere. I miei capelli posso dire che erano a posto, anche perché la mattina mi ero fatta la doccia, e quindi erano puliti. Li avevo sciolti.
«Sei perfetta così», disse lui guardandomi attentamente, per poi prendermi per mano, aprire velocemente la porta, e, con lo stesso ritmo arrivare fino alla macchina dai vetri oscurati facendo entrare prima me e poi lui.
«Mi dicevi di essere alta», disse passandosi una mano fra i capelli sorridendo, ciò mi fece mancare il fiato per qualche secondo.
«Ma io lo sono! La mia altezza per l'età che ho va bene, sei tu che sei troppo alto!», esclamai puntandogli un dito contro e guardandolo con sguardo accusatorio.
«Non mi accusare, non è colpa mia se lo sono, al contrario tuo», dopo quest'affermazione ruotai gli occhi, e sorrisi appena. Nonostante tutto, con Harry, mi piaceva anche sentirmi piccola.
«Dai, lo sai che ti voglio bene», disse lui in seguito. «Dai, lo sai che io no», ribattei io facendogli la linguaccia. Fece una finta espressione offesa e si portò una mano al petto.
«Cosa? Vuol dire che mi hai illuso per tutto questo tempo? Sono deluso», disse in modo scherzoso facendo finta di asciugarsi una lacrima con un dito.
«Sei un pessimo attore», ridacchiai.
«Ehi! Non è vero! Senti qua» si schiarì la voce «Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo?»
«Wow, che dimostrazione, davvero» affermai ironicamente ridendo, seguita da lui.
«Sei più simpatica dal vivo che dietro uno schermo, e sei anche più bella di come ti immaginavo», affermò guardandomi attentamente con un leggero sorriso sulle labbra, facendomi arrossire. Lo ringraziai timidamente.
«Non ringraziarmi, dico la verità»
«Ragazzi, siamo arrivati», a tirarci fuori da quel momento fu l'autista, che ci avvisò di essere arrivati. Scendemmo dalla macchina, e camminammo fino al London Eye, un piccolo pezzo di strada, contornati da qualche guardia del corpo. Camminavamo uno accanto all'altro, le nostre mani si sfioravano, ma non si intrecciavano, poiché avevamo paura che i paparazzi potessero fotografarci. O, almeno per me era così, per lui non lo sapevo, anche se pensavo proprio di sì. Ma comunque, io il primo passo non l'avrei fatto: ero troppo timida, mi vergognavo di fare figuracce con lui, tutti problemi che tutto gli adolescenti hanno, soprattutto con le persone che amano. Anche se, se ci pensavo bene, lui il primo passo aveva provato a farlo...
Appena saliti sul London Eye, io cominciai a sentirmi in imbarazzo, perché lì dentro, non volava una mosca. Harry aveva chiesto se si poteva non fare entrare nessun' altro nella nostra stessa cabina, credevo si chiamasse, per motivi di privacy, in modo che non entrassero fan, non perché non li volesse, ma aveva detto che voleva passare un po' di tempo con "la sua Diana". Harry cercò di rompere il ghiaccio schierandosi la voce.
«Ti piace Londra?», non sapevo il motivo per il quale mi avesse fatto quella domanda, ma risposi comunque, senza farne a mia volta.
«Sì, la amo. Anche se mi piacerebbe visitare Roma, che, dopo Londra, è la mia città preferita», dissi, pensando però che probabilmente, Roma, non l'avrei mai vista.
«Sai, anche io amo Roma, ed è anche una delle mie città preferite. Wow, abbiamo molte cose in comune a quanto vedo», disse abbozzando un piccolo sorriso.
«Si, lo so», ricambiai il sorriso. «Ti piace qualche altra città italiana?», gli chiesi.
«Sì, certo: Milano, Torino, la Sicilia...», lo interruppi:«La Sicilia è una regione, lo sai?», chiesi cercando di trattenere una risata.
«O-oh, ma certo che lo sapevo! Volevo vedere se mi avresti corretto!», affermò lui con fare ovvio.
«Sì, sicuramente», dissi lasciando andare la risata che trattenevo.
«Hai un sorriso stupendo», mi disse guardando in direzione delle mie labbra. Io istintivamente mi coprii la bocca, mentre sentivo le guance andarmi a fuoco, segno che stavo arrossendo.
«No, non ti coprire, sei bellissima così», disse lui mordendosi un labbro. "No, non lo fare ti prego." pensai guardandogli le labbra. Cercai di distogliere lo sguardo e di cambiare discorso uscendo da quella situazione imbarazzante. Guardai fuori la finestra.
«Guarda!», esclamai felicissima di avere davanti agli occhi quel panorama fantastico. In quei pochi minuti, o di più, eravamo arrivati in alto, e nemmeno ce ne eravamo accorti. Vedevo Londra, la mia città. Il Big Ben e il Parlamento stavano in primo piano, e dietro tutte le case, i negozi, gli edifici e i monumenti ad accompagnarli. Vedevo la mia vita passarmi davanti.
«Si, è bellissimo», sussurrò con voce roca. Mi morsi il labbro sorridendo guardando ancora il panorama fuori, però mi sentivo osservata. Sapevo che lui stava guardando me. Poco dopo il giro finì e, sempre accompagnati dalle guardie, tornammo alla macchina di Harry per decidere dove andare senza essere disturbati da nessuno.
«Wow, sono già le 3 pm!», esclamò Harry sorpreso.
«pensavo fossero le 2 pm» dissi poi io.
«Con te il tempo vola», affermò lui guardandomi negli occhi. «Dove vuoi andare ora?», chiese poi.
«Non saprei, magari a fare una passeggiata per il centro», proposi sperando che l'idea gli piacesse.
«Certo, va benissimo», disse lui sorridendo. Scendemmo sempre contornati dalle guardie. Essi si spostarono da davanti a noi, e si misero solo ai nostri lati a dietro, lasciandoci via libera per camminare dove volevamo. Cercammo di accelerare il passo, mettendoci sempre più avanti a loro, in modo da avere più spazio per noi, ma non potevamo permetterci di stare senza per ovvi motivi.

Mentre camminavamo lentamente, le nostre mani cominciarono a sfiorarsi. Il suo mignolo si toccava con il mio, ed arrivarono ad intrecciarsi, fino a che questa azione non venne compiuta dalle mani complete. Poggiai la testa sulla sua spalla e l'altra mia mano sul suo braccio, socchiudendo gli occhi. Per me, era come stare in paradiso. Mi sentivo bene in quella posizione, con le farfalle nello stomaco, di nuovo. Camminammo in questa posizione fino ad arrivare in un bar. Lì si scatenò il delirio. Arrivarono fans da tutte le parti, che chiedevano autografi e foto, ma Harry non riuscì a fare tutto, così fece solo qualche autografo e qualche foto, ma non più di tanto, perché le guardie vennero un nostro soccorso e si misero attorno a noi. Dopo un po' le fan se ne andarono arrese, ma in compenso arrivarono i paparazzi. Guardammo la signora che lavorava in quel bar ed Harry disse un sincero:«Mi dispiace»
«Tranquillo, anzi, chiudo il negozio in modo che non possano entrare», disse eseguendo quello che aveva detto.
«Grazie signora, davvero», disse Harry.
«Grazie a te Harry, rendi sempre felice mia figlia», disse lei facendo un sorriso sincero.
«Vuole che faccia un autografo per lei? Come si chiama?», chiese premurosamente Harry.
«Magari! Mi faresti un grande piacere, grazie. Si chiama Charlotte. Ah, e dammi del tu, sono Jackline.», disse lei prendendo un foglietto e una penna, per poi far firmare l'autografo ad Harry e rimmetterlo via.
«Vado nell'altra stanza, vi lascio un po' di privacy, ma prima, volete qualcosa?», chiese gentilmente Jackline.
«Tu Diana, vuoi qualcosa?» mi domandò Harry. Scossi la testa. Effettivamente, avevo mangiato circa due ore prima, ed ero ancora sazia.
«Niente, grazie», disse Harry sorridendo a Jackline, che annuì e andò nella stanza di cui parlava. Mi sedetti su una sedia girevole davanti ad un piccolo tavolo rotondo, mentre lui, invece di sedersi preferì rimanere in piedi accanto a me.
«Gentile, Jackline dico», affermai.
«Stai dicendo che io non sono gentile?», mise il broncio.
«Non ho mai detto questo», dissi curvando le mie labbra in un sorriso.
«Ma lo pensi», sussurrò avvicinandosi un po' di più a me.
«Non è vero», sussurrai a mia volta deglutendo. Il mio cuore batteva all'impazzata, e cominciai a respirare velocemente: era sempre più vicino, orami le nostre labbra si trovavano a pochissimi centimetri di distanza. Harry cercò di annullare quella distanza, e fece sfiorare le nostre labbra, ma non sembrava tanto sicuro, o almeno pensavo, perché qualche secondo dopo sentii premere le sue labbra sulle mie. Avevo gli occhi chiusi, ma non ricordavo nemmeno di aver compiuto l'azione di chiuderli. Misi le braccia attorno al suo collo, e lui mise le sue sui miei fianchi. Picchettò la sua lingua sulle mie labbra per chiedermi l'accesso alla lingua, che io concessi. Le nostre lingue si muovevano in sincronia, così come le nostre labbra. Sembrava una danza. Ci staccammo, ma le nostre labbra rimasero comunque molto vicine.
«Ti amo Diana», sussurrò Harry sulle mie labbra, passando lo sguardo da esse ai miei occhi. E ora, finalmente, potevo dirgli quelle parole che mi tenevo dentro da tanto, e che non gli ho mai detto:«Ti amo anche io Harry», sussurrai a mia volta sulle sue, di labbra.
«Mi piacerebbe che fossi la mia ragazza», disse lui cogliendomi di sorpresa.
«A me piacerebbe esserlo», sorrisi guardandolo anche io. I suoi occhi, che ogni volta mi facevano innamorare sempre di più.
«Beh, allora adesso lo sei», disse sorridendo, mostrando le fossette. Mi morsi il labbro inferiore e afferrai il colletto della sua camicia, per poi attirarlo a me e baciarlo ancora una volta. Sorrisi sulle sue labbra: ciò che avevo sempre sognato si stava avverando.

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