Capitolo 46

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Quando arrivammo a casa davanti casa mia la voglia di fare un dispetto si tramutò in nervosismo. "E se mia madre dicesse qualcosa di brutto ad Harry, e lui mi lasciasse?"
«Torniamo a casa?», chiesi al mio ragazzo sperando in un "va bene", molto improbabile.
«E perchè?», mi chiese a sua volta.
«Mh...ho paura di quello che possa dire», confessai tristemente.
«Stai tranquilla amore, qualsiasi cosa dica, noi non ce ne cureremo», mi baciò lentamente. Proprio in quel momento la porta si aprì.
«Diana Henderson. Cosa stai facendo?», la voce di mia madre entrò nelle mie orecchie chiara e tonda. Io mi staccai velocemente da Harry e sentii le guance andarmi a fuoco e mi grattai il collo dall'imbarazzo. Appena mia madre posò il suo sguardo su Harry rimase sbigottita, probabilmente l'aveva riconosciuto.
«Ehm, mamma ti presento Harry. Harry, lei è mia madre, Emily», li presentai.
«Per te sono la signora Henderson, Harry», disse guardandolo autoritaria, mentre io cominciai a tirarle sguardi di fuoco e strinsi la mano di Harry.

Entrammo in casa.
«Che bella casa che ha, signora Henderson», disse Harry cercando di essere il più cordiale possibile.
«Grazie», lo liquidò mia madre andando in cucina.
«Diana, ciao», sentii dire da una familiare voce possente. Spostai lo sguardo sulla persona che si trovava sulla poltrona
«Ciao papà», lo salutai con un cenno della mano, e lui ritornò a leggere il suo giornale.
«Venite a sedervi a tavola», disse mia madre mentre metteva il lungo piatto d'acciaio, con sopra la carne che avremmo mangiato, al centro del tavolo. Eseguii ciò che aveva detto seguita da Harry, che si mise accanto me.
«Allora...», cominciò mio padre fissando Harry, mentre io mettevo una fetta di carne nel mio piatto.
«Harry», si presentò lui.
«Harry...», aspettava dicesse il suo cognome.
«Styles, Harry Styles», lo accontentò il mio ragazzo. Mio padre si bloccò per qualche istante.
«Styles?», chiese di nuovo mio padre, come per accertare che avesse sentito bene. "Forse non credeva che l'avrei mai conosciuto."
«Ehm, sì signore», disse Harry leggermente a disagio. Effettivamente mi sentivo anche io un po' in imbarazzo, così, sotto il tavolo, cercai la mano di Harry per farla intrecciare alla mia. Mio padre non rispose nè replicò, continuò semplicemente a mangiare la sua carne.
«State insieme?», chiese tutt'ad un tratto mia madre.
«Ehm...», Harry mi guardò come per chiedere il permesso di dire la verità.
«Sì», risposti immediatamente. D'altronde, ci aveva visto mentre ci baciavamo.
«Perché?», mi chiese mia madre puntando i suoi occhi marroni nei miei verdi.
«Perché cosa?», chiesi, dopo aver esitato un attimo. «Perché proprio lui? Sai che ti ha fatta soffrire tanto. Tutte le volte che hai pianto perchè non potevi andare ai loro concerti, le hai dimenticate?», la guardai sorpresa aprendo leggermente la bocca.
«Credi sia colpa sua se ho pianto perché non potevo permettermi un biglietto? Loro mi hanno resa felice mamma, non mi hanno fatta soffrire. Le persone che lo hanno fatto sono altre», cercai di mantenere la calma calma. Stava per dire qualcosa, quando la vidi spalancare gli occhi.
«Te l'ha fatto lui quello, vero?», chiese preoccupata notando la mia guancia scura a causa dello schiaffo preso la mattina. Io strabbuzzai gli occhi, ed Harry lasciò la mia mano, facendomi arrivare una pugnalata dritta al cuore.
«Cosa? No! Harry non farebbe mai una cosa del genere!», cercai di trattenermi dal non urlare.
«Non è una buona influenza per te», disse scatenando ancora di più la mia rabbia.
«Ah no? E, sentiamo, chi sarebbe una buona influenza per me?», cominciai ad alzare il tono della voce con i nervi a fior di pelle.
«Justin. Lui si che è un bravo ragazzo, c'è sempre stato per te, non ti ha mai fatta piangere. O quel ragazzo che studiava nella tua stessa scuola, Ashton», a sentire quel nome un brivido percorse la mia schiena.
«Justin è il mio migliore amico, e basta. E poi Ashton, mamma? Quello che ha reso questi ultimi cinque anni un inferno per me? Quello che mi ha procurato questo livido?», a questo punto avevo già cominciato ad urlare. «Ce ne andiamo», dissi infine alzandomi, seguita da Harry, per poi uscire da quella casa.

Quando chiudemmo la porta mi scusai con Harry:«mi dispiace così tanto Harry, davvero...», lui mi sorrise.
«No, tranquilla, non è colpa tua», disse, ma quando cercai di intrecciare le nostre mani, lui non mi assecondò, e mise la sua in tasca. Mi morsi il labbro inferiore mettendo la mano destra sul gomito del mio braccio sinistro teso e abbassai lo sguardo.
Quando entrammo in macchina io poggiai la testa sul finestrino e cominciai ad ammirare il paesaggio, a cui però non davo tanta importanza, perchè ero più che altro persa nei miei pensieri. Perchè Harry era arrabbiato con me? Gli avevo fatto qualcosa di male? Avevo sbagliato a dire qualche parola? Non riuscivo a fare mai niente di giusto. Sbagliavo sempre qualcosa, se non tutto. Poi Ashton mi aveva fatto vedere le foto che stavano su internet, Harry le aveva viste? Forse si era arrabbiato perchè non voleva far sapere niente in giro? Ma in questo caso non sarebbe stata colpa mia, o forse sì, perché io ero piombata nella sua vita cominciando a scrivergli su Instagram. Tanto andava sempre a finire così, con me che mi davo la colpa per tutto, anche se non c'entravo niente.
«Diana, siamo arrivati», la voce di Harry mi risvegliò dai pensieri, un po' più distaccata rispetto al solito. Annuii ed uscii dalla macchina, per poi percorrere insieme ad Harry il sentiero che porta a casa sua, putroppo silenziosamente. Appena entrammo in casa disse:«io vado in camera», non pensavo di avere il coraggio per chiedergli se potevo andare con lui, e poi avevo bisogno di sfogarmi anche io, in qualche modo.
«Io in bagno un secondo», risposi avvertendolo. Ricevetti solo un «mh mh» da parte sua e poi lo sentii chiudere la porta, nient'altro. Fissai per qualche secondo il corridoio, sperando che spuntasse urlando che era tutto uno scherzo, che non poteva essere arrabbiato con me dato che non avevo fatto niente, ma non lo fece, così io entrai in bagno e mi poggiai con le braccia al lavandino davanti lo specchio, e cominciai a guardarmi pensando. "Ci deve essere un motivo per il quale lui è arrabbiato, e ci sono molte probabilità che la causa sia io. E se lui mi volesse lasciare? Spero egoisticamente di no."
Decisi di chiamare Justin, forse lui mi avrebbe potuto aiutare a sfogarmi a pensare lucidamente e senza darmi troppe colpe. Rispose dopo soli due squilli.
«Ehi bambolina, dimmi tutto», la voce di Justin era affettuosa come sempre, e solo per quello, mi tolse un peso dal cuore, permettendo alle mie lacrime di uscire.
«Justin», singhiozzai.
«Oh, piccolina che succede?», chiese lui con voce preoccupata.
«Justin, Harry è arrabbiato con me, e non so il motivo», cercai di parlare il più piano possibile, per non farmi sentire da Harry.
«È successo qualcosa tra di voi», chiese premurosamente, ma so che sotto era già arrabbiato con Harry, anche non sapendo niente della vicenda. Era sempre dalla mia parte, nonostante tutto.
«No, cioè si. Non lo so. Oggi siamo andati a pranzo da mia madre, lei ha insistito che doveva conoscere il ragazzo con cui ero uscita, ma non sapeva che il ragazzo in questione era Harry, e tu sai cosa lei prova nei suoi confronti», cominciai a spiegare.
«Sì, anche se non ne ho mai capito il motivo», osservò Justin.
«Già, nemmeno io: lui non le ha fatto niente! Vabbè, ti dicevo che noi siamo entrati in casa e mia madre ha sevito il pranzo, poi mi ha chiesto se stavamo insieme, ed io le ho detto di sì. Allora lei iha cominciato a dire che lui mi aveva fatto soffrire ed io mi sono arrabbiata...», sospirai prima di continuare.
«...ed ho cominciato anche ad alzare un po' la voce dicendole che non era colpa sua se io non potevo permettermi di andare ai loro concerti. Dopodichè lei se ne è uscita chiedendomi se il livido che ho sulla guancia me l'ha fatto lui, ma...», mi interruppe.
«Hai un livido sulla guancia?», chiese Justin sospettoso.
«Ehm...io...», sapevo che la verità sarebbe venuta a galla prima o poi, e che lui a quel punto avrebbe cominciato a cercare Ashton per fargli chissà cosa.
«Diana, dimmi subito quello che è successo. Perchè hai un livido sulla guancia? Di nuovo lui?», ringhiò lui frettolosamente.
«Di nuovo lui», dissi con un fil di voce.
«Ti giuro che adesso vado a cercarlo, e sarà meglio per lui che non lo trovi perché...», cominciò.
«No, Just, fermo. Non fare niente ti prego, non voglio che per colpa mia tu finisca nei guai», lo sentii sbuffare.
«Diana, lui ti tortura da cinque anni, non posso non fare niente!», urlò.
«Oggi Harry gliene ha date abbastanza, okay?», lo tranquillizzai.
«Va bene, ma non scapperà anche alle mie», disse lui.
«Diana», sentii chiamarmi fuori dalla porta.
«Just, Harry mi chiama, ci sentiamo», lo salutai.
«Va bene, chiamami e dimmi come andrà a finire poi, ciao piccola», chiuse la chiamata.
«Diana», sentii di nuovo Harry chiamarmi, e questa volta cominciò anche a bussare alla porta. Magari voleva spiegarmi cos'era successo, perchè era arrabbiato con me, poi si sarebbe scusato, e io anche, per il comportamento di mia madre, dopodichè ci saremmo baciati. Senza parlare, sapendo già che la voce mi avrebbe tradito se l'avessi fatto, mi diressi verso la porta e la aprii ad occhi bassi. Quando incrociai il suo sguardo ero piena di speranza.
«Devo andare in bagno», disse solo, però.
«Sì, certo, scusami», riabbassai lo sguardo e lo superai uscendo dal bagno, ma lui mi afferrò un polso bloccandomi.
«Diana», mugolò lui.
«Cosa?», chiesi esasperata e ormai arresa del fatto che lui volesse parlarmi.
«Hai pianto?», mi girai verso di lui.
«Cosa te lo fa pensare?», chiesi retoricamente.
«Perché?», in quel momento pensai che mi stesse prendendo in giro. Chiedermi perchè avevo pianto? Okay, vabene, magari la mia reazione era stata eccessiva, ma io sono fatta così, sono molto sensibile, anche se so che non sto totalmente dalla parte del torto.
«Mi stai chiedendo davvero il perché? Mi sono sentita come se mia madre mi avesse pugnalato ripetutamente al cuore, dopo il pranzo con i miei genitori sembrava che fossi arrabbiato con me, non mi hai calcolato fino ad ora e adesso ti preoccupi se ho pianto», gli dissi cercando di trattenere le lacrime. Non volevo scaricare tutta la colpa su di lui, anche perché ero stata io a voler andare a pranzo dai miei. "Mannaggia a me e alla mia stupida idea di voler fare un dispetto a mia madre." Mi guardò in silenzio serrando la bocca.
«Non dici niente?», chiesi stupita, credendo in un suo "scusa", "mi dispiace" o comunque qualche parola su quello che è successo, ma continuò a guardarmi in silenzio.
«Come immaginavo», liberai il mio polso dalla sua presa e mi diressi verso la porta d'ingresso.
«No, ferma», afferrò di nuovo il mio braccio, ma io lo liberai subito dalla sua presa, questa volta, e mi girai verso di lui a braccia conserte.
«Adesso ti va di parlare, oppure devo guardarti mentre stai in silenzio?», gli chiesi guardandolo storto.
«Diana, mi dispiace, so di aver sbagliato, non sei stata tu a farmi arrabbiare, ma tua madre. Okay, è brutto da dire, credo, e mi dispiace anche di questo, ma tutte le cose che mi ha detto mi hanno ferito, l'unica cosa che volevo fare era alzarmi dalla sedia e andare via, ma non l'ho fatto per te. Tu mi hai difeso, hai litigato con tua madre per me ed io ti ho ripagata facendoti credere di essere arrabbiato con te! Mi dispiace tanto di aver rovinato ancora di più questa giornata, già aveva preso una brutta piega. Mi dispiace. E mi scuso anche per aver detto troppe volte "mi dispiace"», istintivamente feci un piccolo sorriso guardando a terra. Lui si avvicinò a me, pose due dita sotto il mio mento e fece pressione verso l'alto per costringermi a guardarlo.
«E amo il tuo sorriso», si avvicinò sempre di più fino ad azzerare la distanza tra le nostre labbra, baciandomi dolcemente.
«Ti amo, mi dispiace ancora», disse staccandosi di poco.
«Sta zitto e baciami», dissi afferrandolo per il colletto della camicia e avvicinarlo alle mie labbra. Quelle labbra così morbide e che ogni volta mi facevano venire i brividi, la pelle d'oca. Venimmo interrotti dallo squillare insistente del suo telefono. Lo sentii mugolare scocciato, ma continuò a baciarmi.
«Rispondi», mi staccai da lui controvoglia pronunciando quella parola.
«Non fa niente», disse cercando di riavvicinarmi alle sue labbra.
«Si invece, potrebbe essere importante», dissi allontanandolo di nuovo. Sbuffò e afferrò il suo telefono.
«Pronto? Simon dimmi», lo sentii rispondere. «Foto? Quali foto?», andò in un altra stanza.
"Foto? Oddio. Forse intendeva le nostre foto, quelle dove ci baciavamo. Ci faranno lasciare? Forse non ci permetteranno di stare insieme..."
«Sì, va bene», lo sentii sbuffare «Okay, ciao», dopodiché attaccò, e tornò da me.
«È successo qualcosa?», gli chiesi, preparandomi al peggio.
«No, cioè sì, Simon ha visto delle foto dove noi due ci baciavamo», disse cercando di non incrociare il mio sguardo, un gesto che non mi piacque per niente, perchè sapevo che significava che qualcosa non andava.
«E c'è qualcosa che non va?», chiesi spiegando meglio la mia domanda. Le mie mani presero a tremare per paura della risposta che mi stava per arrivare, per questo le misi dietro la mia schiena.
«Sì, mi ha detto che saresti una spece di esca, o qualcosa del genere, insomma, con te attireranno ascolti, come "la nuova ragazza di Harry Styles!" o cose del genere, e per lui la parola "ascolti" equivale alla parola "soldi"», fece una pausa sospirando e poi i suoi occhi tristi si incrociarono con i miei. «Mi dispiace così tanto di averti trascinato in questo orribile mondo. È colpa mia se adesso verrai paparazzata tutto il tempo», i suoi occhi si fecero lucidi. Andai velocemente verso di lui e misi le mie mani sulle sue guance.
«A me non mi interessa, paparazzata o no, mi basta stare con te per essere felice», dissi per poi abbracciarlo. Mise il volto nell'incavo del mio collo, che sentii inumidirsi un po'.
«Ti amo così tanto Diana», disse con voce tremante.«Ma guardami, sono ridicolo, sto piangendo davanti alla mia ragazza», si staccò dall'abbraccio asciugandosi le lacrime, e quando pronunciò le parole "la mia ragazza" ebbi un tuffo al cuore.
«Non è assolutamente ridicolo, è solo umano», sorrisi guardandolo. Era bellissimo. Aveva quegli occhi verdi, chiari e brillanti, che erano come un libro aperto, sui quali ci si poteva scrivere una poesia, le cui parole venivano da sole soltanto guardandoli. Le sue labbra erano così belle, combaciavano con le mie perfettamente, ed ogni volta che si curvavano permettevano alle guance di ospitare due adorabili fossette. E poi amavo i suoi capelli, accarezzarli ed affondarci le mani.
«Non piangere amore mio, ti prego sorridi», dissi sentendo il cuore che batteva all'impazzata mentre rimettevo le mani sulle sue guance per passare il pollice sotto i suoi occhi togliendo i residui di lacrime. Dopo le mie parole, un sorriso gli spuntò sul volto.
«Ecco, intendevo proprio questo», dissi sorridendo a mia volta.
«Vuoi fare qualcosa amore?», mi chiese Harry guardandomi ancora con quel sorriso stampato sul volto.
«Non lo so, a me basta che sto con te.», dissi sentendo le mie guance scaldarsi.
«È così anche per me, ma qualcosa la dovremmo pur fare», disse per poi ridacchiare un po'.
«E cosa vorresti fare?», gli chiesi accarezzando con i pollici le sue fossette guardandole.
«Non lo so, ma oggi è stata una giornata lunga, sono successe molte cose...», fece una pausa avvicinandosi a me «per cui se vuoi stare a casa, per me va più che bene», disse piano e lentamente leccando le sue labbra, e facendo cadere il mio sguardo su di esse.
«Sì, va benissimo anche a me» sussurrai senza fiato.
«Bene», sussurrò a sua volta, quasi sulle mie labbra. Le sue mani finirono sulla parte scoperta dei miei fianchi, il che mi fece venire la pelle d'oca. Il mio corpo si sporse più verso di lui in cerca delle sue labbra. Fu in quel momento che lui si stacco da me e chiese:«Ti va di vedere un film?» sorridendo innocentemente. Sapeva l'effetto che mi stava facendo!
«Davvero?», alzai un sopracciglio.
«Cosa c'è? Non ti va?» sorrise divertito.
«Mi stai sfidando, va bene», annuii «Andiamo a vedere questo film» dissi andando verso la televisione.
«Hai dvd?», chiesi sedendomi sul divano.
«Sì, ne ho di moltissimi film», mi fece cenno di guardare verso gli scaffali pieni zeppi di film.
«Lo vedo!», risi.
«Cosa vuoi vedere?», chiese andando verso gli scaffali.
«Da tanto vorrei vedere "colpa delle stelle"», chiesi sperando che l'idea gli potesse piacere.
«Non hai mai visto "Colpa delle stelle"?», chiese incredulo. Scossi la testa.
«Allora lo vediamo subito!», esclamò. Cercò la custodia di questo film e, quando la trovò, la afferrò e si diresse verso il lettore dvd. Dopo aver messo il film ci sedemmo sul divano, ed io poggiai la testa sul suo petto, dove rimase per tutta la durata del film, che alla fine risultò meraviglioso. Alla fine eravamo così stanchi che, in pieno pomeriggio, ci addormentammo nelle posizioni che avevamo avuto durante tutta la durata del film.

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