5. Giù le mani dalla melagrana

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Dwayne aveva desiderato per tutta la sua vita la capacità di volare: aveva tentato di convincere sua madre a permettergli una gita nel tunnel del vento, visto che la signora Hussain di paracadutismo e tute alari non voleva neanche sentire parlare, ma ovviamente aveva fallito nella più misera delle maniere. Allora si era deciso a comprarsi almeno un paio d'ali, giusto per avere la soddisfazione di possedere qualcosa in tema, ma anche quel progetto era andato in fumo - nel vero senso della parola - quando quei tre pazzi in cosplay lo avevano rapito e caricato su una carrozza che teoricamente non avrebbe neanche dovuto avere la capacità di muoversi.

E invece, pensa un po', addirittura volava. Dwayne sapeva solo una cosa: non era certamente questo il modo in cui si era figurato di esaudire il proprio desiderio.

"Vuoi smetterla di urlare?" Gli chiese in modo irritato ed esausto Iris. "Mi stai facendo venire mal di testa."

Il ragazzo si zittì all'istante e tornò a fissarla con il panico dipinto in viso. Iris sospirò di nuovo.

"E anche di fissarmi come se avessi due teste."

"Dove stiamo andando?" Pigolò Dwayne, che intanto stava rivalutando tutta la faccenda del volo, visto che la carrozza, trainata da quelli che si erano rivelati essere Thestral a vapore, continuava a subire una serie di contraccolpi a causa dei potenti battiti d'ali consecutivi delle due bestie.

"A sganciare tua cugina a casa." Rispose Iris, quasi soprappensiero. A Dwayne non sfuggì la mancanza di un 'voi'.

"Solo Kelly?"

Non erano quelli i patti o no? Gli sembrava di ricordare che avessero parlato di sua madre, di portarlo a casa sano e salvo...

"Iris, ci siamo." Fece sapere Winton, sulle cui ginocchia riposava la testa di Kelly. Dwayne fece una smorfia: se sua cugina si fosse risvegliata in quel momento, avrebbe probabilmente perso ogni ritegno alla sua dignità. Dwayne non era a conoscenza del fatto che l'adolescente in piena crisi ormonale era già stata colpita dal cieco fulmine dell'amore, impersonato nella personalità al fianco di Win, quello che guardava fuori dal finestrino con un muso lungo quanto quello di un equino.

Dwayne non riusciva a capacitarsi della bruttezza di quei baffetti messicani, ma d'altronde era anche conscio di non essere una giovane donna con gli estrogeni in endovena e negli occhi l'immagine falsatissima di quel lercione di Johnny Depp.

Stanco com'era si era perso dietro alle sue ingenue condanne del pelo posizionato sopra il labbro superiore di under cinquantacinquenni il cui nome non è George, e a causa di questo rimase spiazzato dall'improvvisa virata che la carrozza eseguì, prima di atterrare elegantemente sul retro del giardino della zia Houda. Forse Dwayne avrebbe potuto approfittare del mezzo minuto che ci volle a Winton per sollevare Kelly, spalancare con un tocco di tacco lo sportello della carrozza, scendere con un grazioso passo di danza, posizionare la cugina ancora dormiente sul dondolo della zia e tornare al sicuro sul cocchio. Ma quando i plessi neuromotori del ragazzo si attivarono, fu troppo tardi: la porta della carrozza si era già richiusa.

"Oddio." Squittì con una voce sottilissima e talmente strana da spaventarlo ancora di più, tanto che stupì tutti, perfino Jasper si voltò a guardarlo alzando un sopracciglio, quando iniziò a emettere un sottile cigolio.

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