15. L'arte della guerra

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"Si tratta di qualcosa di molto facile, combattere" disse tranquillo Rob chiudendo gli occhi per evitare di farsi distrarre dalla luce che colpiva tutte le spade e le armature del gruppo che aveva di fronte. Gabriel aveva aiutato Jazlynn a portare fuori nel campo di allenamento tre ceste piene di diversi tipi di armi smussate. C'erano spade di tutte le misure e fogge, lance, scudi, mazze e archi. Una timida ragazzina della casa di apollo osservava una balestra con gli occhi sognanti mentre Dwayne cercava con tutto se stesso una katana con cui diventare simile ai samurai dei cartoni animati.

Il figlio di Zeus aveva dovuto dimostrare come indossare l'armatura a tutti quanti ma ora la maggior parte di loro indossava le repliche in gomma piuma che Gabriel aveva sempre visto sul fondo del magazzino ma mai davvero utilizzato.

"Le armature che indossate sono delle copie. Il peso di una vera potrebbe impacciarvi troppo nei movimenti" disse con voce chiara mentre un ragazzino di Ecate chiedeva al compagno come mai il bronzo fosse così leggero. "Un pettorale più bracciali e schinieri può arrivare a pesare anche più di 15 chili. Dovrete allenarvi prima".

"Trilly, il mio coniglio, pesava 15 chili" disse Myleen, otto anni, ultima arrivata della casa di Demetra.

"Il tuo coniglio era..."

"Grandissimo e bellissimo" disse Jazlynn troncando la frase di Rob a metà.

"Stavi per dire mostruoso vero?" gli chiese Gabriel avvicinandosi per passargli un grosso scudo rettangolare.

"Già" ammise Rob accettando lo scudo e prendendo il manico della mazza da terra.

"Sono così piccoli" sospirò ridendo il figlio di Zeus ma Rob non ridacchiò. Non era nelle sue corde farlo.

"Siete sempre stati piccoli tutti voi".

A discapito di tutte le panzane di cui Mark gli aveva riempito la testa, Rob non era affatto tremendo o incline alla tortura cinese. Era grande e grosso, con un sacco di peli rossi in faccia, ma per il resto era semplicemente scorbutico. A compensare le sue spiegazioni scabre ci pensava un altro elemento che aveva già visto in giro. Alto, biondo, abbronzato e con un fisico da statua greca. Dwayne pensava avrebbe potuto fare la fortuna come cosplayer o idolo delle ragazzine ma al contrario di tutti i belli e dannati dei videogiochi che aveva giocato e rigiocato fino allo sfinimento, Gabriel Willow non sembrava pieno di sé. Affatto. Era lì a farsi colpire con una spada da allenamento da una ragazzina di otto anni e rideva. Per un millesimo di secondo immaginò come le cose sarebbero state se i caratteri di Jasper e Gabriel avessero trovato una corrispondenza ai loro stereotipi. Gabriel pieno di sé e baldanzoso, mentre Jasper bruttino e insicuro di quello che faceva, buono con tutti. Poi tornò alla realtà e vide le trecce rosse della sua avversaria volteggiare nell'aria prima che un calcio ben assestato lo colpisse in pieno stomaco. Per la terza volta di fila si accasciò a terra.

"Jesse!" la richiamò Rob accorrendo dall'altro lato dell'arena. "Abbiamo detto di provare a colpire di piatto, non stendere!"

"Ma lui era distratto. Fissava il vuoto".

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