Era iniziato come un brusio lento e quasi impercettibile. Una vibrazione impalpabile nelle particelle dell'aria e dell'acqua, ancora troppo docile per scuotere la terra. Non ci aveva fatto così, come chiunque abbia ben altri problemi, tra cui il freddo. Il freddo che aveva ghiacciato ogni pozzanghera, coperto di neve ogni ramo e abbattuto ogni polline che osava vagare indifeso per il campo. La serra di Demetra era l'unico posto dove ancora il verde osava sfidare il gelo anomale, sbirciando dal proprio vasetto di terracotta decorato come un bambino da sotto il letto quando sente dei rumori.
Di cose strane al campo ne erano sempre capitate tante, ma quell'estate stava segnando il collasso mentale per Memo. L'aveva ignorato all'inizio. Ma dal giorno del brusio, tutto aveva iniziato ad andare a rotoli più del necessario. Crescente, incessante riverberava dentro di lei parole ignote che non sapeva definire con pause irregolari. Le scuoteva le ossa, i nervi. La faceva tremare anche nella più tiepida delle stanze, le faceva inavvertitamente abbattere i vasi di fiori quando visitava la serra. L'aveva fatta andare fuori tempo per tutta la durata del numero delle muse, nemmeno il potere della Divina Sue era riuscito a scacciare quella tarantola che si sentiva dentro. Eppure, se avesse dovuto descriverla non avrebbe detto di averla dentro. Non si sentiva malata, più dell'allergia che finalmente le stava dando un po' tregua. Lei non era la fonte, era la cassa di risonanza. La notte era l'unico momento in calma in cui poteva dormire, esausta, e tutto taceva. Fino a quella notte in cui nulla aveva più taciuto. Tutto aveva iniziato a tremare più forte, grida più sottili e più acute, terrorizzate, avevano squarciato l'etere riversandosi incessanti su ogni cosa, coprendo ogni rumore e annullando ogni cosa. Si era svegliata di colpo nella cabina deserta, senza nemmeno chiedersi il perché. La testa un pallone sul punto di esplodere e le orecchie rese insensibili dalle continue vibrazioni. Caracollò giù dal letto, mettendoci qualche secondo a recuperare l'equilibrio. Tutto, anche la sensazione dei suoi stessi piedi sulle assi del pavimento le sembrava ovattato e ultraterreno.
"Ragazzi?". Era sicura di averlo chiesto, ma onestamente sentì a malapena la sua stessa voce. "Renata? Win? C'è qualcuno?". Ma nessuno rispose. Osò andare verso la finestra e guardare fuori. Solo spostare la tendina gialla a pois bianchi fu come aprire la porta in una notte piena di tuoni e lampi. Tutto più forte, vibrazioni più dirette. Cadde all'indietro.
Memo aveva già avuto ampie esperienze con il paranormale, ma in quella forma mai. Fece un profondo respiro e si tirò in piedi. Aveva bisogno di una via di fuga e in fretta per far smettere quel lamento, o trovarci un senso. Accecata dalla paura, il cuore batteva sempre più forte e più violento in petto, opponendosi con la sua vibrazione di carne a quella ultraterrena che la scuoteva e chiamava. Chiamava fuori. Chiamava all'esterno per risuonare ancora meglio. Uscì divisa a metà tra la speranza che il freddo la riportasse indietro e quella che la vibrazione la portasse ancora più avanti, che si facesse capire. Ma non accadde nessuna delle due cose.
La neve che pigramente si era appoggiata per terra così leggiadra ebbe l'effetto di mille spilli nelle piante dei piedi, e il vento sotto il pigiama leggo si trasformò in coltelli e carta vetrata sulla pelle infiammata. Il primo respiro che si lasciò uscire si condensò in una nuvola così tranquilla. Tutto sembrava così tranquillo rispetto alla vibrazione che appena fatto un passo fuori era diventata così forte da farla sentire come attraversata da corrente elettrica. Si strinse tra sé e sé e si fermò nello spiazzo tra due cabine a fissare con gli occhi sgranati tutto attorno a sé, a cercare la fonte. Ma tutto era la fonte e forse stava iniziando a capire. Smise di opporsi e sentì il grido diventare una miriade di voci vicine e lontane, le voci del cielo, della terra, da sotto la terra. Il gorgoglio delle acque e il lamento dei pesci, le stesse foglie sofferenti, i granelli di sabbia e ogni molecola urlare straziata, tutta assieme. Tutto assieme. Qualcosa di importante si era rotto e non sarebbe più tornato com'era prima, facendo sì che tutto il creato piangesse questa enorme perdita. E assieme al creato piangeva anche Memo lacrime fredde mentre guardava smarrita le figure che le si avvicinavano. Quasi non vide chi erano, così persa nell'eco.
Qualcuno le appoggiò qualcosa sulle spalle che dissipò il freddo alle spalle quasi all'istante. Poi delle mani le toccarono la faccia e le sentì a malapena, tanto era infreddolita e insensibile.
"Ma cosa le sta succedendo?" chiese spaventata Sia, cercando di svegliare Memo con dei piccoli schiaffetti.
"Dobbiamo portarla subito nella Casa Grande, prima che le venga un accidenti!" guaì Scarlett abbassandosi sulle ginocchia. Jasper la guardò confuso. "Che stai facendo?"
"Forza, caricatela su".
"Ma potrebbe cadere e farsi ancora più male"
"Starò attenta. E poi il pelo invernale delle volpi è morbidissimo".
"Ti stai facendo pubblicità?"
"Zitto e carica".
"Sissignora".
Il ragazzo non voleva prenderla di peso, dato che dubitava di essere in grado di reggerlo in quelle condizioni. Ma non voleva nemmeno svegliarla per timore che si spaventasse come i sonnambuli. La prese per le mani ma Memo non si mosse, anzi, si irrigidì più di prima. Le pupille erano estremamente dilatate, fisse verso qualcosa che Jasper non riusciva nemmeno a immaginare. "Sia, prova a spingerla da dietro". La ragazza tentò di guidarla gentilmente per le spalle ma Marissa perse semplicemente l'equilibrio in avanti finendo, rigida come uno stoccafisso in braccio a Jasper. I due si guardarono negli occhi oltre la matassa di capelli biondi di Memo. "Cosa facciamo?".
"Devo sempre fare tutto da sola!" si sbraitò Cadmy, facendosi spazio con il muso tra lo scomodo terzetto e prendendo delicatamente nelle fauci la ragazza, che sembrò come appoggiata in una strana posa sulle gengive rosa della volpe, evitando i denti come scomode protuberanze di un divano rotto.
L'urlo continuava e continuava, come un'onda sonora infinita, fino a che, improvvisamente si spense. Non come era arrivato, ma di botto. Come quando salta la corrente e l'immagine al televisore scompare in un "blop" nero. L'urlo si spense e tutto il resto tornò, tutto assieme. Era appoggiata a qualcosa di viscido e puntuto. Non le ci volle molto per capire di essere nella bocca di qualcosa, o meglio qualcuno. Si spaventò moltissimo e lanciò un grido. Scarlett mollò immediatamente la presa, guaendo e perdendo l'equilibrio. Memo venne spedita a terra dopo un piccolo volo, faccia nella neve. La volpe temette il peggio per un attimo ma la figlia di Demetra si voltò subito a prendere fiato, rossa in viso e tremante. Gli occhi sembravano vedere per davvero, come quando ci si sveglia da un brutto sogno al suono della sveglia e ci si rende conto che il mondo è ancora come lo si conosceva prima di addormentarsi.
"Memo!" arrivarono urlando Jasper e Sia. "Memo, cosa è successo?"
La ragazza si scostò un grosso ciuffo di ricci biondi dalla faccia e si rese conto di quanto freddo avesse. I piedi le facevano così male che l'unica reazione alle parole dei suoi compagni fu quella di iniziare a piangere. "Aiutatela ad alzarsi – disse Scarlett tornata umana per l'occasione – Ha freddo. Ci sarà tempo per le domande dopo un bagno caldo e una tazza di tisana bollente". Marissa annuì, asciugandosi le lacrime con i dorsi delle mani pieni di neve. Sia e Jasper la presero sotto le ascelle e la tirarono su di peso, aiutandola poi a coprire gli ultimi metri che mancavano per arrivare sul portico della casa grande. Winton aprì loro la porta prima che potessero bussare, ancora con cappello e guanti addosso. Iris alle sue spalle si stava sbottonando il piumino. Si interruppero immediatamente entrambi.
"Memo!"
"Win, aiutami a portarla di sopra" abbaiò Jasper evidentemente affaticato.
"Ci penso io, Jas. Vai a sederti" disse la voce sottile di Sia che, forse proprio per la sua abitudine al freddo, sembrava meno affaticata e meno provata di Jasper, ancora non nelle migliori condizioni fisiche. Il figlio 7 Ade lasciò che Winton prendesse il suo posto e li guardò mentre guidavano la ragazza su dalle scale. Iris si fece avanti. "Cosa le è successo? È malata?".
"Non di qualcosa di fisico. Era fuori dalla cabina in pigiama, sembrava tipo in trance come se stesse guardando qualcosa che nessuno di noi vedeva".
"Potrebbe aver avuto una visione come quella di Rob" rispose pragmatica la figlia di Atena. "In ogni caso, le serviranno dei vestiti caldi".
"Vado a prenderli io" disse Scarlett. "Voi iniziate pure il conciliabolo con le Muse, torno fra poco. Nel frattempo, Jasper, fai una bella cosa e aiuta Iris a preparare tisana calda per tutti. Ne avremo bisogno".
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Odissea del Nord
RandomA distanza di due anni dalla caduta di New Troy, grandi e piccole cose sono cambiate al Campo Mezzosangue: qualcuno si è innamorato, qualcun altro ha intrapreso la via del college, qualcun altro ancora ha deciso di assomigliare a Kurt Cobain, ma mor...