42. Quel giorno d'inverno

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Infilai la chiave nella serratura ed aprì la porta proiettandomi nel buio della mia casa.

Era stanco morto e l'unica cosa che volevo fare era buttarmi sul letto e dormire come un orso in letargo.

Ma qualcosa di inquietante mi costrinse ad accendere la luce del soggiorno, qualcosa come un respiro freddo e quasi innaturale.

Così lo feci mantenendo la calma e quello che vidi mi lasciò pietrificato...

Mia madre era lì accovacciata nell'angolino con una veste bianca da notte e l'aspetto trascurato.
Quelli che erano i suoi bei capelli biondi, ora erano spenti ed arruffati.

Appena mi vide tirò fuori un sorrisone come se mi stesse aspettando da tempo lì, e si mise in piedi. Ma quel sorriso... quel sorriso aveva un qualcosa di innaturale, così come il suo sguardo, quasi freddo, estraneo.

Rimasi immobile non sapendo cosa fare, non la rivedevo da quel giorno d'inverno di cinque anni fa. Ed oggi era lo stesso giorno.

Iniziò ad avanzare verso di me allargando le braccia, penso volesse abbracciarmi, ma... non potevo farlo, non era sicuro...

"Che fai, tesoro? Non abbracci la tua mamma?" Mi disse con una voce dolce ma evanescente.

Mi avvicinai verso di lei allargando leggermente le braccia, alcune lacrime iniziarono a scendere sul mio viso, al solo pensiero di ciò che stavo per fare.

Ecco che era ad un passo, ma non potevo... fui costretto a compiere quel gesto...

Mi bastò un colpo, un unico affondo con la lama del coltello che tenevo nella giacca, dritto nel suo cuore, mentre io scoppiai a piangere.
Stramazzó a terra, in un lago di sangue scuro...

Sangue dello stesso colore di quel giorno d'inverno di cinque anni fa...

Sangue dello stesso colore di quel giorno d'inverno in cui morì triturata dalle lamiere di quel treno davanti ai miei occhi

100+1 CREEPYPASTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora