Mi siedo su una panchina sgangherata, sbuffando rumorosamente. I miei compagni si infilano in un bar lì accanto, Paolo soltanto mi si avvicina, rimane in piedi, si guarda un po' attorno, lasciandosi illuminare il viso dalla luce del sole, troppo caldo per essere solo fine Marzo.
-Tutto okay?- Mi chiede dolcemente, con un piccolo sorriso di rassicurazione.
-Mi sembra di aver scalato l'Everest, invece abbiamo solo fatto due passi...- Ammetto, guardandomi la pancia coperta da una magliettina leggera rosata, poco aderente, con su disegnati un migliaio di fiorellini. Me l'ha data la madre di Marco, Graziella, è stata estremamente gentile, mi ha detto che in gita mi avrebbero fatto comodo i suoi abiti premaman, o comunque alcune cose un po' più larghe. Io ho smesso di ribellarmi, accettando la sua improvvisa cortesia che di solito mi veniva riferita da Marco e quindi avevo sempre pensato non fosse reale. Per assurdo, nella sua freddezza e riservatezza Graziella sta facendo per me più di quanto mia mamma abbia fatto da quando ha saputo di noce. Seppur poco e male, noce ha ufficialmente una nonna: Graziella.
-Hai mangiato a colazione?- Mi chiede, abbassando gli occhiali da sole che teneva immersi tra i capelli, dei Rayban fintissimi che gli avevo comprato durante la gita dell'anno scorso a due euro, un po' rovinati e storti, ma ancora decisamente belli per quello che mi sono costati.
-Sì- Rispondo -Ho sempre più fame- Spiego, un po' avvilita, per i chili che sto prendendo che sono sempre di più e ho quasi paura che non tornerò più come prima.
-E' normale bella, siamo stanchi noi! Figurati tu che ti porti appresso una bambina nella pancia che ha bisogno di mangiare un casino per formarsi!- Esclama come se fosse ovvio, togliendosi lo zaino dalle spalle e poggiandoselo tra i piedi. Forse era meglio non ternerla. O forse era solo meglio non venire in gita. Forse è una cosa troppo difficile per me, forse dovrei darla in adozione, o almeno in affidamento, non ho ancora nemmeno trovato un lavoro se non quei tre ragazzini a cui faccio ripetizioni sporadicamente. -No!- Urla all'improvviso, puntandomi l'indice contro. -Lo so che faccia è quella!- Continua -Non iniziare con i tuoi soliti ripensamenti Emma!- Mi rimprovera, avvicinandosi di più a me. Si abbassa, accovacciandosi a terra, sulla stradina di ciottoli e prende le mie mani, poggiandole insieme alle sue sulla mia pancia. Un brivido mi percorre la schiena, mi fa chiudere gli occhi, lo guardo senza capire bene cosa voglia. -Tu ami noce, non dimenticartelo solo perché fa paura- Sussurra, con un sorriso sicuro sul volto.
-Paolo io non ce la faccio più, questa gita è una specie di tortura, ho i piedi gonfi, mi scappa la pipì in continuazione, sto mangiando tantissimo e ho già quasi finito tutti i soldi che mi ha dato papà- Rispondo, togliendo le nostre mani da quel quadretto inaspettato. La nostra discussione attira l'attenzione di Marco che si avvicina, appena uscito dal bar, con due cannoli siciliani tra le mani, mentre Paolo si rialza sbuffando e scrollandosi i pantaloni un po' sporchi.
-Che succede?- Mi chiede, porgendomi un cannolo. -Mangiatelo tutto- Mi intima, facendomi un po' innervosire.
-Lasciatemi stare, va bene? Sono stanca di voi due, dei vostri casini, voglio solo stare seduta su una panchina da sola per cinque minuti e fare finta che non sto per diventare madre- Sbotto, addentando il dolce che Marco mi ha gentilmente offerto. Mi guardano tutti e due un po' straniti, Paolo di più e Marco si affretta a spiegargli un po' la situazione sulla quale lui è al corrente. Penso sia importante nella nostra relazione essere sinceri e condividere tutto, quindi cerco di essere onesta e parlargli il più possibile chiaramente.
-E' solo nervosa e spaventata- Spiega, guardando Paolo. -La ginecologa le ha spiegato che è piccola e che questa gravidanza non sarà così facile-
-Perché scusa?- Chiede Paolo, non essendo proprio ferrato in materia.
-Il mio corpo non è pienamente sviluppato- Mi intrometto, senza guardare nessuno dei due.
-Ecco, sì- Dice Marco, visto che gli ho rubato le parole di bocca. -La bambina potrebbe avere difficoltà a svilupparsi, lei potrebbe diventare anemica, diabetica, andare in ipertensione...Sicuramente si affatica di più di una venticinquenne- Spiega poi, con molta più lucidità di me e la cosa per un momento mi fa sentire sicura.
-Ho il bacino piccolo, potrebbero dovermi fare il cesareo- Aggiungo, prendendo un respiro profondo. -Noce potrebbe nascere prematura, perché io non sono abbastanza grande per tenermela dentro nove mesi- Concludo, facendo scivolare una lacrima lungo la guancia. Marco si siede accanto a me, mi stringe una mano.
-Emma, noce è una forte- Mi rassicura Paolo. -Proprio come sua mamma. Starete bene, perché ci sono tantissime persone a volervi bene, ad amarvi-
-Sappiamo che fa molta più paura a te che a noi, perché tu ci sei dentro e rischi tantissimo...- Continua Marco, stringendomi la mano più forte, tanto da farmi girare e guardare solo lui. -Non so cosa dovrei dirti, non lo so davvero- Farfuglia un po' spaventato, io sorrido per la sua goffaggine e gli stampo un bacio sulle labbra.
-Va bene così- Sussurro, prima di dargli un altro bacio.
-Sai di cannolo piccola- Commenta ridendo e facendomi bloccare un po' per il soprannome. Non ci siamo mai dati soprannomi, siamo sempre stati solo Emma e Marco e questo piccola quasi mi fa raggelare il sangue, o forse me lo scalda, non lo so, è davvero difficile da capire la cosa.
-Che palle che siete, non potete baciarvi quando non ci sono?- Chiede Paolo un po' scocciato, quasi geloso.
-E tu non puoi rompere quando non ci sono?- Gli rispondo facendogli la linguaccia, mi fa il verso e finge di mettere il broncio, anche se una punta di gelosia gli rimane incastrata nel viso, nel sorriso un po' tirato e nell'ironia velata.
-Emma ma è possibile che sei sempre circondata da questi due?- Mi chiede Elisa, in questa gita diventata anche mia compagna di stanza e non solo di banco. Scoppio a ridere, mentre Marco mi aiuta a rimettermi in piedi.
-Ma hai idea di che vita avrà mia figlia?- Le chiedo, ironicamente sconsolata, sotto lo sguardo di Marco, che mi stringe una mano mentre riprendiamo a camminare. -Non so chi sarà più appiccicoso tra suo padre e il suo zio figo- Spiego alzando gli occhi al cielo, lei ride, facendosi aria sventolandosi una mano vicino al viso.
-Zio figo?- Domanda Paolo, non capendo pienamente il termine.
-Sì tipo lo zio che non è un vero zio, ma è fighissimo e fa fare cose fighissime, e quindi fa comodo chiamarlo zio, oltre al fatto che è così tanto nella tua vita da essere uno zio acquisito- Spiego in sintesi, aggrovigliandomi io stessa con la mia descrizione. -Vabbè so che sembra complicato, ma non lo è!- Esclamo, giustificandomi un po'. Loro ridono e io mi imbarazzo un po' abbassando lo sguardo.
-A che pensi?- Sussurra Marco, baciandomi una tempia.
-Al fatto che noce è fortunata, al fatto che se anche non dovessi sopravvivere a questa gravidanza, nel peggiore dei casi, lei starebbe bene- Rispondo sinceramente, ritornando un po' giù di morale.
-Smettila di essere così pessimista. Vedrai che non succederà nulla di brutto, ci sono io, okay?- Mi rassicura, forse un po' scocciato. Sospiro non del tutto convinta, ancora un po' spaventata, ma perlomeno con lui che mi tiene per mano. Continuiamo a camminare, quando la suoneria del mio cellulare mi fa fermare. Lo tiro fuori dalla tasca dei jeans, bloccandomi davanti alla scritta sullo schermo: "Mamma".
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La stella più fragile dell'universo [IN REVISIONE]
FanfictionEmma ha diciotto anni, una vita piuttosto normale, un migliore amico iperprotettivo e una strana relazione con Marco, il più bello della classe.