Capitolo quarantasei

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Checco mi abbraccia, saluta me, saluta Isabel accarezzandomi la pancia, rimaniamo fermi sulla porta per un po', come a voler rimandare quello che però devo, purtroppo affrontare.
-C'è mamma, vero?- Gli chiedo, abbassando lo sguardo. -Devo parlarle- Aggiungo, mordendomi un labbro e tornando a guardare mio fratello che, sorpreso, solleva le sopracciglia.
-Sicura di voler parlare con mamma?- Mi domanda, reggendosi alla porta, già stufo di stare in piedi. Annuisco piuttosto convinta, anche se in realtà sono terrorizzata e mi volto, guardando Paolo fermo in fondo alla macchina che sua madre ci ha gentilmente prestato per portare le valigie. Le ho già portate qui, anche se in realtà ho così tanta paura che mia madre rimarrà ferma sulle sue idee, che mi tremano le gambe. -E' andata un attimo in cucina a controllare la cena- Mi dice, indicandomi la porta in fondo al salotto. Non metto piede in questa casa da mesi, eppure mi sembra passata una vita intera. Sono uscita di qui che ero di tre mesi e mezzo, riuscivo ancora a nascondere la pancia e me ne sono andata senza sapere cosa sarebbe successo, senza sapere nulla. Ora rientro in questa casa incinta di quasi otto mesi, senza sapere cosa succederà. Mia mamma apre la porta della cucina distrattamente, ha su una tuta dell'adidas di tanti anni fa, un po' sformata, i capelli trattenuti da un mollettone. Quando mi vede si immobilizza, stava per dire qualcosa, ma si ammutolisce.
-Ciao mamma- Dico, salutandola un po' imbarazzata con la mano. Lei deglutisce, abbassa lo sguardo e annuisce, come per acconsentire alle sue stesse parole.
-Checco, puoi andare su in camera tua?- Chiede solo, avvicinandosi a mio fratello che scherzosamente la saluta come un soldato e urla un "agli ordini capitano". Ridacchio, perché alla fine mi è mancato tantissimo, più di quanto credessi. Checco sale su di sopra e mamma si siede sul nostro divano bianco, chiedendomi come mai sono lì. -Se hai bisogno di tuo padre, è uscito a pagare la retta di calcio di Francesco- Mi spiega, rimanendo dritta e composta sul divano, per niente tranquilla.
-Sono venuta per parlare con te- Sbotto, sedendomi accanto a lei, lei si sposta un po' più in là, senza guardarmi nemmeno in faccia. Cala un silenzio surreale e io sospiro cercando di trovare la forza di parlarle, anche se le parole mi vengono meno. Con lei mi sono sempre venute meno ed ora che sono certa di averla delusa è ancora peggio del solito. -E' una femmina sai- Le racconto, accarezzandomi la pancia con entrambe le mani, piuttosto contenta, alla fine, della mia bambina. Quasi come ne fossi già orgogliosa. -Abbiamo scelto il nome- Aggiungo con un sorriso un po' tirato, perché ora parlare al plurale includendo Marco mi fa sentire un peso enorme nel petto.
-Emma, non m'interessano queste cose...- Sussurra, non del tutto convinta e io sospiro.
-Ma tu sei mia mamma- Le dico, guardandola di profilo, visto che si ostina a non guardarmi in faccia. -Tu mi hai tenuta nella pancia come io ora sto tenendo Isabel. Per quanto ti abbia delusa, tu non puoi dimenticare quei nove mesi in cui ero solo tua e solo tu potevi sentirmi. Tu mi hai conosciuta prima di tutti gli altri-
-E' diverso- Mi interrompe. -Tu ti ricorderai questi nove mesi perché ti sei bruciata l'adolescenza, perché hai fallito. Io ricorderò i nove mesi con te come i più belli della mia vita- Mi spiega, con la voce un po' strana nell'ultima parte della frase.
-Vuoi dirmi che quando eri incinta di me era tutto perfetto? Non c'è mai stato un giorno brutto?- Chiedo, sapendo già la risposta. -Mamma io lo so che non è il massimo, ma è la mia bambina, la amo, voglio pettinarle i capelli e leggerle le favole prima di andare a dormire e cantarle una ninna nanna mentre la cullo. E voglio che tu sia sua nonna, che le insegni quello che non posso insegnarle io, ma soprattutto che insegni a me come crescerla!- Esclamo, e finalmente mi guarda in faccia.
-Non penso sia il caso, visto come ho cresciuto te- Ammette, con gli occhi un po' lucidi. Lascio uscire due lacrime, completamente distrutta da questa frase. Non so come farglielo capire, non so come farla avvicinare a me e a sua nipote e mi distrugge.
-Marco mi ha tradita- Le dico con la voce rotta dal pianto. -Ho bisogno di te- Ammetto, e piange anche lei ora. Piange per davvero e io non riesco a capirne il motivo. -Io ci ho provato mamma, per Isabel e lui mi ha tradita, non voglio più stare da lui, vorrei non doverlo più vedere- Le spiego, e lei si avvicina un po', mi poggia una mano sulla spalla.
-Non sono in grado di aiutarti- Sussurra tra le lacrime. -Tu sei sempre stata così grande...Sai a quattro anni sapevi già scrivere il tuo nome e alla fine dell'asilo sapevi già leggere. Eri sempre dieci passi avanti rispetto a tutti i tuoi coetanei e non mi hai mai dato nessun problema. Sei sempre stata educata, gentile. Io non ho mai dovuto fare grandi sforzi, poi è nato Francesco e io ho pensato che tu ce l'avresti fatta da sola- Mi racconta, e io l'ascolto rapita. -Non sono mai stata una brava mamma per te...Hai sempre cercato tuo papà, lui ti ha sempre capita, ti sei confidata con lui su tutto e con me mai. Pensavo che questo- Dice indicando la mia pancia. -Fosse soltanto un altro segno di quanto non sono mai stata capace con te, di quanto ho sbagliato con te, di quanto tu non abbia mai avuto bisogno di te- Io la guardo confusa, anche un po' sorpresa e tiro su con il naso, cercando di frenare le lacrime.
-Mamma io ho sempre bisogno di te- Le dico in un sussurro. -Io avrò sempre bisogno di te, soprattutto ora che avrò presto una bambina e il mio fidanzato mi ha tradita e la mia vita mi è crollata tra le mani...- Sussurro, lei si asciuga le lacrime e si ricompone, mentre io continuo a parlarle. -Aiutami, ti senti in colpa per non averlo fatto quando ero piccola, fallo adesso. Aiutami, aiuta tua figlia e tua nipote, facci stare qui- La prego, e lei mi sorride lievemente.
-Va bene- Risponde, facendo sorridere anche me tra le lacrime.
-Va bene?- Chiedo di nuovo, per essere sicura di aver capito, per essere sicura che non sia un sogno. Lei annuisce, togliendo la mano che aveva appoggiato sulla mia spalla. -Vuoi sentire noce?- Le chiedo e lei mi guarda confusa. -Noce è un nomignolo stupido con cui chiamavo Isabel prima di aver deciso il nome- Le spiego, asciugandomi la faccia con il polsino della felpa. -Si diverte da morire a tirare calci...- Continuo, e lei mi osserva senza dire nulla. -Dai mamma- La incito, girandomi un po' verso di lei. Titubante poggia una mano sulla mia pancia e io la guardo sentendomi finalmente concretamente felice.
-Ciao noce, o meglio Isabel- La saluta un po' imbarazzata, guardandomi per controllare la mia reazione e io le sorrido, non riesco a fare altro. -Sono la nonna, sono la tua nonna- Dice, scoppiando a piangere di nuovo. -Sta scalciando davvero!- Esclama quasi esterefatta. Continua a parlare alla mia pancia, quando il suono del campanello ci interrompe. Mia mamma si alza e va ad aprire e Paolo, con il mio cellulare in mano mi guarda dalla porta.
-Emma scusami tanto, Chiara continuava a telefonarti, le ho risposto, non sapevo più cosa dirle e mi ha ordinato di entrare subito- Mi spiega, piuttosto spaventato dalle minacce della mia migliore amica, che sa cos'è successo tra noi e sono certa gli abbia già detto di trattarmi con i guanti, perché se no lo uccide. Mia mamma lo lascia entrare in casa e lui mi porge il cellulare.
-Amore!- Esclama Chiara al telefono.
-Ciao piccola- Le dico dolcemente. -Posso scriverti su Whatsapp? Ora sono un attimo a casa e devo sistemare delle cose- Le spiego.
-Tua mamma...?- Mi chiede preoccupata.
-E' tutto a posto- Mi limito a dirle, osservando mia mamma che offre qualcosa da bere a Paolo, che continua a rifiutare qualsiasi cosa. -Ora è tutto a posto- Concludo.

La stella più fragile dell'universo [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora