Capitolo diciotto

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"Camminiamo mano per la mano e l'invidia è una rosa, un po' ci lusinga e un po' di addolora"
(Sbagliato, LowLow feat. Riki)

All'improvviso, mangiare in cucina ho capito che è una cosa meno scontata di quanto pensassi. Marco e le gemelle pranzano da soli, cenano con i loro genitori in sala da pranzo che è una delle stanze più grandi della casa: in mezzo c'è un enorme tavolo con solo cinque sedie. Parlarsi è impossibile, Sofia mi ha detto che lei è fortunata perché è seduta vicino a Sara, Marco è di fronte a loro. I loro genitori stanno ai due capi opposti del tavolo, anche se tendenzialmente non ci sono molto spesso. I domestici, invece, mangiano sempre dopo di loro in cucina, su un tavolino troppo stretto per tutti e Marco mi ha fatto capire che io dovrò sempre mangiare qui. Non mi pensa, anzi, preferisco non stare allo stesso tavolo con Graziella e Marcello, probabilmente mi sentirei in imbarazzo. Lucia e gli altri invece mi hanno accolto calorosamente, senza squadrarmi dalla testa ai piedi e farmi sentire male anche solo per i vestiti che indosso.
-Ciao! Tu devi essere Emma- Dice una ragazza molto più alta di me, un sorriso magnetico, gli occhi castani e i capelli rossi, che presumo siano tinti.
-La mia fama mi precede- Rispondo, stringendole la mano.
-Piacere, io sono Elena, curo le due pesti che mi hanno riempito la testa per due giorni parlando di questa famosa Emma che sarebbe venuta a vivere qui- Spiega indicando Sara e Sofia, intente a infornare una torta insieme a Nazarena, la cuoca. -Sono la figlia di Lucia-
Sorrido a Lucia che sta apparecchiando la tavola alla meno peggio, aiutata da Alfonso e Marco. -Mi spiace tanto per la situazione- Aggiunge, non sapendo bene cosa dire. -Ma congratulazioni, comunque...Un bambino porta sempre tanta luce, in qualsiasi momento e condizione nasce-
Le sorrido e iniziamo a chiacchierare. Marco aveva ragione, è fantastica. Mi spiega che cura Sara e Sofia da quando sono nate, lei aveva appena iniziato l'Università e voleva guadagnare qualcosa per non pesare più su sua mamma e suo papà, comprarsi un appartamento ed essere più indipendente. I genitori di Marco sono degli angeli. Lo ripete in continuazione, dice che non si trova niente in giro, dice che non lo sa cos'ha fatto di bello per meritarsi loro. Ormai l'Università l'ha finita da un po', ha il suo appartamento, ma ancora non è riuscita a trovare un posto fisso come insegnante, fa la supplente ogni tanto, ma ancora niente, per cui continua a curare Sara e Sofia che ormai sono come delle sorelle minori.

Papà continua a chiamarmi, sta con me al telefono tutto il tempo che può la mattina, prima che io vada a scuola. Mi vesto parlando con lui in vivavoce, e mi dice di tornare, mi prega di tornare a casa. Dice che non è giusto, gli dico che è giusto, almeno un po', se voglio tenere noce devo saper dimostrare di cavarmela da sola, o comunque di sapermi arrangiare. Ho iniziato a cercare lavoro e ho scoperto che è una missione impossibile. Non si guadagna praticamente niente e tutto quel poco che trova so già che mi porterà via un sacco di tempo che dovrei usare per studiare e sistemare la mia media scolastica che continua a colare a picco. Marco da settimana prossima inizia a lavorare con suo papà, farà qualche pomeriggio a settimana, il giusto per non impazzire con lo studio, i suoi ci tengono particolarmente. Siamo in macchina, lui canticchia canzoni che non conosco, io lo guardo e penso che alla fine non è tanto male, preferivo andare a piedi con Paolo, ascoltare la mia musica, o almeno musica che conosco, ma non è tanto male.
-Ho fissato il test del DNA in un laboratorio un po' lontano, ma era quello con più posti liberi- Mi informa, abbassando un po' la musica. -Domani sera-
-Oggi ho l'ecografia del quarto mese- Dico osservando la strada, ormai siamo arrivati a scuola e lui cerca con lo sguardo un parcheggio. Non dice niente, sospira, probabilmente sta pensando a cosa diranno a scuola a vederci arrivare insieme, a cosa diremo. Io vorrei solo che nessuno capisse, che nessuno chiedesse niente. Sono fatti nostri, alla fine. Ma mi rendo conto che è impossibile non incuriosirsi. -Non vuoi venire?- Chiedo, azzardando un po'. -Ci dicono se è maschio o femmina- Aggiungo, per cercare di convicerlo. Mi guarda, mi guarda e basta e io mi sento una stupida. -Scusami, non fa niente, pensavo solo che ti potesse far piacere-
-Vorrei solo sapere per certo che è mio- Parcheggia e spegne la macchina.
-Dovresti fidarti di me- Ribatto un po' inacidita. La sua mancanza di fiducia sempre più rimarcata inizia a darmi fastidio. -Davvero, mi sembra da ipocrita fare tutto il carino con me e non credermi! A questo punto! Dover spendere duecento euro inutilmente, che potremmo tenere per noce-
-Emma sto facendo quello che posso. Ti ho già detto che io non voglio un figlio a diciotto anni, ti darò quello che ti serve per crescerlo se è mio-
-Se è tuo- Sottolineo ridendo. -Lascia stare guarda- Dico, scendendo dalla macchina e sbattendo la porta con un po' troppa forza. Lui chiude la macchina ed inizia a seguirmi, chiamandomi. Io cammino poco avanti a lui, ma non mi fermo, sono stanca, ho continue crisi ormonali e la sua sfiducia mi distrugge. Pensavo che lui avesse capito, che fosse disposto ad aiutarmi e il suo avvicinarsi a me mi aveva anche fatta illudere che succedesse qualcosa tra noi, invece lui si vuole limitare a dare dei soldi. A nostro figlio non servono soldi. Cioè sì, anche quelli. Ma prima gli serve il nostro amore.
-Emma- Mi prende per un polso e mi obbliga a guardarlo in faccia. -Non piangere- Mi incalza, facendomi accorgere di avere le guance inondate di lacrime. -Per favore non ti agitare-
-Non ti agitare!- Esclamo come fosse una presa in giro, asciugandomi la faccia con la manica del giubbotto. -Non mi agito tranquillo, io sono calmissima. Io so già chi è il padre di noce, io non ho bisogno di un inutile pezzo di carta-
-Io sì!- Urla anche lui, mi lascia il polso, mi prende la mano e me la stringe. -Non mi piace affezionarmi alle persone e poi perderle. Voglio esserne certo prima di affezionarmi- Spiega e io fisso le nostre mani unite, inizia a camminare e io lo seguo, tenendomi ancorata alla sua mano. Qualche suo amico ci fissa, lo salutano e mi guardano, mi fissano. Non abbiamo molti amici in comune, a parte i nostri compagni di classe. Francesca, una nostra compagna di classe ci blocca. Lei e Marco sono i rappresentanti di classe, sono sempre stati loro da che ne ho memoria.
-Ciao Emma- Mi saluta, poi osserva la mia mano stretta a quella di Marco, quasi avvinghiata, con la paura che lui possa ripensarci e lasciarmela da un momento all'altro. -Scusami tanto, ma non hai più riconsegnato il bolletino per la gita e manchi solo tu- Stacca lo sguardo dalle nostre mani e guarda Marco, un po' arrabbiata -Marco ti avevo detto di dirglielo- Lo richiama, infilando il cellulare nella tasca dei jeans.
Guardo Marco e cerco di pensare a cosa dire, non ho più affrontato la cosa, pensavo che ne avrei parlato con i miei, che avremmo deciso insieme, ma ora le decisioni riguardo la mia vita e quelle di mio figlio sono soltanto mie. O forse no, e lo guardo.
-Sì abbiamo giusto qualche problema- Dice, rispondendo per me. -Ti facciamo sapere dopo domani, abbiamo un po' di cose in ballo e dobbiamo fare chiarezza, nel frattempo aspetta anche a consegnare il mio di bollettino...- Spiega lui con calma, ma io lo interrompo.
-Sono incinta- Sbotto, facendole strabuzzare gli occhi. Marco mi strattona e mi lascia la mano, io lo guardo confusa. -Tanto lo sanno tutti, a che serve nasconderlo?- Gli chiedo con una punta di ingenuità, riprendendogli la mano, lui me la stringe e sbuffa. -Tanto tra poco lo vedranno tutti- Continuo, abbassando lo sguardo.
-Emma ma che stai dicendo?- Domanda Francesca, abbassando lo sguardo al livello della mia pancia, ma con il giubbotto non si vede niente.
-E' solo un casino, okay? Puoi aspettare fino a dopo domani per i nostri bollettini?- Chiede Marco un po' scocciato, sbuffando. Lei annuisce un po' incredula, mi continua a reggere a Marco che non mi stringe più la mano, gliela stringo solo io.
-Scusa- Sussurro, cercando di capire se è arrabbiato con me.
-Stai tranquilla, ma cerca di capirmi per favore- Dice, quasi disperato, mentre entriamo a scuola. Paolo è davanti alle macchinette, mi sbraccio per salutarlo e lui ci si avvicina, squadrando me e Marco.
-Ciao straniera- Mi saluta, baciandomi una guancia. Fissa incessantemente la mia mano e quella di Marco, io la lascio, come se all'improvviso scottasse. Approfitta della vicinanza al mio viso per avvicinarsi al mio orecchio. -Se ci stai insieme solo per noce mi incazzo- Bisbiglia, poi mi sorride, Marco mi dice che va dai suoi amici e io rimango davanti a Paolo che mi guarda e aspetta che io dica qualcosa.
-Non ci siamo messi insieme- Rispondo sbuffando, un po' stanca di questa sua eterna rivalità con Marco. -Ma avremo un bambino insieme, se andiamo d'accordo sarà meglio per tutti-
-Mi dà fastidio che ci stai appiccicata, a lui non gliene frega niente di te- Spiega, agitandosi un bel po'.
-Lo so già, grazie di ricordami ogni secondo che lui non vuole stare con me- Sottolineo, molto acida, delusa.
-Oh la gravidanza ti rende proprio carina eh!- Esclama un po' indispettito.
-Starò bene quando lui avrà la certezza che è suo- Spiego, massaggiandomi la fronte, mentre ci incamminiamo verso la nostra classe. -Tu vieni oggi all'ecografia?- Chiedo addolcendomi all'improvviso.
-Sì, certo, mi ero già organizzato con Chiara- Mi spiega, deglutendo. -Marco c'è?-
Lo fulmino con lo sguardo e lui lascia perdere. -Comunque, domani sera esco con Simone, io e Chiara ne abbiamo parlato ieri, alla fine Simone lo conosco da un po'- Inizia a raccontarmi e all'improvviso mi sento invidiosa. Come se non volessi che Chiara parli con Paolo, come se non volessi che lui l'aiutasse. -Cercherò di capirci qualcosa-
Annuisco un po' malinconica, come se tutte le cose che facevo prima mi stessero sfuggendo di mano. Avevo promesso di aiutare Chiara e dopo quasi due settimane ancora non ho risolto niente e lei ha chiesto a Paolo, lo so che l'ha fatto per non pesare su di me, ma io voglio che lei pesi su di me per sempre. Non voglio rinunciare a niente per noce, eppure involontariamente, lo sto facendo?

La stella più fragile dell'universo [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora