Capitolo trentatré

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Marco mi tiene la mano. Aspetto sua figlia, mi tiene la mano, vivo da lui, mi chiama "fidanzata" davanti ai suoi amici, non mi scaccia più dal suo letto, non sono più un segreto, non sono soltanto sesso. Più lo guardo, più mi sento leggera, come se all'improvviso tutto fosse facile. Perché c'è lui, le sue attenzioni, le sue parole dolci. Non credevo neanche che lui potesse essere così dolce con me, lo speravo, ma pensavo fosse solo il sogno stupido di una ragazzina. Invece no, lui è reale, io e lui siamo reali.
-Comunque abbia deciso che ti odiamo- Spiega un suo amico, uno con cui l'ho visto spesso. Mi pare che si chiami Lorenzo, è in un'altra classe e non so bene come lui e Marco si siano conosciuti. Marco abbassa la testa, gli prende la sigaretta tra le mani e tira, per poi ripassargliela, io tossisco un po' infastidita, non mi va a genio che lui fumi quando ci sono io, però finché ruba un tiro ogni tanto non posso certo arrabbiarmi, fa già tanto per me e noce, non posso togliergli tutto.
-Lo sai che devo lavorare- Risponde un po' malinconico, Lorenzo si siede sul muretto e io lo imito lasciando la mano di Marco.
-Ormai è un uomo- Commenta un altro suo amico, Riccardo, scoppiando a ridere, Lorenzo lo segue a ruota e io sbuffo un po' infastidita. Detesto i suoi amici. Lui diventa un'altra persona, non sono realmente suoi amici, sono solo quelli con cui esce e a me non vanno a genio per niente. Non so perché si ostina a starci assieme, ma non me la sento proprio di fare la fidanzata rompipalle. Oltre al fatto che gli sto nascondendo di aver visto Miriam e Rebecca, gli ho praticamente imposto di lavorare, anche se lui non si lamenta. Io non faccio praticamente niente, lui lavora, studia, si prende cura di me, aggiorna sempre la sua lista di nomi. Io porto sua figlia nella pancia e non riesco a fare niente per davvero, la scuola è un casino, non riesco nemmeno a stare in piedi per la stanchezza e i continui giramenti di testa.
-Ma che cosa fai il sabato sera che con noi non esci più?- Chiede Lorenzo, buttando la sigaretta ormai finita.
-Sto con Emma- Risponde lui, prendendomi una mano. Io gli sorrido un po' imbarazzata, non esco il sabato sera praticamente mai e quindi non lo fa nemmeno lui. Sta con me, sta sempre con me.
-Almeno scopate o con la bambina non si può?- Domanda Lorenzo, prendendo il cellulare dalla tasca per controllare l'ora.
-Eh appunto, vi divertite ancora almeno?- Aggiunge incuriosito Riccardo.
Io arrossisco e lui cerca di cambiare argomento, anche se loro se ne rendono conto e continuano ad insistere. Vedo Paolo arrivare nel cortile della scuola e prego in qualsiasi lingua che lui si avvicini a noi, perché altri venti minuti così prima che suoni la campanella non li posso sopportare proprio. Paolo ci si avvicina, solo che il suo sguardo non è molto confortante, anzi. Anche da lontano riconosco che è di cattivo, cattivissimo umore e non capitava molto spesso prima che io rimanessi incinta. Da quando poi ho ufficializzato la mia relazione con Marco è spesso arrabbiato, anche se non me lo dà a vedere.
-Emma- Dice, appena mi vede, senza darmi il buongiorno. Saluta con una mano gli altri, senza dargli troppa importanza, continua a guardarmi. -Posso sapere che cazzo ti passa per la testa?- Urla, anche se lo vedo che ha cercato di rimanere calmo, perché tiene i pugni serrati, come a costringersi a non reagire troppo male.
-Che cosa?- Gli chiedo un po' confusa. Marco mi si para subito davanti e cerca di calmarlo, con scarsi, scarsissimi risultati.
-Marco levati o giuro che oggi ti ammazzo- Risponde Paolo, nonostante la calma di Marco, lui sembra solo agitarsi di più.
-Paolo ma posso sapere che ti prende?- Chiedo, poggiando una mano sulla spalla di Marco, per spostarlo da davanti a me. -Non ho fatto niente-
-Ah sì? Quindi non sei piombata da Miriam?- Spalanco la bocca, quasi sorpresa. In realtà non dovrei esserlo, era ovvio che Rebecca gliel'avrebbe detto, Paolo è sempre stato ultra protettivo nei suoi confronti. Rebecca non avrà nemmeno dovuto dirglielo. Semplicemente lui l'avrà capito subito.
-Ma che cazzo dici?- Domanda Marco un po' confuso.
-Ah fantastico, non gliel'hai detto?- La sua rabbia aumenta e per un secondo, nei suoi gesti, nella sua rabbia davvero poco contenuta, rivedo lo stesso impeto di Rebecca, lo stesso fuoco. -Quindi funziona che te lo scopi e basta giusto, fai i casini e non glielo dici?- Domanda poi, ridacchiando ironicamente.
-Emma che cazzo sta dicendo?- Marco mi fissa. Mi fissa incessantemente, i suoi occhi passano da dolci a delusi in così poco tempo che scoppio a piangere.
-Marco lo so che te l'avrei dovuto dire- Farfuglio, cercando di avvicinarmi a lui, ma lui indietreggia un po', stringendo gli occhi, come per mettere a fuoco la situazione. -Ti prego scusami, non so nemmeno perché l'ho fatto, volevo darti una mano, farti capire che puoi perdonarti...- Continuo a parlare ma lui sembra non ascoltarmi più. Mi guarda, ma non mi vede per davvero, io mi butto addosso a lui, circondandolo con le braccia e lui rimane immobile.
-Cosa pensavi di ottenere?- Chiede, staccandomi da lui. Paolo ci osserva, sbuffa, ripete che non gliene frega niente dei nostri problemi di coppia, che sua sorella è stata male una notte intera e che vuole urlarmi in faccia e non gliene frega niente che sono incinta. -Pensavi che parlando che Miriam lei avrebbe accettato di parlarmi? Di perdonarmi magari? Pensi sarei stato felice se tu avessi fatto questa cosa per me?- Domanda freddamente e io lascio che le lacrime mi scivolino lungo tutto il volto.
-Io cercavo solo di fare qualcosa per te- Mi giustifico, tra i singhiozzi. Lui non dice niente, raccoglie la cartella da terra e si allontana e io decido che forse non è il caso di seguirlo, non ora, ha bisogno di sbollire, di pensare e di capire. Sono certa che capirà perché l'ho fatto. O almeno spero.
-Hai idea di quanto Miriam sia fragile?- Chiede Paolo, ancora incazzato nero con me. Però ora io sono stanca di starlo a sentire.
-Miriam? Miriam mi è sembrata solo una ragazza normale, che ha subito un incidente e ha superato la cosa. Anzi! A dirla tutta lei è l'unica dei coinvolti ad avere superato tutto. La tenete sotto una campana di vetro, ma in realtà cercate solo di proteggere voi stessi!- Esclamo, piuttosto sconvolta dall'immagine che lui ha di Miriam. Miriam è tutto tranne che fragile. Fragile è lui, fragile è Rebecca, fragile è Marco. Ma Miriam no. -Poi ti sembra il caso di venirmi ad urlare contro?! Sei il mio migliore amico, mi potevi chiamare, scrivere un messaggio ieri sera, cosa non va in te?!- Chiedo asciugandomi le lacrime con la manica della felpa.
-Davvero Emma?- Domanda piuttosto seccato, infastidito. -Ti chiedi ancora perché io faccia quello faccio con te?-
-Sì! Potevi immaginare che Marco non lo sapesse! Ma no, andiamo a rovinare la relazione di Emma, perché tanto è divertente calpestare i suoi sentimenti- Rispondo ormai accecata dalla rabbia. E' il mio migliore amico e avrebbe almeno dovuto chiedermi di parlare da soli, non iniziare questa scenata senza senso davanti alla scuola, con la gente che mi fissa, perché mi fissano già di continuo e odio diventare ancora di più lo zimbello della scuola. Parlano tutti di me, di Marco, di quello che decidiamo, pensano di poter decidere per la nostra vita e quella di noce, ma non hanno idea di quanto sia stressante a livello psicologico, a quanto sto rinunciando per mia figlia, a quanto ogni tanto penso che se non esistesse fosse meglio e poi mi odio da sola, perché la amo. L'ho amata dal primo momento.
-Ah scusa se ho rovinato la tua relazione con il tuo ragazzo perfetto- Dice, portando su le mani in segno di resa. -Anzi no, niente scuse, sono proprio felice che litighiate-
-Ma che cazzo dici?- Domando piuttosto sconvolta dalla sua durezza. Lui si avvicina, mi prende il volto con una mano e appiccica le sue labbra sulle mie.

La stella più fragile dell'universo [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora