Capitolo otto

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Controllo che la porta del bagno sia ben chiusa a chiave, sollevo un po' la maglietta, quel poco che mi basta per poter notare quel piccolo pancino, che nessun altro nota, è soltanto mio. Non pensavo che il tempo sarebbe passato così velocemente. Non credevo che il terzo mese sarebbe arrivato così in fretta. La ginecologa dice che ora ogni rischio di aborto spontaneo è scongiurato, che ora il mio pallino grigio prende forma, è una noce, che il mio utero si sta ingrandendo e che ora la pancia si vedrà sempre di più, ma che per ora ho ancora un po' di tempo. I jeans si allacciano con un po' più di fatica e le magliette sembrano essere diventate tutte più corte, ma nessuno nota niente e io non ne ho ancora parlato a nessuno che non sia Chiara. Lei controlla che io prenda le vitamine e ogni tanto mi scrive per messaggio un nome che le piace, solitamente femminile, perché lei vuole a tutti i costi che sia femmina, mentre io voglio un maschio. Accarezzo il mio pancino, guardandomi riflessa nello specchio. La scuola sta andando uno schifo. Spesso la mattina ho la nausea e sto a casa, salto verifiche per cui non studio perché non riesco a concentrarmi, ho i piedi gonfi e il caldo è troppo caldo, il freddo è troppo freddo. Ogni tanto parlo con la mia noce e lo chiamo proprio così, noce, spero non ci rimanga male ma per ora non riesco a chiamarlo in nessun altro modo.
-Buongiorno noce, oggi hai deciso che posso non avere la nausea? E' davvero un pensiero gentile dopo ieri...- Sussurro, per non farmi sentire da nessuno. -Senti che ne dici se oggi ci concediamo una colazione al bar? Chiamo Paolo e ci mangiamo un cornetto enorme, con la Nutella, così a scuola stai buono e dormi e non mi infastidisci, che dovrei provare a seguire qualcosa- Continuo, accennando un sorriso, come se la mia noce potesse vedere che sorrido, che mi rende felice.

-In questo periodo mangi come una balena, è mai possibile?- Mi chiede Paolo, mentre camminiamo verso scuola, mentre io addento il secondo cornetto che ho preso poco prima di uscire dal bar. -Io non pensavo potessi mangiare più di quanto già mangiavi-
-Senti- Gli dico, tra un morso e l'altro -La scuola mi mette sotto pressione con la maturità e io quando sono sotto pressione mangio- Spiego, buttando il tovagliolo che mi è rimasto in mano nel primo cestino che incrociamo. -Poi è gennaio-
-E quindi?- Chiede, un po' confuso.
-Il freddo mi mette fame- Rispondo come se fosse la cosa più ovvia del mondo, poi abbasso lo sguardo. Sono tutti motivi più veri, ma in realtà nelle ultime due settimane ho sempre una fame bestiale, la ginecologa dice che è normale, perché devo nutrire anche la mia noce. Saliamo in classe senza più dire niente e ci mettiamo al nostro banco, in seconda fila, io mi siedo e poggio subito i piedi sulla sedia del banco davanti a me, tanto è presto e per ora non c'è ancora nessuno a parte noi due, almeno della nostra classe. Io prendo un libro dallo zaino, niente di impegnativo: Io sono di legno, di Giulia Carcasi, perché in questo periodo mi è venuta una voglia matta di leggere, oltre che di gelato al limone, che mangio di continuo, nonostante sia gennaio e faccia molto freddo.
-No dai, non leggere ora- Mi prega subito, prendendomi il libro di mano. Un cartocino cade dal libro scivolando a terra. Il mio cuore ha un sussulto, e quasi faccio uno scatto per recuperare quel cartoncino, ma le mie mani si posano istintivamente sulla pancia e le parole della ginecologa mi risuonano nella testa. Evita gli sforzi improvvisi, non si sa mai.
Paolo riprende il cartoncino al mio posto e io glielo strappo dalle mani.
-Che cos'è?- Mi chiede, incuriosito.
-Niente- Rispondo, cercando con gli occhi un posto dove infilarla velocemente. -E' solo un segnalibro, niente di che- Continuo, sempre più nel panico.
-Mi nascondi qualcosa, Marrone?- Chiede ridacchiando. E io stringo quel cartoncino. L'ultima ecografia della mia noce, che mi ostino a portarmi dietro come fosse un dono del cielo. Sto cercando di vivere senza pressioni, di aspettare i miei tempi, di non dire niente, di vivere questa cosa come se fosse l'avvenimento più bello e naturale del mondo, e Chiara è d'accordo con me. Tutta la pressione e l'ansia altrimenti, oltre a far male alla mia noce, mi avrebbero spinta a scappare via. Ci ho pensato più di una volta e più di una volta Chiara mi ha fatta ragionare. Paolo mi leva il cartoncino dalle mani scherzosamente e lo guarda, senza capire.
-E' un'ecografia?- Chiede, analizzandola meglio. Annuisco, senza guardarlo negli occhi. -Una tua qualche parente è incinta?- Non rispondo e lui continua a guardare l'ecografia, fino a che non si blocca e sgrana gli occhi. -Emma su questa ecografia c'è scritto il tuo nome- Mi informa, abbassando il tono di voce gradualmente. -Emma puoi spiegarmi per favore?- Ora lo alza di nuovo e io rimango zitta, senza dire una parola. Non voglio rispondergli, non subito, voglio che prima si calmi almeno un po'. Anche solo un pochino. -Emma!- Esclama alzandosi in piedi, la sua sedia sfrisa contro il pavimento, sbatte contro il muro. Mi massaggio le tempie e poi faccio un respiro profondo.
-Sì, è la mia ecografia della scorsa settimana- Ammetto, cercando di rimanere calma. -Per favore siediti- Sussurro, deglutendo. Lui sbraita, urla che non vuole sedersi, vuole soltanto capirci qualcosa, poi alla fine si siede e mi guarda, confuso, con gli occhi leggermente lucidi. -Ti prego, dimmi che è uno scherzo, uno dei tuoi stupidissimi scherzi-
-Non lo è...- Rispondo. I nostri compagni iniziano ad entrare in classe, allora lui suggerisce di fare un giro per i corridoi per parlare un pochino più soli. -Sono incinta- Gli spiego, tenendo lo sguardo a terra.
-Chi è stato? Chi cazzo te l'ha messo nella pancia, chi ti ha toccato?- Si trattiene per non urlare, stringe i pugni, che vedo anche guardando a terra. -Ti hanno fatto del male? Di quanti mesi sei? Perché non me lo hai detto? Se non avessi visto quell'ecografia, me l'avresti detto?- Mi tempesta di domande e io mi fermo in mezzo ad un corridoio vuoto.
-Sono incinta da tre mesi, non importa chi è il padre, è sempre stato tutto consenziente con lui e non mi ha fatto del male- Spiego, cercando di ricordare tutte le sue domande. -E' ovvio che te l'avrei detto prima o poi...Non me la sentivo ancora, volevo dirtelo in un modo più tranquillo-
-Dimmi chi è il padre, per favore- Chiede, sospirando.
-Che importa? Tanto non sa niente nemmeno lui e per ora mi va bene così, finché posso nascondere tutto va bene-
-E quando ti crescerà la pancia? Cosa farai? Smetterai di venire a scuola? Di uscire di casa?- Riprende a martellarmi di domande e io mi appoggio al muro.
-Paolo io non ci voglio pensare adesso!- Esclamo, piuttosto scocciata. -Per favore, cerca di non farmi impazzire, sto cercando di essere positiva ed è difficilissimo-
-Non vedo come potresti essere positiva, hai diciotto anni e sei incinta-
Questo ha fatto male.
-Paolo per favore, sei il mio migliore amico- Sussurro, controllando l'ora e vedendo che tra qualche minuto inizieranno le lezioni.
-Il tuo migliore amico, dici?- Chiede, ridacchiando. -Forse ti stai confondendo. Sai, se io fossi il tuo migliore amico, me lo avresti detto!- Urla, girandosi per non guardarmi più in faccia. Le lacrime iniziano a scendermi silenziosamente lungo le guance.
-Paolo ero da sola e ho chiesto aiuto a Chiara e avevo paura che ti arrabbiassi, che non capissi- Inizio a scusarmi e lui si gira.
-Emma, smetti di piangere- Dice, piuttosto duro. -Sei una mamma ora, le mamme non hanno tempo di piangere- Continua, asciugandomi le guance con la manica della sua felpa. Io mi avvicino a lui per abbracciarlo, ma lui si scansa, alzando le braccia per tenermi lontana. -No, scusa Emma-
-Non credo di meritarmi questo da parte tua- Sussurro, tra i singhiozzi.
-Da parte mia? Mi hai mentito! Mi ha tenuto nascosta una cosa così grande...Mi credi stupido? Pensi che io non avrei capito? Devi solo andare a fanculo, sei una bambina, immatura per di più! Non c'è da meravigliarsi che tu sia rimasta incinta al tuo primo rapporto!- Continua a ridacchiare, alzare gli occhi al cielo. Poi si gira per andarsene.
-Non era il primo- Sottolineo, accigliata. -Ho perso il conto per quante volte mi sono scopata Marco- Ricalco bene il suo nome e Paolo si volta di scatto.

La stella più fragile dell'universo [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora