Apro gli occhi, infastidita dalla luce forte e da delle coperte che non sono mie. Sfregano contro le mie gambe, nude, che sento all'improvviso molto pesanti. Cerco di mettere a fuoco ciò che ho davanti e ci riesco solo dopo uno sforzo estremo: Paolo, sorride cullando la mia bambina, già infagottata nella copertina rosa chiaro che le ha regalato. Ride, le sfiora il nasino con un dito e solo dopo qualche minuto si distrae da questa danza, notando che sono sveglia. Mi sorride come incantato e solleva un po' la testolina di Isabel.
-Ehi, noce guarda!- Esclama, avvicinandosi al bordo del mio letto. -La mamma si è svegliata...- Sussurra, poi bacia la fronte della mia bambina che si agita, toccandogli una guancia. Sono state ore infernali, non credevo che sarei stata così male e nonostante tutti mi avessero avvisato che avrei provato un dolore estremo, non si può capire davvero senza provarlo. Finché non sei lì e senti non puoi descriverlo, e forse nemmeno dopo averlo passato le parole bastano per descrivere tutto quel dolore e quella gioia. Ovviamente il mio bacino troppo piccolo non ha aiutato, ma perlomeno sono riuscita ad evitare il cesareo. Nonostante il dolore devastante, un'operazione mi avrebbe spaventata di più, ho chiesto l'epidurale e ho pregato di non tagliuzzarmi la pancia L'ho sentita piangere, l'ho vista scalciare in braccio ad un'ostetrica, mentre Chiara mi teneva la mano, non ho voluto nessun altro. Marco senza dubbio no, Paolo nonostante tutto, non mi sembrava fosse il caso che assistesse. Avrei voluto mia mamma forse, ma il nostro rapporto anche se è drasticamente migliorato ha bisogno di maturare ancora un po'. Chiara invece, c'è sempre stata, dall'inizio di tutto questo, anche non condividendo le mie scelte alcune volte, lei mi è sempre rimasta vicino e non avrei voluto stringere la mano a nessun altro. Guardando la sua faccia e i segni che le ho lasciato con le unghie sulla mano che le stringevo, è stato più devastante per lei che per me. Mia figlia è nata il 25 di maggio, il giorno del mio compleanno. Ho ricevuto sempre un sacco di regali in questa giornata, ma nessuno è equiparabile a lei, ai suoi occhietti, le sue manine. Mi volto ad osservare Paolo che impacciato, dondola Isabel, cercando di calmare il suo pianto improvviso. -Non le ho fatto niente, giuro!- Si giustifica, progendomela e io la stringo al petto, mettendomi seduta. Sistemo meglio la copertina che le copriva un po' il viso e le accarezzo una guancia. Lei si calma un po', accoccolandosi al mio petto.
-Voleva solo la sua mamma...- Gli dico, sorridendo alla mia bambina.
-Anche io voglio la sua mamma- Commenta facendomi scoppiare a ridere. Gli prendo una mano e lui me la stringe.
-Sei emozionata?- Mi chiede, guardando prima Isabel, poi me. Io abbasso lo sguardo, osservando il visino della mia bambina. -E' finalmente qui- Sussurra lui.
-Non pensavo che sarebbe stata così bella e così piccola- Gli rispondo, con la voce un po' tremolante per l'emozione. -Sono terrorrizzata, non so nemmeno se tenerla così- Dico muovendo il braccio con la sorreggo. -Sia corretto- Aggiungo, sospirando.
-Vedrai che ce la farai- Mi rincuora. -Ce la faremo- Si corregge, stampandomi poi un bacio sulle labbra. La porta si spalanca e mia mamma, mio papà e Checco entrano nella stanza festosi.
-Voglio vederla!- Urla mio fratello, gettandosi sul mio letto. Si avvicina sempre di più, guardando la sua nipotina che stringo al petto. -Ciao Isa- La saluta, muovendo la mano sopra di lei, che lo ignora platealmente. Le accarezza una manina, le parla con dolcezza e le racconta tutto quello che le farà fare. -Sarò uno zio fantastico, se tua madre non ti vorrà far fare qualcosa, vieni da me. Ricordatelo- Le dice, come potesse capire e io lo guardo già male, sentendo il compito di proteggerla già qui, come se fosse già innato in me. Come quando tenevo le mani sulla pancia per proteggerla.
-Come ti senti?- Mi chiede mamma dolcemente, porgendomi un bicchiere d'acqua.
-Stanca- Ammetto, lasciando Isabel a Paolo e prendendo il bicchiere d'acqua.
-I dottori hanno detto che è andata bene però tutto sommato. Anche se è nata un mese prima sta bene- Mi informa papà, leggendo le mie preoccupazioni nella mia mente.
-E' che voleva fare la simpatica- Spiego guardando mio fratello che cerca goffamente di reggerla tra le sue braccia con l'aiuto di Paolo. -Nove mesi era troppo comune, sette pure, ha fatto una via di mezzo- Aggiungo, facendo sorridere i miei genitori, che si tengono per mano.
-Chiara e Rebecca sono andate a prenderti qualcosa da mangiare- Mi dice mia mamma accarezzandomi una mano. -Posso?- Chiede, indicando Isabel, spupazzata di nuovo da Paolo.
-Niente mi farebbe più felice- Le rispondo con un sorriso e in un attimo la mia bambina è tra le sue braccia, e lei non si lamenta. Ha già capito che ha una famiglia di pazza e che si dovrà abituare a tutto questo amore, perché è stata lei a crearlo. A tirarcelo fuori. Eravamo tutti nascosti, tutti spaventati da chissà che. Lei è nata quando ha voluto, si è piazzata qui in mezzo a noi e ci ha resi tutti più bambini, più felici, pieni di amore.
-Qualcuno ha fame?- Esclama Chiara entrando nella mia stanza che appare all'improvviso molto affollata. Stringe due sacchetti da cui arriva un odore invitante. -Ho scaldato le cose della festa- Ci spiega, poi molla i sacchetti su una sedia e si getta su di me abbracciandomi.
-Meraviglia mia- Bisbiglia, mi bacia la fronte e io ricambio il suo abbraccio.
-A cosa devo tutta questa dolcezza?- Le chiedo ridendo.
-Hai fatto una cosa bellissima- Dice indicando la mia bambina. -E' un casino, ma è un casino stupendo- Aggiunge, sorridendomi. Io sbadiglio, posando una mano sulla fronte. -Okay gente è ora di lasciare mamma e figlia da sole!- Esclama Chiara comprendendo subito che tutto questo caos mi sta un po' infastidendo. Sbuffano tutti, ma le danno ragione. Lasciano Isabel nella culla accanto al mio letto e la stanza si svuota, lasciando con me solo un mucchio di cibo, Chiara e Rebecca. -Amore io devo andare- Mi dice Chiara. -Ho abbandonato Simone a casa e gli avevo detto che sarei tornata per aiutarlo a preparare la cena, sai che è un cretino, non sa nemmeno camminare senza di me. Domani mattina torno sicuramente- Mi spiega, sospirando tristemente.
-Sto qui io finché...- Rebecca si interrompe.
-Finché non arriva Marco- Dice Chiara al posto suo. -So che è l'ultima persona che vuoi vedere, ma è la sua bambina e per ora l'ha vista solo qualche minuto quando è nata e dal vetro della nursery- Giustifica, abbassando lo sguardo.
-Dovresti smetterla di chiamarlo per me- Le dico, un po' alterata. L'ha invitato lei alla festa, ma tutto sommato non posso fargliene una colpa, cercava solo di essere gentile. -Ma hai fatto bene- Ammetto, mangiando qualche patatina. -Però non voglio creare problemi a te Reb-
Rebecca mi guarda un po' frastornata, è tanto che è in clinica. E' uscita per una festa ed ora si ritrova in ospedale, e tra poco potrebbe rivedere il suo primo amore.
-Non ti preoccupare- Dice, tranquillizzandosi all'improvviso. Prende un respiro, mi stringe una mano. -Tua mamma ha detto che torna prima della fine dell'orario di visite. Viene qui lei quando c'è Marco, va bene?- Mi propone, con un sorriso. Io annuisco e saluto Chiara che se ne va, ma non prima di aver salutato Isabel. Io e Rebecca ci mettiamo a chiacchierare un po', giochiamo con noce che già ci odia, visto che continuiamo a svegliarla. -Secondo me ha gli occhi verdi- Dice lei, guardando la mia bambina che si dimena nella culla.
-Bé bionda con gli occhi verdi sarebbe davvero figa- Commento ridendo. -A parte che è fighissima già perché sono la sua mamma- Azzardo, facendo ridere Rebecca.
-Ha anche un bel papà- Aggiunge lei, abbassando lo sguardo, forse per paura che io reagisca bene.
-Bé sì- Ammetto. -Ma parliamo d'altro, dai. Mi stavi dicendo qualcosa, oggi, poi ci hanno interrotto-
-Sì...- Sussurra lei e il suo essere sfuggente mi preoccupa. Cerco di non insistere, ma credo che lei ne voglia parlare. Aspetto e infatti lei, all'improvviso inizia a parlare. -Ho paura- Mi dice solo.
-Di cosa?- Le chiedo.
-Alla clinica dicono che parlare fa bene- Mi spiega, quasi giustificandosi. -Mi dicono che non devo per forza parlare con gli psicologi, che posso farlo anche con un'amica- L'ascolto, cercando di non forzarla troppo e lei sospira. -Abbiamo fatto la seduta con mia madre e Paolo e loro hanno iniziato a dire che io ho un'amica, che è Miriam- La sua voce si fa acuta, spezzata.
-Cos'è successo con Miriam?- Le domando per farle capire che sono interessata.
-Sei la cosa più simile ad un'amica che sono riuscita a costruirmi- Dice lei, evitando la mia domanda.
-Sono contenta che tu lo pensi Reb, davvero. Ti voglio bene- Le sorrido, le abbassa lo sguardo e si tortura le mani.
-Voglio dire questa cosa prima a te perché ti considero un'amica, perché penso che tu possa capire- Guarda me, guarda Isabel. -Sei una persona così forte...- Sospira, si fa forza e continua a parlare. -Non ho avuto altri ragazzi oltre a Marco. Siamo sempre state solo io e Miriam, io e Miriam...Emma io non ne sono sicura- Mi dice davvero spaventata. -Ma credo di essermi innamorata di lei- Sbotta, chiudendo gli occhi, forse per non vedere la mia reazione. Le stringo una mano con un sorriso.
-Rebecca non devi avere paura del mio giudizio- Le dico dolcemente. -E' bellissimo. Ed è bellissimo che abbia deciso di confidarti con me-
-Ne ho parlato con Miriam o almeno ho cercato di farglielo capire, il giorno in cui ho cercato di uccidermi...- La voce le si spezza, scoppia a piangere e poggia la testa sul mio letto. Le accarezzo i capelli biondi, biondi come quando Marco si era innamorato di lei. Profuma di rose, come quando l'ho conosciuta, eppure ne abbiamo passate così tante io e lei, così tante cose sono cambiate. -Mi ha detto che sono una psicopatica, che sono ossessionata da lei, mi ha detto lei di uccidermi- Mi spiega. -E' stata cattiva con me...Eppure io le sono sempre stata accanto, forse troppo-
-Reb, ora calmati- Le consiglio, facendole alzare lo sguardo. Lei tira su con il naso, io prendo un fazzoletto dal comodino dell'ospedale, che scopro molto rifornito. -Hai diciassette anni, hai tutta la vita davanti. Hai fatto bene a provare a parlargliene, sei stata molto coraggiosa- Provo a rincuorarla, mentre asciuga le guance e mi guarda, come se le stessi per svelare il segreto più grande dell'universo. La verità è che le sto solo dicendo quello che mi passa per la testa. -Se ti piacciono le ragazze non devi vergognartene, non devi voler morire per questo. Non sei sbagliata, anche se capisco che le persone non sono molto comprensive-
-Miriam mi conosce da sempre. Mi ha spezzato il cuore e non si è nemmeno preoccupata di insistere, ho detto che non volevo vederla e lei ha fatto come ho detto- Farfuglia soffiandosi il naso. -Avrei voluto che insistesse- Sospiro, cercando qualcosa da dirle.
-Vai avanti Reb, è l'unica cosa che mi sento di dirti. Se ti ha trattata così male, non ti merita, non ha capito proprio niente. Capisco che una persona possa rimanere scioccata, ma non meritavi le sue parole così dure. Sono sicura che ce la farai. Ti aiuterò io, ci sarò sempre e sono certa che puoi parlarne anche con la tua famiglia- Lei strabuzza gli occhi.
-Paolo e mia mamma non capiranno mai...Ho l'impressione che siano abbastanza bigotti- Ammette un po' imbarazzata.
-Ti ricordo che io e tuo fratello stiamo insieme- Dico, indicandole Isabel che dorme con i pugnetti serrati. -Se fossero così bigotti non pensi che mi avrebbero inseguita con fiaccole e forconi per essere rimasta incinta a diciotto anni?- Chiedo ridendo, ride anche lei, poi si ferma e sorride lievemente.
-Mio fratello ti ama- Sbotta, giocando con il lenzuolo del mio letto. -A lui non piacciono i casini, ci è sempre stato lontano, non è come me- Aggiunge, poi alza lo sguardo. -Sta con te nonostante tutto quello che comporta, ti ama, fidati lo conosco piuttosto bene!- Esclama ridendo. -Alla fine condividiamo la stanza da tutta la vita--Emma...- Mi chiama la voce di mia mamma scuotendomi leggermente. -Scusami, non volevo disturbarti- Mi dice, vedendo che apro gli occhi.
-Non ti preoccupare mà- Dico con la voce un po' impastata dal sonno. Prendo il cellulare dal comodino e metto a fuoco l'orario. Sono solo le sette, pensavo fosse piena notte. -Che c'è?- Le chiedo poi.
-Rebecca è andata via mezz'ora fa, quando sono arrivata io e poco fa è arrivato Marco- Mi informa, un po' preoccupata. -Isabel è nella nursery, ora la portano qui-
-Perché mi hai svegliata?- Le domando, cercando di arrivare al punto.
-Marco voleva parlarti- Risponde, visibilmente agitata. -Vuole sapere quando può portare a casa sua Isabel- Aggiunge, in un bisbiglio, quasi a non volermelo dire davvero. Io sgrano gli occhi e all'improvviso la realtà mi si schiaccia in faccia. Lui è il papà di Isabel, lei non starà sempre con me. Mi si spezza il cuore al pensiero di dovermene separare. Marco entra nella mia stanza, mi saluta piuttosto freddamente e io lo guardo di sbieco. Mi sono agitata e si sono rotte le acque un mese prima del previsto, ma mi sono agitata perché lui si è presentato al mio compleanno con quella, la mia bambina ha bisogno di più controlli a causa sua. Si avvicina a Isabel, la prende tra le braccia. Il suo affetto per lei non è cambiato, forse è solo aumentato. La stringe, le sorride, la tiene sul suo petto e la protegge esattamente come faccio io.
-Emma, io voglio che stia una settimana da me. Potremmo fare una settimana a testa- Propone, tenendo un piedino di Isabel con la mano, che è forse quattro volte il piede di noce.
-Una settimana?!- Chiedo piuttosto sconvolta. -Non posso stare un'intera settimana senza di lei!- Esclamo un po' dura, ma determinata.
-E' anche mia figlia. Avrai bisogno di una mano, sicuramente- Dice, senza guardarmi in faccia. -Emma non farci arrivare in tribunale, perché lo sai che posso avere l'avvocato migliore del paese- Le sue parole sono dure, fredde e io sento il mio cuore battere sempre più forte, lo sento così tanto che sembra mi stia per esplodere.
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La stella più fragile dell'universo [IN REVISIONE]
FanfictionEmma ha diciotto anni, una vita piuttosto normale, un migliore amico iperprotettivo e una strana relazione con Marco, il più bello della classe.