2 ◌ Ashtōn

63 15 2
                                    

Atene, Antica Grecia 
III secolo a.C.

Louīs a volte era combattuto, non sapeva effettivamente se la sua ispirazione fosse dovuta al Sole greco che illuminava gli occhi di suo figlio Ashtōn, oppure quel velo di seta di oscurità che avvolgeva dolcemente gli occhi di Hārry. Lui scriveva, senza nessun pericolo di censura perché ormai ad Atene tutti lo conoscevano come colui che aveva sfidato l'Olimpo e aveva ricevuto in cambio l'immortalità.

Su di lui giravano molte voci, ma lui non se ne curava. Il peso dell'immortalità non lo spaventava affatto, anzi, era piuttosto curioso di sapere come nel tempo si sarebbero evolute le cose e sicuramente era ancora più motivato dal fatto che al suo fianco avrebbe avuto l'amore della sua vita.

Oh, ed anche Ashtōn, potevamo dimenticarlo?


Un giorno, uno splendido bambino dai ricci saldi e biondi si era imbattuto nella camminata pomeridiana di Hārry e Louīs e si era avvicinato loro. I suoi occhi verdi brillavano alle luci del tramonto e donò alla coppia un sorriso prima di protendere le braccia verso Hārry con gentilezza, per essere preso fra le braccia. Louīs lo scrutò per bene e gli sembrava estremamente famigliare.

«Una madre non dovrebbe permettere ad un bambino di aggirarsi da solo nel parco» esordì Hārry con la sua voce calda e calma, mentre passava una mano tra i capelli del bambino trovandolo incredibilmente simile a lui e Louīs messi assieme. Si girò per avere una conferma dal proprio amato ma lo trovò impegnato in una smorfia concentrata sfumata ad un sentimento di pura curiosità, e lo fece sorridere. Sapeva che in quel momento la mente del più basso era impegnata in una serie di dati complicati ed equazioni che forse nessuno si sarebbe spiegato, ma stava semplicemente pensando.

«Io non ho madre e padre e a volte mi chiedo il perché, forse sono stato cattivo da piccolo?» chiese il bambino riferito più a Louīs che ad Hārry, voleva attirare l'attenzione del ragazzo che era concentrato a capire dove avesse visto quel visino troppo famigliare. Il ragazzo dagli occhi celesti si riprese dai suoi pensieri e sorrise raggiante, prima di avvicinarsi ad Hārry.

«Ma come puoi esser stato così cattivo? E poi, tu sei piccolo» ridacchiò Louīs avvicinandosi al bambino che, prontamente, rifiutò il suo tocco e incrociò le braccia al petto riluttante.

«Io sono un uomo!» esordì il bambino facendo il broncio e Louīs ricordò perfettamente chi fosse. Quel bambino alato con le frecce ben salde nella mano sinistra mentre con la destra protendeva l'arco e che vegliava sul suo scontro con Ade negli Inferi, qualche anno prima.

«Eros» sussurrò Louīs ed entrambi, con gli occhioni verdi e i ricci che si mossero all'unisono, si girarono interdetti verso di lui, che alzò gli occhi al cielo.

«Sì?» chiese Hārry, pensando che lo stesse richiamando. Il ragazzo dagli occhi celesti scosse la testa.

«No, no amore. Lui è Cupido, la sua incarnazione, un segno divino, un... dannazione, sei il figlio di Ade e non riesci ad accorgertene?» borbottò Louīs esasperato, ed il piccolo Ashtōn allungò una mano verso di lui, per farla combaciare con la sua.

«Io lo conosco! Ci giocavo da piccolo, poi non lo so che cosa è successo» continuò ad usare il passato il piccolo uomo vissuto, facendo sorridere entrambi. Nessuno più si chiese come mai quel bambino si fosse trovato sul loro cammino quel giorno, ma entrambi si presero cura di lui amorevolmente come due papà.

Chissà per l'eternità quanto avrebbe scritto.

Quando ritornò più verso la sua dimora, incrociò Ashtōn ed Hārry a metà strada e i tre incominciarono una conversazione davanti ad un pozzo, sul quale Hārry era poggiato. Louīs non riuscì a non sorridere guardando suo marito negli occhi e gli si avvicinò per dargli un bacio sulle labbra, mentre il figlio si girava sconvolto.

«Ogni volta che Eros vi permette delle effusioni, io mi immagino altro nella testa e non so se sia colpa del mio fratello alato, oppure semplicemente vostra» borbottò con gli occhi chiusi l'ormai adone dai lunghi ricci dorati. Il suo fisico gli permetteva di indossare tuniche ad una spalla sola, lasciando così metà petto scoperto, legate in vita e lunghe fino al ginocchio. Era fiero del suo corpo, voleva portare qualcosa che gli si addicesse e si era fatto disegnare un modello apposito da Agape, la mamma di Hārry.

I due risero, tirandolo poi verso di loro per unirlo in un abbraccio e baciargli dolcemente la fronte. Entrambi avevano fatto un lavoro da maestri come genitori di Ashtōn, se l'erano cavati come una mamma alle prese con il quarto figlio, come se fossero degli esperti, o come se Ashtōn fosse stato fatto appositamente per loro.

«Figliolo, potresti andare a casa a prendere a tuo padre quella cosa di cui parlavamo?» domandò poi Hārry al ragazzo, scompigliando i suoi capelli e facendolo ridere. Il piccolo Ash era un perfetto miscuglio tra Louīs ed Hārry, come se fosse geneticamente figlio loro. Anche se in modo visivo potesse somigliare più ad Hārry, per via dei ricci, degli occhi verdi e delle fossette.

Quando il ragazzo si incamminò verso casa, i due presero nuovamente ad amoreggiare lontano dagli occhi di loro figlio vergine aspettando il suo ritorno, ma furono interrotti da un urlo femminile proveniente dal pozzo. Louīs, che girava sempre con la spada forgiata da Efesto sotto la tunica, scattò sull'attenti ed Hārry si sporse per vedere cosa ci fosse.
L'urlo continuava, sembrava che la ragazza in questione stesse cadendo, ma anziché farsi più lontana la voce si avvicinava sempre di più. Entrambi i divini si allungarono verso il fondo del pozzo, sporgendosi curiosi, quando videro una luce abbagliarli, la stessa luce che poi li risucchiò via dall'Antica Grecia.    

AGAPE ❀ 5SOS - L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora