17 ◌ Ὀδυσσεύς

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—Odisseo.

Non avrei mai pensato che io, con una paura matta del mare e le sue mille doti, potessi morire affogata. Sentivo che quella missione, quella guidata da Calum, potesse essere perfetta perché iniziavo a fidarmi di lui e non sembrava tanto difficile respirare sott'acqua tenendo solo stretta la sua mano. Ma forse era proprio vero che non eravamo fatti per affrontare assieme un'avventura di quel calibro. Non avevo avuto scrupoli quando mi ero trovata davanti la splendida sirena dai capelli lunghi e lucenti, che mi aveva porto il suo cuore in mano e mi aveva indicato la via più semplice per l'amore. E pensavo che fosse dovunque, ma non in Calum. Almeno, pensavo fosse così.

Appena la mia mano sciolse la dura presa con quella di Calum, sentii lentamente l'acqua salata del Mediterraneo avvolgermi i polmoni. Istintivamente portai le mie mani al collo, strabuzzai gli occhi e l'unica cosa logica che sentivo di dover fare era quella di ritornare in superficie. Ma quando mi resi conto a quale metro di profondità eravamo, sentii lentamente la ragione abbandonarsi al triste destino: la mia più grande paura era lì che stava per concretizzarsi. Mi guardai intorno e la sirena era lì, sorridente, soddisfatta, mentre osservava la mia lenta morte e il mio dimenarmi in acqua nella speranza di trovare conforto ed ossigeno da qualche parte. Lentamente smisi di dimenarmi, chiudendo gli occhi e abbandonandomi alla corrente, certa che ormai nulla sarebbe più cambiato. Il destino era scritto, e non certamente aveva un lieto fine.

«Calum...» riuscii a boccheggiare nell'acqua, ad occhi chiusi, mentre sentivo piano i polmoni affogare con me in quella letale morsa qual era il mare.

«Cazzo, Brooke» fu l'ultima cosa che sentii, prima di perdere i sensi. O meglio, prima di riacquisirli. Mi sentii presa tra le braccia di qualcuno, non stavo più galleggiando in balia delle onde della corrente, ero bloccata tra le braccia di quello che supponevo fosse l'unico con la capacità di parlare sott'acqua.

«L'unico avvertimento era quello di non lasciarmi la mano e tu cos'hai fatto?» quasi sbraitò tanto era innervosito dal mio comportamento, e non riuscivo a biasimarlo. Aveva ragione, solo e solamente ragione. Ero stata una stupida.

«Ti ho lasciato la mano. Scusa...»

«Avevo promesso di proteggerti a costo della mia stessa vita, ho fatto bene a farmi questa promessa non credi?» rise lui, tenendomi stretta a sé mentre seguiva ancora la luce fluorescente del suo ciondolo, mentre camminava con i piedi affondati nella sabbia del fondale marino. Aveva smesso in meno di un minuto di essere infuriato con me. Mi aveva caricato sulle sue spalle, tenendo ora entrambe le mie mani strette alle sue mentre mi aveva chiesto di legarmi alla sua vita con le gambe. E mentre camminavamo nel silenzio del mare, mentre lentamente c'era una corrente di acqua fredda che ci passava affianco, trasportando con sé tartarughe di diversa dimensione, Calum accarezzava lentamente le mie mani con le dita, quasi accertandosi che non mi muovessi più. Avevo permesso che dubitasse di sé, solo per egoismo. Lo avevo spaventato solo perché non credevo abbastanza nelle sue capacità. E mi sentivo terribilmente in colpa. Sentii le lacrime raggiungermi gli occhi, ma non pensavo potesse essere possibile piangere in acqua, quindi mi limitai a nascondere il viso nell'incavo del suo collo, sospirando per cacciare quello stato di tristezza che mi aveva avvolto, facendomi da coperta, in quella situazione in cui non c'era abbastanza spazio per le emozioni deboli.

«Sento che siamo vicini B, guarda la molu» sussurrò lui accelerando il passo mentre vedeva il suo talismano splendere ad ogni passo di più, sentivo il suo cuore battere per la vicinanza dei corpi e forse lui sentiva la mia ansia.

Deglutii insicura, mentre all'orizzonte, sfocato per l'acqua che ci divideva, iniziavo a distinguere un grande relitto.

"Ci sarà un relitto se proseguite sempre dritto, allora potrete iniziare a nuotare."

«Calum, lo vedi anche tu?» sussurrai a mia volta al suo orecchio, mentre sentivo la sua pelle rabbrividire al mio contatto. Se fossi stata in un contesto diverso da quello, sicuramente gli sarei scoppiata a ridere in faccia, ma non era il momento adatto. Lui annuì, e alzò piano i piedi da terra iniziando a nuotare. Io feci per staccare le gambe dalla sua vita e nuotare anche io al suo fianco ma lui mi impedì di allontanarmi dal suo corpo, stringendomi a sé e nuotando.

«Questa tua presa di posizione» risi io, ma non sembrava molto propenso allo scherzo. Forse perché avevo provato a lasciarlo ritrovandomi quasi morta annegata.

«La mia presa di posizione è direttamente proporzionale alle tue cazzate» ringhiò continuando a nuotare verso il relitto, finché non lo avemmo davanti agli occhi.

La nave davanti ai nostri occhi era possente, ma era stata sconfitta dal mare. Portava sul dorso un'enorme scritta in greco antico, che sorprendentemente riuscii a tradurre: Ὀδυσσεύς. Era la nave di Ulisse. Quella che era stata vinta dal potere divino di Poseidone, quella che non aveva saputo piegarsi al volere superiore dell'immortale. Decisi di fare di testa mia e abbandonai velocemente il corpo di Calum, senza però lasciare la sua mano, e questa volta la tenni stretta a me, ma iniziai a nuotare verso la scritta, solo per poterla accarezzare con la mano. Toccai la Omicron, la prima lettera della parola, poi sorrisi. Sospirai inebriata da quella che era vera storia, non più una leggenda o un mito raccontato, prima di guardare Calum felice. Lui mi guardò senza capire cosa stessi pensando.

«Andiamo dentro, hai il talismano rivolto verso l'interno» parlai io, notando solo in quel momento le bollicine che uscivano dalla mia bocca. Lui annuì e mi guidò fin dentro il relitto, prima di mettersi a cercare tra le travi di legno e i pesci che abitavano quello che per me poteva chiamarsi monumento. Nuotò con cautela, concentrato a liberarsi di piante acquatiche o di pesci che gli erano di intralcio con la mano, alla ricerca di "un vaso, in esso potrete mettere il talismano che potrà condurvi all'oracolo".

Una luce verde, come quella del talismano, si accese improvvisamente su un tavolo lontano da noi. Era così forte che non capivamo cosa celasse dietro di sé. Ma la molu di Calum ne era così attratta, che era inevitabile che ci avvicinassimo. E più eravamo vicini, più quella luce si modellava e diventava piano un vaso, sempre lucente ma ora concreto.

Calum lo sollevò, prendendo con la mano libera la molu dal suo collo per poterla inserire nel vaso.

Un'altra luce ci inghiottì.

AGAPE ❀ 5SOS - L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora