19 ◌ Ερατώ

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—Erato. È una delle muse, principalmente quella del canto corale e della poesia amorosa.

«Io sono stufo di essere trasportato ovunque e di rimanere accecato ogni volta, davvero qui non sentivano il bisogno di creare taxi?» quasi urlò Calum di frustrazione, battendo il piede per terra come un bambino capriccioso. Io mi massaggiai il retro della nuca che avevo sbattuto contro qualcosa e mi alzai piano, mettendomi di fianco al ragazzo. Alzai lo sguardo verso di lui ma anziché focalizzarmi sul suo volto, iniziai a guardarmi intorno.

Non può essere.

«Siamo... dove credo che siamo?» parlò nuovamente lui, esterrefatto quasi quanto me. Una distesa di sabbia si spalmava davanti ai nostri occhi, abitata da sirene e ninfe che semplicemente vivevano la loro vita senza prestare troppa attenzione a noi che stonavamo nel contesto. Case costruite con vecchi relitti, adornate con conchiglie e coralli ben piantati, mentre i pesci nuotavano leggeri sulle nostre teste. Al centro di questa città sommersa, proprio davanti ai nostri occhi, era eretto un enorme castello che brillava sotto la luce filtrata del sole. Dopo un po' mi resi conto che non avevo la mano stretta a quella di Calum, ma comunque riuscivo a respirare.

«Siamo ad Atlantide» sussurrai, delle bollicine uscirono dalla mia bocca ed una scoppiò sulla punta del mio naso, facendo sorridere Calum. Mi riprese la mano -come se ne avessi ancora bisogno- e iniziammo a camminare verso il castello.

Sarà sicuramente lì Poseidone.

Camminammo per un bel po', mentre entrambi giravamo il volto curiosi ed interessati a ciò che ci circondava, prima che Calum sbattesse contro una ragazza che sembrava tanto una ninfa. Lei aveva dei lunghi capelli castani intrecciati in una treccia molto simile alla mia, riposta sulla spalla, con una tunica che richiamava i colori del mare lascivamente poggiata sul suo corpo, tanto da mostrare quasi tutte le sue nudità. Come da programma, Calum balbettò le sue scuse nella speranza che la giovane lo perdonasse, ma lei gli sorrise solamente, accarezzandogli il volto.

«Chi sei, oh tu giovane eroe greco?»

Eroe greco? Ma se non ha neanche visto Troy! Brad Pitt è un eroe greco, che diamine.

«Io- mi chiamo Calum» esalò lui in preda ad un'ansia tale che gli permise anche di lasciare la mia mano, per aggiustarsi meglio la tunica. Io alzai gli occhi al cielo realmente sconcertata da ciò che i miei occhi avevano il dispiacere di guardare. Lei continuò a tracciare con il candido dito la mascella marcata del mio amico, lentamente, mentre si presentava e rivelava il suo nome: Erato.

Io so chi è 'sta stronza.

«Calum, dobbiamo andare» borbottai sotto voce, sentendo il mio volto andare a fuoco fino alla punta delle orecchie. Non sapevo come fosse possibile, eppure sentivo un fuoco appiccato sulla mia pelle, sarà forse stata... gelosia?

La corona di rose sulla testa della ragazza, ben intrecciata con la sua pettinatura la rendevano il soggetto perfetto di un'opera d'arte e, per carità, meritava tutta l'attenzione di Calum. Ma quello non era il momento adatto.

Lui aveva sentito le mie parole e semplicemente mi aveva ignorato, quindi decisi di ringhiare frustrata e incamminarmi a grandi falcate verso i cancelli del castello, lasciandolo indietro. Una fortissima corrente fredda mi alzò da terra, riportandomi indietro al mio punto di partenza e, nuovamente mi ritrovai al fianco di Calum.

«Hey! Ma che cavolo-» parlai, prima di vedere una persona sfrecciare verso di me e fermarsi a pochissimi centimetri di distanza dal mio viso.

«Oh dei ma tu sei Diana! Oh miei dei!» Lo guardai con gli occhi spalancati dallo spavento, poi lo scrutai. Non sembrava appartenere al mare, dati i suoi vestiti. Aveva dei capelli biondi e leggermente lunghi che gli incorniciavano il viso, mettendo in risalto quegli occhioni blu. Quando scesi verso i suoi piedi, continuando a scannerizzarlo, mi ritrovai dei sandali insoliti.

Sbaglio, o hanno delle ali?

«Diana! Tutti parlano di te all'Olimpo! Ah, sei così carina, non ci posso credere. Anche Morfeo me lo aveva detto, non pensavo però che avesse ragione, così ragione! Oh, oh tu sei qui per parlare con Poseidone, giusto? Sì sì, è proprio così! Bene, vieni con me! Hai quelle pergamene che Zeus ha detto che avevi? Come l'aveva chiamato lui... ah sì, libro! Hai quelle libro?»

«Scusami ma tu sei...»

«Hermes, il messaggero degli dei al tuo servizio!» si pavoneggiò lui facendo una piroetta su sé stesso.

Voglio anche io quelle scarpe.

«Allora Diana, ce l'hai questo libro?» ribadì il concetto al quale non avevo fatto molto caso e toccai con una mano la base della mia schiena. Quando Ashtōn ci aveva ospitato in casa sua e ci aveva dato la disponibilità di fare un bagno caldo, quasi avevo avuto il coraggio di perdere il libro. Quindi avevo deciso di farmi dare una seconda cinta dalle ancelle di casa di Ashtōn per legarmelo sulla schiena e metterlo sotto la tunica, così da tenerlo sempre con me in ogni spostamento, senza che mi fosse di intralcio in alcun modo.

«Sì ce l'ho, ma non è semplice prenderlo. Mi aiuti?» chiesi ingenuamente al Dio che diventò rosso in volto nel vedermi sbottonare la tunica. Non volevo che pensasse a qualcosa di diverso, ero davvero pronta a prendere il libro.
«Non mordo lo giuro. L'ho legato sulla schiena, devo solo sciogliere nodo» borbottai concentrata mentre la tunica mi cadeva lungo i fianchi fermandosi in vita per via della seconda cinta che manteneva su la veste, lasciando però il seno scoperto. Se fossimo stati nel XXI secolo non solo non avrei mai fatto una cosa del genere, non avrei avuto neanche la possibilità di raccontarlo a qualcuno perché sarei stata sbattuta in cella per atti osceni in luogo pubblico. Ma decisamente quello era in epoca diversa e un contesto diverso, quindi avevo tutta la ragione del mondo per farlo. Coprii la mia nudità evidente con le braccia, mentre allungavo le mani al nodo stretto in vita per liberarmi del libro che, una volta allentata la presa, cadde sul fondo marino. Hermes mi volò intorno e lo prese, mantenendolo mentre mi riaggiustavo la tunica addosso.

«A cosa dovrebbe servire questo libro?» chiesi al piccolo Dio che galleggiava sott'acqua spinto dalla forza delle sue scarpette alate. Ripreso il libro dalle sue mani, mi girai verso Calum giusto per controllare la sua situazione con la ninfa, ma lo trovai a bocca aperta che mi fissava.

«Che c'è?» alzai un sopracciglio io, mentre riprendevo a camminare non curante che fosse alle mie spalle o meno. Sì, speravo che mi seguisse anziché inseguire quella falsa bellezza nella direzione opposta, ma alla fine poco importava.

«Tu ti sei spogliata davanti a tutti!»

«Ah, però il tuo radar si attiva nel momento in cui non ci sono più azioni pure nell'aria. Maschio» constatai con la mano che si agitava a mezz'aria annoiata, prima di guardarlo un'ultima volta e seguire Hermes verso i cancelli del castello. Sentii qualcuno correre verso di noi -quel qualcuno poteva essere solo Calum- e lo sentii blaterare un paio di parole sconnesse.

«Calum so che sei gay, scusa se ti ha sconvolto vedere un paio di tette al posto di un paio di palle, ma ora basta!»

Era pronto per ribattere -ormai si sapeva, alzava l'indice sinistro solo quando voleva incominciare una discussione- ma Hermes spinse i cancelli davanti ai nostri occhi ed eravamo finalmente liberi di parlare con il Dio del Mare.

AGAPE ❀ 5SOS - L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora