11 ◌ ἁλς

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—Mare.

Il mare non era per niente qualcosa che mi allettava, quando ero soprappensiero. Certo, da brava australiana amavo andare in spiaggia con le mie amiche d'estate, ma non avevo nuotato aldilà di una certa distanza, mai in un'acqua nella quale non toccavo saldamente con i piedi per terra. Perché il mare aveva sempre avuto vita propria ed era avido, egoista, peccava di gola quando si trattava di doversi prendere vite umane.

Ed era agonizzante la morte in mare, l'avevo sempre pensato. Lui abbracciava lentamente la vittima facendo finta di niente, portandola lentamente giù, nelle sue viscere, addormentandola come solo le braccia di Morfeo sapevano cullare, ma senza che potesse risvegliarsi.

«Diana, tutto bene?» La voce di Calum mi fece tornare in me, scossi la testa per cacciare via i pensieri prima di annuirgli gentilmente.

Avevamo camminato davvero tanto, forse per un'ora o due, alla ricerca del mare. Ashtōn aveva le idee piuttosto chiare sul dove fosse e sul quale fosse il giusto percorso da seguire, infatti camminava tranquillo e sereno sotto il sole di mezzogiorno, senza che neanche una goccia di sudore potesse maledire il suo corpo perfetto.

Forse lo odiavo per quanta perfezione rappresentava quell'adone.

«Che le hai fatto?» si girò velocemente Ashtōn per assicurarsi che non avessi un ipotetico malanno e poi sospirò sollevato, lanciando un'occhiata a Calum. «Tu mi stai poco simpatico.»

«Oh, ma andiamo! Che ti ho mai fatto?» alzò le braccia al cielo in segno di frustrazione il moro al mio fianco, mentre continuavamo a camminare.

Pian piano il rumore delle onde raggiunse il mio udito e si fece sempre più insistente e vicino, quell'apparente rumore che infondeva tranquillità. Era come il canto delle sirene, ti ammaliava per la sua bellezza e ti costringeva ad entrare in acqua, prima di risucchiarti in un mondo totalmente diverso da quello che avevi immaginato.

E ne ero profondamente affascinata. Ogni volta che entravo in acqua sentivo quella connessione che si creava tra l'anima del mare e l'animo di una persona, quel legame platonico che ti porta a muovere le mani in acqua come se la stessi accarezzando in modo affettuoso, lo stesso legame che ti porta a tuffarti ad occhi chiusi per essere letteralmente immerso in quella tranquillità che diffondeva gratuitamente. Ma era pericoloso, e non sarei andata al di là del mio busto come altezza dell'acqua. E più il suono delle onde si faceva insistente, più sentivo quanto fosse alta la marea quel giorno, e quanto questo mi facesse agitare.

Avevo preso le mani in mano iniziandole a torturare in modo agitato, mordendomi il labbro e cercando di non dare sospetti. Mi schiarii la voce, prima di parlare rivolta al greco che era con noi.

«Ash, perché stiamo andando al mare?» chiesi titubante, e in quel momento Calum si girò verso di me e si avvicinò incerto, forse aveva intenzione di chiedermi ancora cosa avessi, forse non lo so. Credevo che quella "vacanza" mi stesse mostrando un Calum Hood diverso da quello che voleva far apparire a scuola.

«Ho parlato con Morfeo e Hermes ieri sera-»

«Come diavolo potresti mai aver parlato con degli Dei?» lo interruppe bruscamente sulla difensiva il mio compagno di scuola al mio fianco ed io scossi la testa rassegnata, anche se sorpresa. Dove aveva saputo che erano degli Dei, se fino al giorno prima non sapeva chi fosse Zeus?

«I miei genitori sono immortali. Io sono il fratello del Dio dell'amore, Eros. Non credi che anche io abbia accesso all'Olimpo?» Era un tono... ironico, con il quale stava parlando? Oh, quel ragazzo greco mi sorprendeva sempre di più. E Calum ribolliva di rabbia, senza un motivo, volevo calmarlo in qualche modo ma non sapevo come potesse rilassarsi. Toccai il suo avambraccio, stringendolo per tirarlo nuovamente al mio fianco prima che facesse qualcosa di avventato e sospirò rassegnato.

Deve controllare i suoi impulsi, il signorino.

«Riprendendo ciò che stavo dicendo, ho parlato con Morfeo ed Hermes ieri sera ed entrambi mi hanno detto che l'oracolo che può servirvi è solo nel posto in cui Poseidone si sente sé stesso: il mare» sussurrò l'ultima parola alzando lo sguardo verso la distesa d'acqua infinita che ora era davanti a noi, e notai il suo sorriso nonostante fossi più dietro.

L'istinto mi diceva di buttarmi in mare e nuotare fino a ritrovare casa, ma certamente in un millennio totalmente differente dal mio, non avrei mai trovato casa mia, la mia biblioteca personale, il mio computer poggiato sempre sul letto. Niente di tutto questo sarebbe stato uguale al mio ritorno, se solo avessi avuto l'impulso di scappare.

«Prima di entrare in mare, però, dobbiamo trovare Arione» continuò il greco al nostro fianco. Calum inclinò la testa di lato incuriosito da quel nome, ed io lo imitai, giusto per togliermi dalla testa le mie considerazioni sul mare.

«Arione, figlio di Demetra e di Poseidone, un cavallo con il dono della parola».

Annuimmo senza commentare altro, forse perché eravamo determinati a trovare l'oracolo per tornare a casa il più velocemente possibile. Ashtōn si guardò intorno più volte e Calum si avvicinò a me come spaventato dalle buone intenzioni del greco. Infatti, il biondo fischiò, e la terra sotto i nostri piedi iniziò a tremare provocando una vibrazione che mi fece venire i brividi. L'acqua della riva zampillava sui nostri piedi nudi e avevo paura che il mare si rivoltasse contro di noi in una sorta di tsunami, infatti mi nascosi tra le braccia di Calum, che non ebbe scrupoli a stringermi forte a sé.

«Calma Diana, ci sono io qui» sussurrò al mio orecchio, accarezzando con il pollice una parte del mio braccio scoperto. Odiavo quella tunica, sentivo di essere grassa con quell'indumento addosso, il bianco non mi piaceva come colore su di me, e sinceramente non mi sentivo a mio agio. Ma era l'opzione migliore, in confronto al girar nudi.

Alzai lo sguardo sentendo quel tremore sotto i nostri piedi sempre più vicino e insistente e rumoroso, Ashtōn aveva un sorriso sul volto che illuminava tutta l'Antica Grecia.

Da lontano vedemmo un enorme cavallo, forse due volte la statura di un uomo medio, trottare nella nostra direzione. Aveva questo talismano legato al collo, una collanina dalla pietra blu, che da lontano brillava e si faceva riconoscere come poche: era un amuleto che conteneva della molu*.

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—Molu*: detta anche moli, è la pianta donata da Hermes a Ulisse come antidoto al sortilegio di Circe, che aveva trasformato tutti in maiali.

AGAPE ❀ 5SOS - L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora