32 ◌ On a cloud?

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Quando sei abituato al mondo esterno, è difficile rientrare a far parte di una piccola dimensione. È difficile rapportarsi con persone che hanno paura del diverso, e chi è stato fuori a lungo ha assorbito l'originalità del mondo contrastante.

Ecco cos'era difficile. Essere consapevoli di quanto il mondo esterno potesse fare bene e male allo stesso tempo, di quanto potesse arricchire l'anima di un persona ma privarla delle relazioni, perché nessuno vuole una persona migliore di sé.
Ecco perché si allontanano tutti.

E Luke ci era arrivato. Sapeva che da quell'istante sarebbe cambiato tutto, che sia Michael sia lui stesso sarebbero rimasti i ragazzi di un tempo. Era venuto a conoscenza di un mondo nuovo, di un modo di pensare e di agire differente, una dimensione che non faceva assolutamente parte della sua quotidianità. Un universo che lo aveva sbalordito e che avrebbe approfondito volentieri, se solo fosse stato destinato come Brooke a viverlo.

Se invidiava la sua amica? Assolutamente sì. Conosceva l'epoca in cui era rinchiusa, c'era una consapevolezza dell'animo umano e una libertà che nel tempo è andata chiudendosi, lasciando spazio ai pregiudizi. E lui aveva bisogno di sentirsi accettato, di essere finalmente sé stesso senza doversi nascondere.

«Possiamo sbrigarci?» sbuffò spazientito Louis improvvisamente. Batteva i piedi sulla pietra del monumento, lì in cima sulla testa del Cristo Redentore, a Rio de Janeiro. Ancora non potevano crederci i due australiani, erano stati trasportati in Messico in un battito di ciglia. Lì in alto faceva freddo, l'aria era opprimente, rarefatta, ma non totalmente invivibile. Michael sentiva di non riuscire a respirare bene, ma non per le condizioni atmosferiche, piuttosto per la paura di quello che stava succedendo. Cosa sarebbe successo? Se fosse andato tutto storto, se fossero rimasti bloccati in Messico? Aveva un sacco di domande per la testa, e nessuno riusciva a rispondere.

«Apollo, il punto più alto per raggiungere l'Olimpo. Il punto più alto per raggiungere voi dei.» Michael aveva una decisione nella voce, aveva necessità di rispondere alle sue domande, con urgenza. Voleva ritornare alla normalità, voleva continuare a vivere la sua vita banale con la compagnia della sua migliore amica senza che agenti esterni dovessero in qualche modo intralciare i suoi piani.
Povero illuso.

Harry sospirò perché non era più Apollo, era tornato in sé. E ora toccava a lui agire, toccava a lui essere l'uomo su quella grande testa di pietra a poter fare qualcosa.
Si guardò intorno, alla ricerca di un aiuto divino, o un segno. Louis, che era al suo fianco, gli toccò le dita con un gesto dedicato, quasi impercettibile, e lui posò lo sguardo su di esse. Piccole fiamme verdi venivano fuori dalle sue mani. Gesticolò con le braccia basse, per paura di creare delle catastrofi irreparabili, ma le mani non facevano altro che andare a fuoco. Tutto qui.

«Quindi... adesso...» incalzò Michael, sperando che succedesse qualcosa di eclatante. Tutti lì, compreso Harry, erano impazienti di sapere. Impazienti di scoprire cosa sarebbe successo. Il semidio alzò piano le braccia e agì d'istinto, chiudendo in un cerchio di fuoco verdastro le figure dei quattro ragazzi. Lentamente mimò di portare verso l'altro il cerchio disegnato, e le fiamme si attizzarono, puntando verso l'alto, fino a superare di altezza le figure dei ragazzi. Furono inglobati dalle fiamme e Harry alzò lo sguardo verso il cielo stellato, scattando con le mani e portandole verso l'alto. Senza che se ne accorgessero, le fiamme si attenuarono, fino a spegnersi del tutto. I quattro ragazzi, che per lo spavento avevano chiuso gli occhi, lentamente scoprirono di essere...

«Su una nuvola? Siamo su una nuvola?»

«Benvenuti sull'Olimpo, piccoli mortali» sorrise soddisfatto Harry, girandosi per ammirare il monte illuminato dal sole, mentre erano ai piedi del cancello dorato dell'Olimpo. Corante era lì come sempre, a sorvegliare le porte di ingresso del monte, impassibile. Louis ed Harry lo conoscevano bene, ma non sapevano se sarebbero riusciti a far passare Luke e Michael.
Ad Harry era mancato tutto quello quasi come se ne avesse bisogno per sopravvivere, era la sua ambrosia. Dopo esser stato destinato all'ade come figlio di Ade, non pensava di poter ambire a così tanto. Il semidio incominciò a marciare fiero verso gli alti cancelli dorati che chiudevano il recinto che conteneva un mondo tutto nuovo. Louis, Michael e Luke lo seguirono, Louis fiero, i due mortali titubanti.

«Corante!» esclamò con fierezza Harry, fermandosi alle porte dell'Olimpo, davanti al possente uomo.

«Harry, figlio di Ade» annunciò lui, aprendo i cancelli del mondo divino, in modo piatto.

«Salve, Corante» ora toccava a Louis, che salutò il fratello di Caronte educatamente, marciando con schiena dritta dietro il semidio.

«Louis, guerriero.» Luke e Michael erano certi che non bastava salutarlo per poter passare. Però ci provarono comunque.

«Ciao Corante!»

«Mortali, prego. Un attimo» si corresse subito dopo aver concesso loro il passaggio, la Harry si avvicinò per convincerlo che fossero con lui, che fosse solo per un paio i minuti. Corante non era assolutamente d'accordo, ma fece apparire una clessidra fra le sue mani invitandoli ad entrare, prima di girare lo strumento tra le sue mani. «Venti minuti, al cadere dell'ultimo granello di sabbia, i mortali torneranno a casa.»

Non era stato difficile, oltrepassare il guardiano dell'Olimpo. A detta di Michael, avrebbero dovuto licenziarlo.
Eppure era incredibile, mai aveva pensato di trovarsi sul monte Olimpo in gita durante la sua vita. In realtà, neanche dopo la morte. Avrebbe sicuramente fatto una lista di cose da fare prima di morire, solo per spuntare questa occasione folle.
Luke, invece, era inebriato dal quantitativo di informazioni che i suoi sensi stavano assimilando. Lui stava camminando su una soffice nuvola bianca, senza cascare nel vuoto a più di mille chilometri da terra, era in una dimensione in cui nessun essere vivente era mai stato prima. O meglio, quello era quello che avrebbe detto nel caso in cui non avesse creduto alla mitologia. Dopo aver avuto a che fare con Harry, con l'apparizione di Apollo, con Corante, a tutti quei miti studiati a scuola ci credeva eccome. Era una realtà forse più esistente e credibile della Seconda Guerra Mondiale, pensò.
Luke si guardava intorno come se fosse completamente assuefatto e trasportato in un nuovo mondo, slitta a lo sguardo verso le capanne dei vari immortali lungo la via che portava verso la cima del monte, varie casette nate tutte uguali ma personalizzate in base al compito del Dio. La casa di Efesto era un prefabbricato scuro, allestito con delle fiamme colorate e vive che bruciavano senza spegnersi mai, o propagarsi al di fuori del confine. Accanto alla sua casetta c'era una con una targhetta con su scritto Ἀφροδίτη, piena di fiori e di specchi che davano sulla strada. Aveva tradotto in modo spontaneo le targhette di quelle case scritte in greco antico senza rendersene conto, probabilmente perché si ritrovava in un mondo che non gli apparteneva ma doveva adattarsi. Quando Luke si specchiò durante il cammino notò di somigliare ad un Dio bellissimo, alto, biondo e muscoloso. Lui non si sentiva affatto così, eppure si sentì quasi partecipe dell'immagine che vedeva riflessa nello specchio.

«Guarda Michael!» esclamò entusiasta tirandolo per un braccio. Michael non volle specchiarsi, ma vide la figura di Luke riflessa nello specchio, senza capire cosa dovesse guardare.

«Ti conosco, Lucas.»

«Si ma guarda, sembro un Dio! Sono bellissimo, e- oh sono Hermes!» notò dei sandali alati ai piedi della sua figura riflessa e incrociò le caviglie per vantarsi, mentre agli occhi di Michael sembrava solo-

«Un idiota. Ma si può sapere cosa ci trovi di interessante in uno specchio?»

«Riflette la massima bellezza alla quale si ambisce» una voce soave parlò da dentro l'abitazione, prima di mostrare alla porta una donna bruna di estrema bellezza, quasi... divina. Beh, era una dea.

«Afrodite.» Louis fu costretto a girarsi, sentendo i due mortali pronunciare un nome così potente come quello della dea. Quando fu davanti ad essa, cercò di inginocchiarsi per rispetto, prima che Harry lo bloccasse in partenza, non era utile secondo lui.

«La dea della bellezza. È per quello che lo specchio che stavi contemplando, piccolo mortale, mostrava altro ai tuoi occhi. È il massimo della bellezza che la tua mentre riesce a percepire.» Afrodite accarezzò lo specchio come una spalla di un vecchio amico, scrutando dalla testa ai piedi i quattro estranei davanti alla sua dimora. Anzi, i tre estranei perché con Harry aveva avuto modo di fare amicizia, reputandolo "bello come suo padre". Inutile dire che Harry non nutriva molta simpatia nei confronti della dea.

«Perché Michael mi vedeva normalmente?»

«Perché per la sua mente il grado massimo di bellezza, sei tu.» Luke e Michael arrossirono fino alla punta delle orecchie, e il biondino si girò di spalle allo specchio imbarazzato.

«Possiamo andare?»

AGAPE ❀ 5SOS - L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora