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❖CAPITOLO TRENTASEI ❖
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「Alaska's pov. 」
Oggi, a scuola, giravano voci sul fatto che Eddie fosse stato finalmente dimesso dall'ospedale. Dopo tre giorni in cui lo avevano tenuto sotto osservazione, tra i corridoi non si sentiva parlare d'altro se non di lui e del fatto che fosse tornato a casa.
Sarei andata a trovarlo. Era necessario. E ora, per fortuna, non avevo più nessuno che mi impediva di non andare da lui. Finalmente mio padre era finito in galera per maltrattamenti in famiglia e mia madre sembrava piano piano ritrovare il controllo di se stessa.
Così anche io, come mia madre, stavo provando a capire chi fossi veramente, ed ero giunta alla conclusione che senza di Eddie mi mancava la parte più bella di me.
In questi otto giorni, nei quali Eddie era rimasto in ospedale, non avevo fatto altro che pensare alle parole giuste da dirgli quando lo avrei rivisto. Ed era stato il secondo giorno, quello più critico, nel quale addirittura i medici non erano sicuri sul fatto che Eds ce l'avrebbe fatta che io le trovai.
In quel capii le parole giuste, le parole che gli avrei detto se si fosse risvegliato. Oggi pomeriggio gliele avrei dette, anche se le parole non erano il mio forte, ma il suo.
«Alaska! Ehi!» la voce allegra di Sarah mi fece voltare di scatto. Eravamo riuscite a chiarirci, per fortuna, ed ora tra di noi era tutto tornato alla normalità. «Sarah!»
La mia amica mi abbracciò e mi fece cenno di entrare in classe. Ormai la scuola stava finendo e non potevo permettermi di saltare altre lezioni, soprattutto quando ne avevo già saltate tantissime.
Eddie invece sarebbe potuto restare a casa quando voleva, talmente la sua media era alta e il suo registro delle presenze perfetto. Cazzo, perché pure la scuola mi faceva venire in mente Eddie?
