capitolo ventotto

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CAPITOLO VENTOTTO

❀ CAPITOLO VENTOTTO ❀

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Alaska's pov.

Un casino, cazzo.
Un fottuto casino.
Ecco cosa avevo combinato.

Da quando avevo lasciato la casa di Tozier, non avevo fatto altro che piangere e piangere.
Era come se non riuscissi a fermarmi, come se non riuscissi a bloccare quel getto d'acqua che mi usciva lentamente dagli occhi.

Sapevo che piangere non avrebbe risolto nulla, anzi, mi avrebbe fatto sembrare solo più patetica di quel che ero già, ma in quel momento era l'unico modo che avevo per sfogarmi.

Infatti, Sarah e Richie non erano dalla mia parte e non li potevo assolutamente biasimare.
Quando gli avevo raccontato brevemente e singhiozzando tutta la storia, loro non riuscivano a crederci.

Non potrò mai dimenticare l'espressione delusa con cui mi aveva guardata Sarah dopo che avevo finito di parlare... Ne tantomeno quella di Richie, che si era trattenuto dall'insultarmi.

Senza nemmeno rendermene conto, arrivai davanti a casa mia.
Eppure io non volevo rivedere la faccia di quello stronzo di mio padre.

Ripresi a camminare a testa bassa e non mi fermai fino a che non sentii qualcuno chiamarmi.
«Grimm! Piaciuta la sorpresa?»

Mi voltai di scatto e mi ritrovai davanti quella brutta faccia di merda di Gretta.
Con gli occhi socchiusi la guardai incazzata, senza risponderle.

«Lo so, sono stata davvero fortunata a passare davanti a casa tua quando un signore parecchio grosso è uscito dal retro ed è andato a buttare moltissime stronzate... Quando il mio sguardo è caduto su quel quaderno aperto, fuori dal cestino, non ho resistito, sai? Era come se mi stesse chiamando... Per non parlare di quando ho letto le prime righe! Eddie Kaspbrak!» la stronza scoppiò a ridere in una risata sguaiata, poco femminile.
Strinsi le mani e affondai le unghie nella mia pelle dalla rabbia.

«E così mi sono chiesta, che cazzo ci faceva Alaska Grimm con il diario segreto del suo ragazzo? Dovevo fare la cosa giusta, capisci? Dovevo riportarlo al suo proprietario... Ma Kaspbrak a casa sua non c'era, così sono passata da Tozier, sperando che lui fosse lì e... Bingo!»

Non appena Gretta chiuse quella boccaccia, non resistetti e le tirai una sberla in faccia.
Era quello che volevo fare da quando l'avevo vista poco fa, prima che iniziasse a parlare a vanvera.

«Brutta puttana... Te ne pentirai, cazzo!Rovinerò la tua insulsa vita!» urlò lei come una cornacchia, dando solamente fastidio alle mie orecchie.
«Gretta, svegliati, non ho più niente da perdere cazzo! Fai quel che minchia ti pare, peggio di così non potrà mai andare!»

Detto questo, me ne andai, riprendendo il mio cammino verso una meta a me ignota.
Ormai mi stavo allontanando da Derry, ero già nei pressi della cava, dove a quell'ora non avrebbe dovuto esserci nessuno.

Spostai alcuni rami che intralciavano il cammino sul sentiero e mi inoltrai nel bosco.
Era strano andarci da sola, era come se tutto fosse più sinistro e cupo, soprattutto alle nove di sera, che il sole era praticamente tramontato.

Trovai una pietra liscia, che sembrava fatta apposta per essere usata come sedia.
Eppure, proprio quando stavo per accomodarmi lì sopra, sentii uno strano rumore.

Passi.

Provai a nascondermi dietro al masso ma era troppo tardi.
Una figura abbastanza magra era ormai a pochi metri da me.

A causa della poca luce, non riuscii a capire immediatamente chi fosse quel persona ma, quando mi fu praticamente davanti, lo vidi.

«Stanley?»
Il ragazzo riccio strizzò gli occhi e mi squadrò dall'alto al basso.
«Alaska?»

Scrollai le spalle, avvicinandomi lentamente a lui.
«Già...» mormorai, tanto per dire qualcosa.

Era strano che tra tutte le persone che avrei potuto incontrare oggi, mi ero solo scontrata con le uniche che mi odiavano.
Anche se, ormai, tutti mi odiavano.
Nessuno si sarebbe mai più fidato di me e tutti erano dalla parte di Eddie, giustamente.

«Che ci fai qui? È tardi, lo sai vero?» mi domandò lui con tono disinteressato, appoggiandosi al masso che avevo adocchiato come sedia.
«Si lo so, grazie, so ancora leggere l'orologio...»

Uris alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
«Se sai leggere l'ora, perché sei qua da sola? Lo sai che la cava di notte non è un bel posto per una ragazza...»
«Perché non so dove altro andare, okay?» sbottai stufa, passandomi una mano tra i capelli.

Stanley parve sorpreso dalle mie parole, tanto che decise di non ribattere e di non farmi più domande riguardo a questo argomento.

«E tu? Che ci fai qui?» gli domani a bruciapelo, decisa a deviare il discorso da me a lui.
«Avevo bisogno di uscire...»

Entrambi non avevamo voglia di parlare dei nostri problemi o di spiegare il vero motivo per cui eravamo lì, così ci limitammo a restare in silenzio.

Forse ci bastava sapere di non essere da soli quella notte alla cava, anche a costo di mettere da parte l'odio che avevamo l'uno per l'altro.

Mi ritrovai a pensare che, anche se ero assieme a qualcuno, non ero mai stata più sola di così.

Chissà cosa stava facendo ora Eddie.
Avrei davvero dato tutto per poter sistemare il casino che avevo fatto.
Eppure, se non avessi preso quel diario, io ed Eddie probabilmente non avremmo mai legato e non ci saremmo mai conosciuti veramente.

Quindi?
Dovevo essere contenta di ciò che avevo fatto oppure no?
Ad interrompere i miei pensieri fu la voce di Stanley, che si insinuò nella mia testa lentamente.

«A che stai pensando ora? Sembri triste...»
«Sto pensando al fatto che io sono una cogliona di merda e che probabilmente tutti starebbero molto meglio senza di me...»
«Mh... É la prima cosa intelligente che ti sento dire, cazzo!» Uris scoppiò a ridere, dandomi una leggera gomitata.

Nonostante mi stesse prendendo in giro, sapevo che aveva ragione.

***
sono in crisi
non so su chi fare la prossima storia
ho 6 bozze capitemi🙄
perché ora ho in mente
anche una storia su noah
ahhhhhhhh

✓ | HEART ATTACK ( eddie kaspbrak )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora