capitolo trentadue

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CAPITOLO TRENTADUE

❁ CAPITOLO TRENTADUE ❁

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Alaska's pov.

«Grazie e arrivederci!» salutai cordialmente l'ultima cliente della giornata e tirai un lungo sospiro di sollievo non appena questa uscì dal negozio.
Erano le otto e mezza di sera, finalmente.

Mi buttai di slancio sulla sedia girevole alla cassa ma, proprio nel momento in cui il mio sedere si appoggiò sulla sedia, la porta della farmacia si aprì.

«Guardi, abbiamo appena chiuso il negozio e...» recitai meccanicamente, senza nemmeno guardare negli occhi il cliente che era appena entrato.
«Lo so, sono desolato, davvero... Ma è urgente! Mi servirebbe davvero... Alaska? Che ci fai tu qui?»

Alzai immediatamente lo sguardo e mi ritrovai davanti Matt Devin, il mio compagno di classe del corso di scrittura.
«Matt?»
«Si... Scusa se piombo qua ora ma... Dov'è la proprietaria?»
«Ehm... Ci sono solo io... Sostituisco... Sostituisco mia madre... Solo per oggi! Quindi chiedimi pure tutto...»

Matt inarcò un sopracciglio, non troppo convinto, ma alla fine scrollò le spalle e mi guardò deciso.
«Devo ritirare dei medicinali... Credo siano segnati a nome Devin!»

Annuii e mi diressi nel magazzino a cercare nell'elenco la lettera D.
Trovai il pacco di medicinali già pronto per Matt e glielo portai un minuto dopo.

«Ti diverti qui, a fare la commessa?» mi chiese, mentre tirava fuori dalla tasca dei pantaloni il portafoglio.
«No! Ma intanto è solo per oggi... Per fortuna cazzo!»

Matt mi guardò confuso e posò la banconota sul bancone.
«Sei strana...» commentò poco dopo, scuotendo la testa con un sorriso sulle labbra.
«Oh, mi hanno detto di peggio sai?»

«Chi?»
Alla sua domanda, mentre aprivo il registratore di cassa, mi sentii di nuovo indifesa.
Deglutii rumorosamente e questa volta fui io a scuotere la testa.
«Chi ti ha insultata, Alaska?» Matt si avvicinò con voce gentile e io cercai di mostrarmi forte.

Sfoderai un sorriso falsissimo, che lui prese per vero, e gli diedi il resto in moneta.
«Niente, era una battuta!»

«Mh... Senti, io ora non ho nulla da fare, se vuoi ti posso accompagnare a casa e me ne parli, dato che è ovvio che dietro a quel 'nulla' ci sia molto di più di 'nulla'!»
Sorpresa dalla perspicacia di Matt Devin, annuii senza pensarci e gli dissi di aspettarmi un paio di minuti che sarei andata a prendere le mie cose sul retro.

Presi in fretta il mio zaino e chiusi il magazzino con le chiavi che mi aveva dato mia madre.
Tornai nel negozio e feci cenno a Matt di uscire.

«Allora? Che sta succedendo?»
«Da quando ti importa così tanto di me? Non ci siamo quasi mai parlati...» gli risposi sulla difensiva, senza che mi importasse veramente della sua risposta.
Mi bastava che qualcuno mi ascoltasse.

«Non posso solo essere gentile?»
Alzai gli occhi al cielo e lui sghignazzò.
«Allora?» insistette, inarcando un sopracciglio.

Nonostante all'inizio non mi sentissi completamente a mio agio, dopo un paio di minuti gli avevo già raccontato tutto il casino che avevo combinato con Eddie e i Losers.

Senza che nessuno dei due se ne rendesse conto, iniziò a farsi sempre più tardi.
Ormai era tutto buio e per la strada non c'era nemmeno più un filo di luce.

«Si è fatto tardissimo, Matt, devo andare a casa... Comunque è stato bello poter sfogarmi con te!»
«Figurati Alaska, spero che te ne possa ricordare anche in classe e che magari ti venga in mente di farmi copiare alcuni compiti!» scherzò lui, facendomi l'occhiolino.

Scoppiai a ridere divertita per la prima volta in tutta la giornata, ma non mi resi conto che in quel preciso momento, io e Matt non eravamo più gli unici due in quella strada.

«Vedo che mi hai sostituito facilmente! Come ho fatto a essere così idiota, cazzo!» la voce arrabbiata di Eddie mi fece sobbalzare dallo spavento.

Mi voltai di scatto e vidi Eds assieme a Stanley dall'altra parte del marciapiede.
Il più basso sembrava impazzito.
«Ma come ho fatto... Vedi, te lo avevo detto, Stan! Te l'avevo detto!»

Il riccio lo guardava confuso.
«Eddie spaghetti... Stavano solo ridendo... Non vuol dire niente e...»
«Dio, smettila di difenderla! È tutto oggi che non fai che stare dalla sua parte quando dovresti stare dalla mia! Io sono quello che è stato preso in giro, e io sono quello a cui dovresti dare retta!» urlò Eddie, con tutta la voce che aveva in corpo.

Stavo per ribattere quando Eddie, non appena vide che stavo per aprire bocca, alzò una mano e mi zittì.
«Andate a fanculo tutti e due, non posso crederci di essermi fidato di voi... E vai a fare in culo anche tu Matt!» disse infine il moro, incamminandosi in fretta nella parte opposta della strada che portava a casa sua.

Io invece rimasi li, immobile.
Era come se avessi appena ricevuto un forte schiaffo in viso, eppure questo faceva molto più male di quelli che mi dava mio padre.
Il dolore, in questo caso, non era passeggero e sapevo che sarebbe stato permanente.

Cercai di trattenere le lacrime di fronte a Matt e a Stanley ma non ci riuscii.
«Alaska...» iniziò Devin, ma non lo stetti ad ascoltare.
Iniziai a correre verso casa mia, desiderando di sparire da tutto e dalla vita di tutti.

Non appena entrai in casa, trovai tutte le luci spente e nessun rumore.
Probabilmente in altri casi avrei avuto paura, ma quella sera niente mi poteva sembrare peggio di ciò che avevo perso.

Perché con Eddie avevo perso tutto.
E non riuscivo a trovare un modo per riaverlo.

***
okay credo che la mia prossima storia sarà su jack

✓ | HEART ATTACK ( eddie kaspbrak )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora