Capitolo 17 |Zayn|

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La mattina seguente mi alzai alle 6:00 per poter arrivare in orario al mio nuovo lavoro.

Feci una doccia lampo e mi lavai i denti.

Decisi di mettermi una maglietta bianca e lunga con dei jeans neri, abbinai tutto con le mie All Star.

Mangiai davvero molto poco, ero nervosa per via del fatto che dovessi lavorare in un manicomio.

Presi la mia auto e partii per la All Street.

Arrivai davanti a quel cancello enorme, dietro di esso c'era un edificio grigio e alto.

Mi inquietava a dire poco.

Mi accesi una sigaretta ed entrai nell'edificio con il respiro pesante e il cuore a mille.

Era tutto semibuio, al mio fianco potevo vedere delle porte di ferro serrate, da cui provenivano lamenti strazianti non troppo forti.

-Fatemi uscire! Cazzo liberaremi!

-Toglietemi questa camicia di forza porca puttana!

Sentivo queste frasi provenire dalle celle. Sentivo tonfi, lamenti, urli e pianti.

All'angolo del "corridoi dei lamenti" c'era lo stesso signore che mi aveva offerto il lavoro.

-Buongiorno signorina. Disse compiaciuto.

<<Eh buongiorno un cazzo. >> Mi disse il mio subconscio.

-Buongiorno signore. Dissi gettando il mozzicone della sigaretta per terra.

-La informo che deve andare al terzo piano. Disse indicandomi le scale.

-Ah si? E con chi avrò il piacere di stare stamattina?

Dissi sarcasticamente ma al tempo stesso spaventata.

-Allora, le spiego subito. Al primo piano ci sono i criminali "leggermente" psicopatici.

Al secondo ci sono i malati di collera, e al terzo ci sono quelli con disturbi confermati.

<< Saranno affari tuoi, sappilo>> Mi ripeteva il mio subconscio avendo sentito " disturbi confermati".

-Cosa intende dire con "disturbi confermati" ? Dissi ansiosamente.

-Che avrà "il piacere" di stare con i veri pazzi, i veri psicopatici, i veri malati di questo posto. Loro devono stare al terzo piano per motivi di sicurezza .

Quelle parole mi fermarono il sangue nelle vene.

-Ora prenda questo.
Mi diede in mano una busta con dentro quattro camicie di forza e una camicia intera, lunga e bianca.

-A cosa mi servono queste? Dissi aprendo la busta.

-Le camicie di forza servono nel caso in cui i malati diventino ingestibili.

Invece la camicia bianca serve a te perché di sicuro potrebbero vomitarti.
È come una divisa. Disse fissandomi preoccupato.

<< Potrebbero vomitarti addosso? Vai via finché sei in tempo>> Smettila vocina del cazzo.

-Okay, allora vado. Dissi agitata.

-Buona fortuna. Ammiccò per poi andare via.

Iniziai a salire le scale.

Fu un lungo calvario salirle, per il fatto che sentivo spiacevoli e pesanti insulti.

Urli e lamenti ricoprivano le mie orecchie, non ne potevo più.

Finalmente arrivai.

Orribile, semplicemente orribile.

I muri erano coperti di scritte, sangue e graffi.

C'erano sedie spaccate in due per il corridoio, molte celle erano anche aperte e avevo paura di ritrovarmi qualche psicopatico di fronte.

-Ehi piccola, la mamma non ti ha detto di non venire in questi posti? Sentì la voce di un uomo di mezza età venire verso di me.

-No. Risposi secca e fredda deglutendo.

-Vieni qui, te lo dico io cosa fanno i pazzi alle ragazze come te. Disse provando a cingermi una mano al collo.

-Stammi lontano idiota. Gli dissi mentre presi una camicia di forza.

-Va bene, me ne vado. Disse seccato e impaurito avendo visto quella camicia.

Mi infilai la mia camicia bianca e continuai a camminare per i corridoi.

-Ciao. Una voce delicata e apparentemente "innocente" di una bambina attirò la mia attenzione.

Era la stessa dell'altro giorno, quella dell'ascensore.

-Cosa ci fai tu qui? Dissi avvicinandomi.

-Ho provato ad ammazzare mia madre. Fece una risatina.

-Ah si? Dissi impaurita.

-Già .Disse continuando a ridere.

La presi alla sprovvista e le misi addosso la camicia di forza legandola stretta.

-Ma che ho fatto eh? Disse cercando di liberarsi.

-Volevi palesemente cercare di farmi fuori. Dissi ovvia.

-Avevi intuito bene. Disse beffarda.

Le sferrai uno schiaffo che le fece pulsare la guancia.

La sbattei nella cella e chiusi a chiave. La sentivo sbattere inutilmente alla porta.

Vidi una cella semichiusa e decisi di entrare.

Al suo interno vidi un ragazzo di spalle, molto alto, pieno di tatuaggi e con una pelle ambrata.

Mi schiarii la voce per farlo voltare.

-Ehi tu. Mi disse ridendo un po'.

-Che fai? Dissi alzando um sopracciglio.

-Nulla, sai è da un bel po' che sono qui. Disse avvicinandosi.

-E che m'importa? Dissi indietreggiando.

-Magari potresti farmi uscire.

Disse per poi prendermi per i polsi fermando la mia schiena contro il muro.

Iniziò a starmi addosso, tentando di bloccarmi al muro.

-Ma che cazzo fai?! Dissi cercando di liberarmi.

-Ti prendo le chiavi, le avrai da qualche parte, no?!
Mi leccò il labbro inferiore fino a farmi schiudere le labbra.

Inziammo quasi a lottare fisicamente, e non riuscivo a liberarmi.

Okay, questo era troppo.

Lo spinsi via incontrando i suoi occhi color nocciola.

-Piacere, io sono Zayn. Disse mordendosi il labbro inferiore.

-Vaffanculo. Dissi allontandomi e notando che lesse il mio nome sull'etichetta della camicia.

-Certo che è un piacere, Natalia.
Disse ridacchiando.

-Non farti strane idee, qui comando io. Dissi sistemandomi.

Rise.

-Va bene bimba. Rise ancora.

-Vaffanculo. Dissi nuovamente allontanandomi.

-Natalia il tuo turno è finito. Disse il mio capo gridando dalle scale.

-Ciao Nat, ci vediamo domani. Disse sorridendo spavaldo.

-Non ti ho dato il permesso di chiamarmi così, comunque ciao.

Chiusi la porta alle mie spalle, tolsi la camicia e tornai a casa ripensando a Zayn .
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&quot;See you later&quot; -In Revisione-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora