Questione di affetto

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Caleb non aveva voglia di uscire di casa quella mattina, ma l'allenatore aveva deciso di fare allenamenti ogni giorno in vista della finale.
Non che gli dispiacesse, voleva che la squadra arrivasse in forma a quella partita, ma quel giorno non aveva proprio voglia di fare niente, e la pioggia di certo non aiutava.

Così aveva indossato di malavoglia la divisa ed era salito in macchina.
Ovviamente nell'istante in cui era uscito dal vialetto aveva iniziato a piovere più intensamente, tanto che riusciva a malapena a vedere la strada.
Avrebbe dovuto guidare prudentemente, ma era in ritardo e già immaginava l'espressione contrariata dell'allenatore quando sarebbe arrivato. Non voleva peggiorare la situazione, così spinse il pedale dell'acceleratore.

D'altronde, chi poteva mai esserci fuori con quel tempo?

Non fece nemmeno in tempo a formulare quel pensiero che intravide una sagoma correre in mezzo alla strada dritto davanti a lui.
Colto alla sprovvista schiacciò il pedale del freno più forte che poté, quasi alzandosi in piedi, ma non riusci ad evitare l'impatto.
Una persona rotolò sul cofano della sua macchina e poi finì a terra.
Terrorizzato Caleb restò per un attimo fermo in macchina con le mani che stringevano il volante fino a fargli male e gli occhi sbarrati che fissavano la ragnatela di crepe che si era formata nell'angolo in basso a destra del parabrezza.

Poi si riscosse e si precipitò fuori dalla macchina, talmente veloce che inciampò e finì a terra sull'asfalto bagnato dove un torrente in miniatura aveva preso a scorrere.
Si rialzò sotto la pioggia battente e incespicò fino a raggiungere il corpo disteso scompostamete davanti alla sua macchina.

Fa che sia vivo, fa che sia vivo
Con sua sorpresa trovò anche un cane, un cucciolo, che stava accanto al corpo.
La pioggia fitta gli impediva di vedere bene le due figure, ma quei boccoli color dell'oro erano visibili a chilometri di distanza e impossibili da confondere.
E ora se ne stavano lì sull'asfalto, mentre la pioggia li inzuppava.
Non si muoveva, la ragazza.
Che cosa aveva fatto?

Si inginocchiò affianco a lei e le scoprì il viso dai capelli.
Aveva gli occhi chiusi, e un grosso taglio sulla fronte sanguinava copiosamente.
Era pallida, più del solito.
Per un lungo, terribile attimo credette che fosse morta. Poi però avvicinandosi al suo viso percepì il suo lieve respiro.

Si precipitò in macchina a prendere il cellulare e fece precipitosamente il numero del pronto soccorso.
Spiegò velocemente la situazione e dove si trovava e quando gli assicurarono che sarebbero arrivati al più presto riattaccò.

Tornò di corsa da Samantha, ancora stesa priva di sensi.
Si inginocchiò affianco a lei e le prese una mano.
Era gelida.
Si tolse la felpa e gliela mise sopra a mo di coperta, non sapendo cos'altro fare. Gli avevano esplicitamente detto di non provare a spostarla, non poteva neanche portarla al riparo da quella pioggia battente.
Frustrato cercò di mettersi in modo da coprirle almeno la faccia.

Guardò il suo viso, seguì i suoi lineamenti così delicati con quella spruzzatina di lentiggini sulle guance e sul naso. Il taglio sulla fronte sanguinava ancora.
Quando diavolo arrivano?!
E se non si fosse più svegliata? Se non si fosse più ripresa? Se fosse...
Le mani di Caleb iniziarono a tremare, lacrime gli riempirono gli occhi e iniziarono a scorrere sulle sue guance mischiandosi alla pioggia.

Era possibile che riuscisse sempre a rovinare tutto? Lei era la persona a cui teneva di più al mondo, la sua sorellina, e lui le aveva fatto questo?
Si meritava cento volte di più di essere lui al suo posto.

Finalmente sentì le sirene e qualche attimo dopo riuscì a vedere le luci lampeggianti dell'ambulanza.
Sollevato si alzò in piedi e si fece vedere agitando le braccia.
L'ambulanza si fermò e scesero dei medici che si precipitarono subito su Samantha.
Caleb era immobilizzato e seguiva quello che stava succedendo come se fosse un film.
Sollevarono la ragazza e la misero su una barella, poi le misero una mascherina e una flebo e la caricarono sull'ambulanza.

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