La causa di tutto

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I tre ragazzi restarono in ospedale, rifiutando di allontanarsi dal loro posto all'esterno della sala dove era ricoverata Samantha.
Non avevano ancora permesso di entrare a vederla.

Verso mezzogiorno Brandon si alzò per andare a prendere qualcosa da mangiare al bar dell'ospedale, mentre Jason non aveva intenzione di muoversi.
Anche Caleb non si mosse dalla sua sedia. Certo, avevano detto che Sam stava bene, ma era comunque su un letto d'ospedale e lui si sentiva terribilmente in colpa.

Dopo una decina di minuti trascorsi in un silenzio pieno di tensione, Brandon fece finalmente il suo ritorno.
Caleb quasi tirò un sospiro di sollievo, non avrebbe retto quell'atmosfera un istante di più.
Vide distrattamente Brandon passare qualcosa da mangiare a Jason.

«Cohen» disse poi il ragazzo più grande attirando l'attenzione di Caleb.
Alzò lo sguardo su di lui e si stupì quando gli lanciò un panino. Lo prese al volo e rimase un attimo fermo a guardarlo, leggermente confuso. Poi portò di nuovo lo sguardo su Brandon e gli fece un cenno di ringraziamento con la testa.
Scartò il panino e iniziò a mangiarlo, ancora domandandosi il motivo di quell'inaspettata gentilezza.
Solo dopo il primo morso si rese conto di quanta fame avesse, così divorò il resto.
Quando finì accartocciò la carta e fece canestro in un cestino lì vicino.

Trascorsero un altro paio d'ore, e finalmente un'infermiera li avvisò che se volevano potevano entrare nella camera di Sam.
Jason si precipitò dentro seguito a ruota da Brandon.
Anche Caleb si alzò per entrare, ma quando raggiunse la soglia si fermò, domandandosi se non avesse fatto meglio ad andarsene. Dopotutto, quando Sam si sarebbe svegliata, lo avrebbe comunque cacciato.
Poi però decise che non gliene fregava niente, che quella distesa dul letto era ancora la sua sorellina e che aveva tutto il diritto di vedere come stava. Così si fece coraggio ed entrò.

Si avvicinò cautamente al letto.
Jason aveva preso una sedia, si era posizionato alla destra della sorella e le aveva preso delicatamente la mano, probabilmente non si sarebbe più alzato da lì fino a quando non si fosse svegliata.
Brandon era accanto a lui.
Così Caleb si avvicinò al letto dalla parte sinistra e si fermò a guardare la ragazza.

Vista così, con i boccoli biondi che coprivano disordinatamente il cuscino, gli occhi chiusi e il respiro profondo e regolare, sembrava che si fosse semplicemente addormentata.
Il viso, però, era più pallido del solito, un livido violaceo risaltava sulla guancia destra e delle strisce bianche coprivano i punti sul taglio che aveva sulla fronte. Una flebo era collegata al suo esile braccio.
Cos'altro avevano detto i medici? Frattura al ginocchio.
Caleb si sentiva davvero uno schifo. Era stato lui a ridurla in quelle condizioni, lui aveva fatto del male alla piccola e dolce Sam.

La vista gli si appannò leggermente.
Si avvicinò al letto e accarezzò con delicatezza la guancia della ragazza. Era pienamente consapevole degli sguardi omicidi che Jason gli stava lanciando, così resistette all'inpulso di darle un bacio sulla fronte e fece un passo indietro.

In quel momento si ricordò che aveva un cane in macchina.
Si passò una mano tra i capelli contrariato all'idea di dover lasciare Samantha, ma doveva andare dal cucciolo se non voleva ritrovarsi con una denuncia per maltrattamento di animali.

Uscì controvoglia dalla stanza della ragazza e si diresse verso il parcheggio. Guardò dal finestrino della sua macchina e vide che il cucciolo stava dormendo.
Meno male.
Quando aprì la portiera però il cane alzò la testa e gli rivolse uno sguardo assonnato e confuso.
Caleb entrò in macchina e partì diretto a casa sua. La sua intenzione era quella di lasciare lì il cane, dargli qualcosa da mangiare e poi tornare in ospedale da Samantha.
Poi avrebbe pensato a cosa farci. Mgari quando Samantha si sarebbe svegliata avrebbe potuto dirgli di chi era e perché era lì. E magari anche perché si era buttata in quel modo in mezzo alla strada.

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