25. (In)sane

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Logan's point of view

Un tonfo sordo che proveniva dal piano di sotto mi svegliò di soprassalto, facendomi sobbalzare sul letto. Mi sfilai le lenzuola di dosso e mi fiondai al piano di sotto, consapevole che quello che avrei trovato sicuramente non mi sarebbe piaciuto.

«Papà? Tutto bene?» domandai mentre varcavo la soglia della cucina, anche se già immaginavo le condizioni in cui l'avrei trovato.

Mio padre mi dava le spalle e stava imprecando. La bottiglia di vodka che si stava scolando era caduta sul pavimento, cospargendone la superficie di frammenti di vetro e quel poco di vodka che ancora non aveva avuto il tempo di bere.

«Oh, cazzo... Ti sei tagliato?» domandai, avvicinandomi a lui e appoggiandogli una mano sulla spalla per farlo voltare verso di me.

Lui fissò il suo sguardo vuoto su di me e mi guardò con disprezzo. Faceva maledettamente fatica a stare in piedi, perciò si attaccò ad una sedia, acquisendo una maggiore stabilità.

«Tutto questo, tutto questo è soltanto colpa tua» bofonchiò con la voce impastata dall'alcol.

Non diedi alcun peso alle parole che mi aveva rivolto. Ormai ero abituato a sentirlo blaterare a caso, dato che non avevo ricordi di vederlo sobrio per più di un giorno.

Gli presi le mani e le rigirai più volte, per assicurarmi che non si fosse tagliato. Non so perché continuassi a preoccuparmi per lui, quando lui mi aveva dimostrato tranquillamente in più occasioni che io nella sua vita ormai non contavo più un cazzo.  

Irritato dal mio gesto, sciolse quel contatto e mi diede una spinta, allontanandomi da lui.

«È soltanto colpa tua se siamo finiti in questa merda! Tua madre non se ne sarebbe andata se tu non ti fossi comportato da teppistello per attirare l'attenzione. Tu, tu mi hai rovinato la vita.»   

Questa volta ne avevo abbastanza. Avevo mandato giù fin troppo da parte sua, ero fottutamente stufo di subire tutta la sua cattiveria senza motivo.

Mi avvicinai di nuovo verso di lui e gli restituii la spinta che mi aveva dato, ma con più forza di quella che avevo ricevuto.

«Quando la smetterai di sparare queste cazzate? La mamma è andata via per colpa tua, perché sei un fallito che non sa fare altro che ubriacarsi dalla mattina alla sera! Assumiti le tue responsabilità per una volta e smettila di scaricare la colpa su di me. Mi hai rotto il cazzo» gli sbraitai contro, incapace di sapermi controllare. Avevo perso il controllo di me stesso. Sarei stato capace di mettergli le mani addosso in quel momento, per restituirgli, almeno in parte, tutte le volte che lui le aveva alzate su di me senza esitazione.

Mio padre sgranò gli occhi dalla sorpresa, perché non si aspettava che finalmente avrei reagito. Era la prima volta che gli rispondevo a tono, che mi ribellavo, che mi rifiutavo di farmi trattare come una merda, che gli rinfacciavo che la nostra famiglia si era sfasciata esclusivamente per colpa sua e del suo alcolismo diventato ingestibile.

Lui si avvicinò a me con estrema fatica. I suoi movimenti erano fortemente compromessi dalla modesta quantità di vodka che aveva assimilato.

«Come osi rivolgerti così a tuo padre, stronzetto?!» biascicò.

Io gli diedi una seconda spinta, più forte della precedente, allontanandolo da me e facendogli perdere l'equilibrio. Mio padre finì per terra, accanto ai cocci della bottiglia che gli era scivolata di mano.

«Tu non eserciti più alcun controllo su di me o sulla mia vita. Tu non sei nessuno, sei solo una nullità, un fallito, che per sentirsi grande schiaccia costantemente suo figlio. Sei patetico!»

Lui alzò lo sguardo da terra e lo fissò su di me. Nonostante io sia particolarmente attento a ciò che esprimono gli occhi delle persone, quelli di mio padre non mi trasmettevano assolutamente nulla. Più lo guardavo ridotto in quello stato pietoso, più mi veniva voglia di rompergli la faccia. Dopotutto, lui in passato non si era mai contenuto quando nei panni di quello che le prendeva c'ero io.

«Che hai intenzione di fare? Riempirmi di botte?» farfugliò lui, mangiandosi la metà delle parole che aveva pronunciato.

«No, non ho intenzione di picchiarti. Non ho intenzione di abbassarmi al tuo livello, io sono una persona migliore di te» commentai con freddezza, per poi voltargli le spalle.

Agguantai la mia giacca di jeans e le chiavi della macchina per poi dirigermi verso la porta di casa.

«Dove credi di andare, moccioso?» urlò mio padre dalla cucina, non facendo altro che accrescere la mia rabbia.

Ma io non gli risposi. Mi sbattei la porta di casa alle spalle e raggiunsi la mia auto con passo veloce. Il mio telefono vibrò nella tasca dei jeans, così lo presi in mano e lo sbloccai per vedere chi mi stava cercando.

Mi trovai un messaggio da parte di Spencer che mi avvisava di aver organizzato una festa improvvisata a casa sua, dato che i suoi erano fuori.

Senza pensarci due volte, salii in auto e misi in moto con casa di Spencer come destinazione del mio viaggio. Una festa era esattamente quello di cui avevo bisogno per scordarmi momentaneamente di quello che mi era appena successo.

Sentivo la rabbia che ribolliva dentro di me e avevo paura che sarebbe esplosa prima o poi. Feci un gesto con la mano per scacciare quel pensiero. Ero incazzato e pieno di rabbia, questo era vero. Però tutto il caos che mi abitava in testa avrebbe potuto aspettare il giorno seguente per tormentarmi. Avevo una gran voglia di andare a quella festa e dimenticarmi di tutto quello schifo che mi circondava senza sosta.


***

Ho deciso di dare un volto anche al padre di Logan, dato che probabilmente comparirà ancora nei prossimi capitoli. Ho aggiornato il cast dei personaggi targato pt. 2!

Spero che la storia vi stia piacendo quanto sta piacendo a me scriverla.

Commenti e pareri sono sempre ben accetti!

Detto questo, al prossimo capitolo!

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