28. Fall into pieces

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Logan's point of view

Parcheggiai l'auto nel giardino di Spencer e mi diressi a casa sua con passo svelto. Avevo un bisogno fottuto di dimenticare quello che era successo con mio padre, almeno per un po'.

La notizia che Spencer avrebbe organizzato una festa si sparse con velocità, infatti, quando varcai la soglia di casa sua, il soggiorno era invaso da svariati compagni di scuola già mezzi ubriachi che ondeggiavano seguendo il ritmo della musica.

Individuai uno dei tavoli imbastito di alcolici e lo raggiunsi senza esitazione. Mentre mescolavo bevande alcoliche senza neppure preoccuparmi di creare un miscuglio che avesse perlomeno un gusto gradevole, mi osservai distrattamente attorno.

Una parte di me sperava di intravedere Maya in mezzo a quella ressa di persone. Lei mi avrebbe senza dubbio aiutato, avrebbe riportato a galla la mia parte razionale, mi avrebbe fatto capire che l'alcol non era il modo migliore per affrontare la situazione di merda in cui ero incappato. Lei, semplicemente, mi avrebbe impedito di precipitare, sarebbe stata capace di salvarmi da mio padre e da quella parte di me stesso così oscura e irrazionale che, inevitabilmente, mi avrebbe distrutto.

L'altra parte di me, invece, non voleva più saperne niente di lei. Avvicinarmi a lei come avevo fatto, aveva fatto emergere il mio lato umano, il mio lato vulnerabile, quello che avevo represso con insistenza da quando mia madre mi aveva abbandonato. Odiavo sentirmi così vulnerabile quando c'era di mezzo lei.

La maggior parte delle persone a cui mi ero avvicinato con la stessa intensità con cui mi ero legato a Maya, avevano finito per abbandonarmi, scordandosi di me e della mia esistenza. Ecco perché avevo iniziato a comportarmi come se niente di tutto ciò che accadeva attorno a me non potesse neppure sfiorarmi. Ero stato deluso troppe volte e quell'innumerevole quantità di delusioni che collezionavo, mi avevano insegnato che non lasciarsi coinvolgere emotivamente nei rapporti è la scelta milgliore per salvaguardare se stessi.

Eppure, nonostante scorgessi di continuo robusti strati di delusione nello sguardo delle persone che usavo senza ritegno, non mi sentivo in colpa per le mie azioni. Ero diventato una copia perfetta di tutte quelle persone, compresa mia madre, che in passato avevano fatto soffrire me intenzionalmente. E la cosa peggiore è che non mi pesava affatto questa consapevolezza, perché, finalmente, ero riuscito a distanziarmi dal dolore, che tanto temevo. Non provavo più delusione o dolore. Semplicemente, non provavo più niente.

Questo fino a quando Maya non entrò nella mia vita. Lei aveva sconvolto ogni mia minima certezza, aveva sconvolto tutto quello che davo per scontato di conoscere.

Era come se prima di incontrare lei fossi miope e, inconsapevole di ciò, osservavo il mondo circostante in una maniera distorta, distante dalla realtà effettiva. Eppure, quello che vedevo, nonostante fosse distorto, era realtà per me. Maya è stato il paio di occhiali che, una volta indossati, mi hanno scolvolto completamente. Con lei ho iniziato a guardare davvero ciò che mi circondava, senza fermarmi alla superficie come facevo prima. Con lei, come gli occhiali fanno per le persone miopi, avevo iniziato a stupirmi anche per le piccole cose, che prima neppure consideravo perché non riuscivo a vederle con chiarezza.

«Amico, va tutto bene?» mi domandò la familiare voce di Spencer, da cui trapelava della preoccupazione.

«Sì, Spence. Ho soltanto voglia di festeggiare un po', come ai vecchi tempi» mentii d'istinto. Non mi andava di farlo preoccupare. In fin dei conti, un litigio con mio padre non era una cosa insolita nella mia vita.

Spencer mi scrutò con estrema intensità. Non sembrava credere affatto alle mie parole, lo vedevo dal bizzarro modo in cui socchiudeva gli occhi.

«Logan, ti conosco meglio delle mie tasche ormai... Lo capisco subito quando c'è qualcosa che non va» mi rispose lui, appoggiando una mano sulla mia spalla per incoraggiarmi a vuotare il sacco.

Io buttai giù d'un fiato il miscuglio di bevande alcoliche che avevo preparato, facendo una smorfia di disgusto. Aveva un sapore davvero orribile!

«Amico, non preoccuparti. Va tutto bene» apostrofai, nella speranza di convincerlo.

Non mi piaceva mentirgli. Lui ed io ci eravamo sempre detti tutto, però non mi andava di farlo preoccupare. Quella sera non volevo più pensare a quanto facesse schifo la mia vita.

«Non ti credo nemmeno un po', però lascerò correre solo per stasera. Ah, Logan! Vedi di non combinare qualche cazzata» disse lui, accennando al bicchiere vuoto che reggevo in mano.

«Non preoccuparti, ho tutto sotto controllo Spence» commentai con tono rassicurante mentre mi versavo altri alcolici nel bicchiere.

Non avevo intenzione di combinare ulteriori casini. Dovevo soltanto fingere che andasse tutto alla perfezione, scordandomi che, in realtà, il mio mondo stava cadendo a pezzi ed io non potevo fare assolutamente nulla per impedirlo.

L'alcol mi avrebbe sicuramente aiutato a dimenticare. Perciò, buttai giù il secondo bicchiere colmo di vodka e altre bevande sconosciute. Questa volta, però, non feci nessuna smorfia di disgusto. Il contenuto del bicchiere di certo non era gradevole, però era sicuramente migliore del precedente.

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