40. Il piano - pt.2

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Mi stropicciai gli occhi sbadigliando sonoramente. Mi divincolai pigramente nel letto, sgranchendomi le gambe, ancora assopite dal profondo sonno in cui ero sprofondata senza neppure rendermene conto.
Sgranai gli occhi gradualmente, per abituarli a quell'insolito bagliore che mi circondava.

Un momento... Ma la mia camera non ha le pareti color turchese...

Sobbalzai sul letto, facendolo cigolare brutalmente. Ma dove diavolo mi trovavo? E come ci ero finita in questo posto sconosciuto? Insomma, avevo letto qualcosa in passato sul sonnambulismo, ma ero certa di non soffrirne e di non averne mai sofferto neppure in passato. Doveva esserci una spiegazione razionale a tutto ciò.

La porta della camera si aprì all'improvviso, rivelando la snella figura di Belle che mi sorrideva con fare beffardo.

«Buongiorno vandala, non mi ricordavo che dormissi così tanto» commentò con entusiasmo sedendosi scompostamente ai piedi del letto.

Mi stropicciai di nuovo gli occhi, come se volessi assicurarmi che tutto quello che stavo vivendo fosse fottutamente reale.

«Che cazzo dovrebbe significare? Dove siamo e come cavolo ci sono finita qui? Ti conviene spiegarmi cosa stai architettando B, la mia pazienza ha un limite e tu sei dannatamente vicina a superarlo!»

Belle allungò una mano verso il mio viso e mi fermò una ciocca ribelle di capelli dietro all'orecchio. «Se devo essere onesta, non mi ricordavo neppure che fossi così acida appena sveglia. Fatti una doccia e raggiungici in cucina. Chelsey ha preparato dei biscotti niente male, ma non dirle che te l'ho detto. Quella tizia ha qualche rotella fuori posto secondo me» cinguettò lei mentre si ammirava le unghie perfettamente curate e dipinte di un rosso acceso.

«Chelsey? Ma che cazzo significa? Dove caspita siamo e perché c'è anche Chelsey?» urlai, impaziente di sapere che cosa avesse architettato la mia migliore amica a mia totale insaputa.

«May, non serve alterarsi in questo modo. Abbiamo deciso di fare una gita fuori città e la sorella di Spence ci ha gentilmente offerto la sua casa come location. Ho letto molto sull'argomento in realtà. Pare che attività come il campeggio aiutino molto le persone ad affrontare i loro problemi, soprattutto quando sono convinte di non averne» mi disse lei con estrema serietà, mettendo a dura prova la mia soglia di sopportazione.

«Oh, tranquilla cara. Non faremo campeggio nel senso stretto, so che odi quanto me le tende, i bagni comuni, la mancanza di elettricità... Sarà una specie di campeggio ma di lusso, vedila in questo modo» aggiunse con saccenza, facendomi perdere del tutto le staffe.

Mi alzai dal letto e la fulminai con lo sguardo. «Belle, se davvero avessi voluto il tuo aiuto te lo avrei chiesto. Ci sono già abbastanza persone che cercano di intrufolarsi nella mia vita nonostante io non le voglia, vuoi appartenere anche tu a questa categoria? Beh, ci stai andando davvero molto vicino!»

«Oh, bene... Allora non sono l'unico che non sopporta la sua compagnia per più di cinque minuti. Va tutto bene, Maya?» mi domandò esitante la voce di Logan, cogliendomi alla sprovvista.

In quel momento realizzai che indossavo una canottiera praticamente trasparente, che lasciava intravedere persino l'imbarazzante fantasia del mio reggiseno, e un paio di pantaloncini decisamente troppo corti, considerando che avevo di fronte Logan.

Agguantai il lenzuolo del letto e mi coprii imbarazzata il corpo, anche se, a conti fatti, non c'era assolutamente nulla di nuovo per lui, a parte quella maledetta fantasia con palme e noci di cocco che popolava la mia biancheria intima.

«Ovviamente tu non potevi mancare a questa stupida gita. Beh, spero che vi divertiate, io non ho intenzione di rimanere qui un secondo di più. Ciao e a mai più» sbottai infuriata.

Mi diressi verso Logan, che era appoggiato allo stipite della porta della stanza, per uscire da lì e allontanarmi il più possibile da loro. Gli diedi una leggera gomitata per cercare di farmi strada, ma lui mi trattenne con fermezza per il polso, bloccando i miei movimenti. Si sporse verso di me e incastrò il suo sguardo cristallino nel mio, dando il via ad un pericoloso contatto visivo tra di noi. Un contatto che non mi lasciò per nulla indifferente, tra l'altro. Dovevo sforzarmi di apparire impassibile di fronte al suo sguardo, ma era maledettamente difficile. Ormai aveva imparato a leggermi dentro e, nonostante provassi a nascondere l'effetto che lui esercitasse su di me, ero del tutto convinta di non riuscire ad ingannarlo.

«Perché non smetti di scappare? Non sei stufa di nasconderti da te stessa? Dovresti fermarti e affrontare la situazione e le tue emozioni. Questo è esattamente quello che farebbe una persona matura, ma, se ritieni di non esserlo, sei assolutamente libera di andartene. Non ho intenzione di trattenerti qui contro la tua volontà, penso solamente che dovresti riflettere e ascoltare quello che noi abbiamo da dire. Se non ti interessa ascoltarci, beh allora quella è la porta» mi sussurrò lui con serietà, lasciandomi di stucco.

Prolungò la nostra comunicazione visiva per qualche altro secondo e poi abbandonò la stanza silenziosamente.

Io lasciai cadere il lenzuolo a terra e fissai il mio sguardo sconvolto su Belle, che non si era mossa di un millimetro, come se mi aspettassi che lei mi spiegasse quanto era appena successo.

«Caspita, il ragazzo ci sa fare. Uno a zero per lui» commentò sbalordita. «Dovresti pensarci su però, ha ragione. Penso che dovresti darci questa occasione e dovresti darla anche a te stessa, sai perfettamente anche tu che è la cosa migliore. Però valuta tu, sei comunque libera di andartene se non ritieni importante ascoltarci» aggiunse con estrema serietà.

Belle si alzò dal letto disfatto e mi raggiunse. Allungò una mano verso di me e mi accarezzò una guancia con dolcezza. «Da qualche parte, lì dentro, so che c'è ancora la mia migliore amica. So che hai paura di essere di nuovo inghiottita dall'oscurità May, ma non devi arrenderti. Ritorna, ti prego. Non so come farò ad andare avanti senza di te al mio fianco.»

Aprii a bocca per risponderle ma la richiusi poco dopo perché mi morirono sul nascere le parole con cui avrei voluto risponderle. Come si risponde ad un'affermazione del genere? Non avrei potuto rassicurarla, perché ero consapevole che avesse ragione.

Le ultime parole che mi aveva rivolto erano state come una secchiata di acqua gelida, un qualcosa che mi aveva colpito all'improvviso e a cui non sapevo come reagire.

Belle mi rivolse un debole sorriso e lasciò la stanza, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.

Raccolsi da terra il lenzuolo e lo gettai sul letto, consapevole di essermi comportata come una ragazzina.

Forza Maya, rialzati e riassumi il controllo. Ce la puoi fare.

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